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«L'aspirazione non ha bisogno di essere esclusiva»: intervista a Willy Chavarria

Il designer americano ci ha raccontato la sua idea di moda e il suo legame con gli Stati Uniti

«L'aspirazione non ha bisogno di essere esclusiva»: intervista a Willy Chavarria Il designer americano ci ha raccontato la sua idea di moda e il suo legame con gli Stati Uniti
“Wall St.Love”
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«Il mio lavoro rappresenta molte delle persone la cui presenza è vista come una silhouette, non riconosciute come tali a causa del razzismo o della discriminazione» mi dice Willy Chavarria quando finiamo per parlare di uno dei tratti distintivi del suo lavoro: le silhouette. Nato a Fresno, in California, Chavarria è uno di quei nomi la cui presenza all’interno del fashion system è ormai parte integrante, talmente abile da essere riuscito a diventare non solo parte dell’industria della moda, ma quasi a crearne una a sua immagine e somiglianza. «Quando sarà il momento andremo a Milano e a Parigi. Per il momento ci sentiamo molto legati a Los Angeles e New York, abbiamo un rapporto speciale con le comunità del posto» racconta Chavarria parlando della scelta di sfilare alla New York Fashion Week dove è ormai presenza fissa. «Penso che gli Stati Uniti abbiano un qualcosa di unico, il desiderio di abbracciare il cambiamento in un modo intensamente appassionato. Il nostro lavoro riflette proprio questo aspetto e penso sia una delle nostre caratteristiche migliori.» Prima di inaugurare il suo brand omonimo nel 2015, Chavarria ha messo insieme una gavetta tanto unica quanto sfaccettata: partito da un lavoro part-time da Joe Boxer - marchio specializzato in underwear, è passato per il brand di abbigliamento da ciclista Voler fino ad approdare da Ralph Lauren, dove è stato assunto nel 1999 per lavorare a una linea di cycling apparel.

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«Per me è sempre stato importante riuscire ad offrire tipologie di prezzo differenti, amerei poter vendere da Walmart e Bergdorfs allo stesso tempo» ha raccontato il designer parlando della sua idea di moda democratica e della possibilità di rendere il suo brand accessibile a un pubblico vasto, andando oltre le barriere del price point tipiche del luxury. Un’idea che probabilmente risale al 2010, quando insieme a David Ramirez ha aperto Palmer Trading Company, lo store di New York in cui erano disponibili abiti vintage insieme a quelli della label in-house. Ma se «l'esclusività è meno eccitante dell’aspirazione e l'aspirazione non ha bisogno di essere esclusiva», l’idea alla base del lavoro di Willy Chavarria sembra poggiare profondamente sul lato umano della moda, come racconta lo stesso designer descrivendo il processo di casting, caratteristica fondamentale dei suoi show: «Solitamente il casting avviene durante la creazione della collezione. Alcuni look sono addirittura disegnati pensando a una persona specifica. Alcuni membri del cast entrano nella storia più tardi, quando la collezione viene preparata per una sfilata. Quando la storia è molto chiara per me e il mio team, finalizziamo il cast con persone che si adattano davvero all'atmosfera. La camminata, l'atteggiamento, lo sguardo. Ci basiamo molto sulla presenza dell'anima e su un forte livello di sicurezza.»

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Uno spiccato senso umano che fa parte da sempre dei valori di Chavarria, come nel caso di uno dei momenti di massima visibilità del brand: la collaborazione del 2018 insieme ad Hummel. «Quel progetto era incentrato soprattutto sulla partnership con RIFA, un campionato di calcio composto da giovani richiedenti asilo, immigrati e rifugiati» - mi racconta Chavarria - «avevamo creato le loro jersey da gioco che poi abbiamo venduto per finanziare il progetto.» La stessa sensibilità è presente anche in “Wall St.Love”, una visual story ispirata al “what it takes” che ha caratterizzato il distretto finanziario di New York negli anni ’80 e ’90. Realizzati da Bruce Bennett (styling e photography) e Dava Hunter (makeup, hair and talent), gli scatti vogliono catturare la forza necessaria per sopravvivere in un ambiente ostile come quello di Wall Street, mentre lo styling reinterpreta il look formal dell’epoca in chiave moderna utilizzando anche alcuni look dello stesso Chavarria - insieme a quelli di Maxwell Osborne di AnOnlyChild e Diane Von Furstenburg. «Partendo dalla "Teoria di Platone" ho capito che come l'amore, la vita e l'arte, anche noi siamo fatti l'uno per l'altro perché la natura ci ha creati come un tutt'uno.» - ha raccontato Bennett parlando del suo lavoro - «L’idea è che gli stessi principi dell'attaccamento si applicano alle relazioni strette durante tutto l'arco della vita. L'attaccamento nelle relazioni adulte o in quelle tra me e il mio partner». Un incontro tra due epoche diverse degli Stati Uniti attraverso uno dei suoi luoghi più famosi, nel bene e nel male. Ma se il passato e il presente sono ben delineati, il futuro di Chavarria è unicamente nelle sue mani, magari «a capo di una grande casa di moda». L’importante, come specifica lo stesso designer, è che «il collettivo Willy Chavarria esisterà sempre. Potrà evolversi nel tempo, ma rimarrà un brand legato alla propria tradizione.»