Questa stagione i quadretti non sono solo sulle camicie Dal grunge al quiet luxury, i motivi a quadri sono stati una costante di questo fashion month

Il check è un motivo che si porta addosso secoli di storia. Sebbene la sua origine sia ancora oggetto di dibattito, alcune ricostruzioni la fanno risalire alla preistoria quando già si sperimentava l’intreccio di fili su telai rudimentali per creare delle semplici griglie a volte trovate nei corredi funerari. Questa trama sembra nascere da una genesi condivisa e quasi simultanea. I motivi a quadretti compaiono già nell’antico Egitto e in India. Non a caso, anche il termine “check” ha radici orientali: deriverebbe dall’espressione araba shāh māt, usata nel gioco degli scacchi per indicare lo “scacco matto”. In Europa, invece, la stessa intuizione prende forma nelle comunità celtiche e poi si consacra nel tartan, il tessuto a quadri scozzese diventato simbolo dei kilt tradizionali. Insomma è un motivo stratificato nella forma e nel significato, che ci accompagna da secoli e grazie alla sua versatilità è stato adottato dalla moda, dalle subculture ai brand di lusso, restando protagonista sulle passerelle della stagione SS26. 

Alcuni designer hanno esplorato le origini americane della camicia check e il suo ruolo centrale nel workwear. Veronica Leoni, alla guida di Calvin Klein Collection propone un’ immagine più minimal e raffinata della classica flanella da boscaiolo, mentre Willy Chavarria lo ha incorporato come cenno alla cultura chicana. Acne Studios e Versace, invece, omaggiano la cultura cowboy americana, specialmente nel caso del secondo, dove Dario Vitale propone camicie a quadri con gilet western borchiati. La includono, come in ogni collezione, anche i Caten di Dsquared2 nella Resort 2026 insieme a giacche di pelle slavate e bucket hat. Mentre brand più moderni come Alis e Rolf Ekroth, invece, includono il check in capi in pieno stile gorpcore come antivento ed anorak. Non mancano i total look: da Vetements troviamo un completo in tweed e microskirt abbinato a imponenti cuissardes; da Moschino, Adrian Apiolazza realizza una tuta-camicia a quadri, completata da una borsa di pelle che riproduce realisticamente una cassetta di mele mentre KNWLS propone un set a quadretti dal gusto Y2K. 

Daniel Lee ovviamente, lo usa da Burberry dove è simbolo stesso del brand, questa volta con inclinazioni indie sleaze Ma questo mese è emersa anche una vocazione preppy per la trama a quadri. Ad esempio, per il suo debutto da Dior, Jonathan Anderson ha realizzato camicie check con rouches e colletti infiocchettati alla Luigi XIV abbinati a tacchi rivestiti con un tessuto a quadretti. Da Chanel, Matthieu Blazy ha incluso il check in giacche crop dal taglio maschile in Principe di Galles, completi pied-de-poule e cappotti in tweed bouclé con orli a frange. Anche Pharrell Williams propone, per il menswear di Louis Vuitton, bomber di tartan con sciarpe a quadri incorporate che fanno da colletto. C’è chi come Alessandro Sartori da Zegna reinterpreta il rigore classico che evoca il check facendo sfilare, sia nella collezione estiva che in quella invernale, blazer e completi stropicciati realizzati in Principe di Galles, volutamente lasciati senza stiratura come se fossero stati asciugati naturalmente al sole.

Il “check effect” ha tra l’altro contagiato anche i brand dell’old money: nella SS26 di Hermès troviamo camicie a quadri contaminate da elementi che rimandano all’abbigliamento equestre, invece, Matteo Tamburini da Tod's realizza cappotti con dettagli in pelle e in parte stampati a quadri, elevando il check a nuovo codice del quiet luxury. Le mutevoli e inaspettate possibilità di questo pattern hanno portato alcuni designer ad utilizzarlo addirittura per creare capi dalle silhouette insolite e sperimentali. Duran Lantink ad esempio nella sua collezione invernale ha incluso un giubbott tartan dalla forma simile al carapace di una tartaruga, mentre Andreas Kronthaler, da Vivienne Westwood, realizza una sorta di mantella asimmetrica con strisce check alternate a trame animalier, Nicolas Di Felice, per Courrèges, realizza abiti con veli incorporati e una stampa che ricorda una griglia tracciata a gessetto, mentre Egonlab presenta camicie in pattern gingham o vichy con un lungo colletto appuntito.