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Perché non siamo pronti al nuovo Apple Vision Pro

Il nuovo prodotto di Apple sembra rivolgersi a un futuro ancora troppo lontano

Perché non siamo pronti al nuovo Apple Vision Pro Il nuovo prodotto di Apple sembra rivolgersi a un futuro ancora troppo lontano

Dopo sette anni di lavoro e più di cinquemila brevetti Tim Cook, CEO di Apple, è convinto di aver trovato il modo di rivoluzionare l'informatica. Ieri, la multinazionale statunitense fondata da Steve Jobs ha presentato quello che potrebbe diventare il suo prodotto più importante da un decennio a questa parte. Apple Vision Pro è un headset a realtà aumentata che dovrebbe, in teoria, sostituire lo smartphone e aprire le porte al Metaverso. Apple stessa lo descrive come «un rivoluzionario computer spaziale che fonde senza soluzione di continuità i contenuti digitali con il mondo fisico, consentendo agli utenti di rimanere presenti e connessi con gli altri» e creando una tela infinita per le applicazioni che supera i confini di un display tradizionale grazie ad un'interfaccia tridimensionale controllata da input naturali e intuitivi (occhi, mani e voce dell'utente). Dotato di visionOS, il primo sistema operativo spaziale al mondo, e due display ad altissima risoluzione, l'headset permette di trasformare qualsiasi spazio in una sala cinematografica personale con uno schermo che sembra largo 30 metri e un sistema audio avanzato: si possono guardare film, programmi televisivi, prendere parte a oltre 100 giochi Apple Arcade e tanto altro. Purtroppo, il cartellino del prezzo è alto quanto le aspettative (3500 dollari tasse escluse negli Usa in vendita dall'anno prossimo, in Italia forse nel 2025), ma la nuova costosa scommessa di Apple saprà adattarsi alle nostre esigenze quotidiane? 

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I fautori di una tecnologia a realtà mista ritengono che gli headset o una qualche forma di computer facciale facile da indossare saranno la chiave per rendere la realtà aumentata mainstream, tuttavia, gli ostacoli sono tanti, a partire dalle dimensioni e dall'estetica. Difficile immaginarsi in treno o per strada con un massiccio paio di occhiali da sci futuristici realizzati in alluminio e microfibra. E sebbene il prezzo sia comprensivo delle decine e decine di sensori e visori, della risoluzione elevatissima, della batteria esterna (che per di più dura solo due ore) e della tonnellata di app, funzioni e modalità d'uso che accompagnano ciascun modello, resta difficile credere di poter sostituire il proprio smartphone con un prodotto che costa tre volte tanto. Fin ora, in effetti, gli investitori non sembrano impressionati e gli analisti prevedono solo vendite modeste, nell'attesa di un secondo prototipo più pratico ed accessibile.

Spinti dalla febbre del Metaverso che ha guidato il mercato dal lockdown fino allo scorso anno, centinaia di aziende hanno lavorato per anni per produrre un successo commerciale in questa categoria, con giganti tecnologici come Microsoft (HoloLens) e Google (Glass) e start-up come Magic Leap che hanno tentato e fallito. Oculus di Meta potrebbe essere il miglior tentativo finora, ma è ancora lontano dal diventare ciò che l'iPhone è stato per gli smartphone. Sicuramente un modello di headset di facile utilizzo e dal prezzo accessibile (nulla a che vedere con l'esperienza goffa e di nicchia che VR e AR forniscono oggi) potrebbe rivoluzionare il nostro modo di vivere. A partire dalla moda, settore in attesa di migliorare l'esperienza e-commerce, trasformando il modo in cui i consumatori fanno shopping, e di accedere a nuovi mercati per i prodotti digitali, come l'abbigliamento AR.