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La COP di quest’anno era piena di rappresentanti dell’industria petrolifera

E nell’accordo raggiunto si percepisce l’influenza dei lobbisti

La COP di quest’anno era piena di rappresentanti dell’industria petrolifera E nell’accordo raggiunto si percepisce l’influenza dei lobbisti

La Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP28) è stata la più partecipata di sempre – all’evento si sono registrate oltre 97mila persone. Tra questi, però, ci sarebbero stati anche più di 2400 lobbisti dell’industria dei combustibili fossili, secondo il conteggio di una rete di centinaia di organizzazioni ambientaliste. Quest’anno le personalità legate al settore Oil&Gas sarebbero state dunque più numerose di quasi tutte le singole delegazioni dei 197 paesi che prendono parte all’evento. Alla COP26 di Glasgow del 2021 i rappresentanti dell’industria dei combustibili fossili erano circa 500; alla COP dell’anno scorso, tenutasi in Egitto, si era parlato invece di circa 600 persone. «Si diceva che durante questa conferenza si sarebbero fatti progressi sugli impegni a eliminare l’uso dei combustibili fossili e l’industria di settore è qui per influenzare l’esito delle trattative il più possibile», aveva detto alla BBC un portavoce di una delle organizzazioni ambientaliste presenti all’evento. L’uso dei combustibili fossili come fonti di energia è la principale causa delle emissioni di gas serra, a cui per l’appunto si deve il cambiamento climatico. È vero che molte aziende del settore Oil&Gas stanno investendo anche in fonti di energia rinnovabili, ma le organizzazioni ambientaliste si erano opposte alla loro presenza alla COP28 perché ritengono che il reale interesse di questa industria sia continuare a vendere combustibili fossili, nonostante le conseguenze sul Pianeta. Per questo la loro partecipazione alle conferenze sul clima genererebbe un conflitto di interessi.

 

Il tema dei combustibili fossili alla COP28

@c4news A young protester storms the stage at COP28 demanding an end to fossil fuels. Campaigners have called on delegates at the UN conference to agree to the phasing out of oil and gas. #COP28 #climatechange #fossilfuels #globalwarming #climateprotest #protest #UAE #Dubai #C4news #News original sound - Channel 4 News

Lo stesso Paese selezionato per ospitare quest’anno la COP, gli Emirati Arabi, è molto legato ai combustibili fossili: è infatti il settimo al mondo per produzione di petrolio e per emissioni di gas serra pro capite. Inoltre, il presidente dell’evento, Sultan Ahmed Al Jaber, è stato l’amministratore delegato dell’azienda petrolifera statale emiratina, una delle più grandi a livello globale: di recente ha sostenuto di non credere che l’abbandono dei combustibili fossili permetterà di mantenere l’aumento delle temperature globali entro 1.5 gradi – come previsto dall’accordo di Parigi. Uno scienziato del clima, ascoltato dal Guardian, ha definito le parole di Al Jaber «incredibilmente preoccupanti», al limite del negazionismo climatico e in netto contrasto con la posizione ufficiale delle Nazioni Unite. Non a caso la prima bozza dell’accordo della COP28, sugli impegni condivisi a livello internazionale per contrastare il riscaldamento globale, era stata parecchio criticata perché considerata troppo poco incisiva. Era stato infatti evitato ogni riferimento all’eliminazione graduale dell’uso dei combustibili fossili, così come dei finanziamenti alle aziende che li producono. Uno dei commenti più duri in merito è stato espresso dal ministro dell’Ambiente delle isole Samoa, che ha detto: «Non firmeremo la nostra condanna a morte». A tal proposito Al Gore, ex vicepresidente statunitense e attivista per il cambiamento climatico, aveva dichiarato che la prima stesura sembrava «essere stata dettata parola per parola dall’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio».

 

«Phase out» o «phase down»?

@democracynow.org The president of this year's COP28 U.N. climate talks, who also heads the Abu Dhabi National Oil Company, refused to say whether he supports phasing out fossil fuels as most climate scientists agree is necessary in order to save the planet. Democracy Now! host Amy Goodman attempted to ask him about his position and why there were a record number of lobbyists at this year's talks. #COP28 #UAE #Dubai #SultanAlJaber original sound - Democracy Now!

Le conferenze sul clima delle Nazioni Unite si concludono quando i Paesi si mettono d’accordo su un documento finale, capace di fare passi avanti sugli impegni volti a contrastare il riscaldamento globale. I testi, dato che devono essere approvati da Paesi con interessi ed esigenze molto diverse, passano per negoziati molto intensi, e spesso la partita si gioca sul significato di singoli termini. Quest’anno si era discusso molto sulle parole che si sarebbero dovute usate nel documento conclusivo della COP28. In particolare, il dibattito si era concentrato sulla possibilità di dire «phase out», che significa «eliminare gradualmente», o di «phase down», cioè «ridurre in modo graduale». I paesi più restii a diminuire l’uso dei combustibili fossili, tra cui i grandi produttori di petrolio come gli Emirati Arabi, spingevano per usare il secondo verbo, «phase down». Anche se non sembra, si tratta di una differenza sostanziale, a cui corrispondere un impegno molto minore, soprattutto perché gli accordi delle COP lasciano agli Stati ampia autonomia su come applicare i testi sottoscritti. Nel documento conclusivo della conferenza di quest’anno, dopo lunghe discussioni, è stato incluso un riferimento alla necessità di «allontanarsi gradualmente» («phase out») dall’uso dei combustibili fossili. Anche se è la prima volta che nel trattato di una COP si menzionano in modo così esplicito i combustibili fossili, la formulazione del testo approvato è stata definita blanda ed eccessivamente vaga, rispetto a quella richiesta dagli attivisti per l’ambiente, che tra le altre cose spingevano per usare il termine «phase out». Inoltre il documento non contiene vincoli formali per i Paesi, ma piuttosto un appello generico – rintracciabile nell’espressione «calls on» – ad allontanarsi progressivamente dall’uso dei combustibili fossili. Non è la prima volta che la scelta di determinate parole, piuttosto che altre, segna l’insuccesso di una conferenza sul clima. L’alternativa tra «phase down» e «phase out» era già stata discussa due anni fa, alla COP26 di Glasgow: nella versione finale dell’accordo, revisionato dopo le prese di posizione di Cina e India, si arrivò a sottoscrivere la «riduzione graduale» («phase down») dei combustibili fossili. Per questa modifica, al termine dell’evento, l’allora presidente Alok Sharma si scusò – commuovendosi – con tutti i delegati. Anche la COP28 ha deluso buona parte delle aspettative, ma il presidente Al Jaber sembrava comunque molto contento e soddisfatto.