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Il pile: la rivincita del brutto

Il maglione anti-fashion diventato simbolo del nuovo streetwear

Il pile: la rivincita del brutto Il maglione anti-fashion diventato simbolo del nuovo streetwear

"Il bello è brutto e il brutto è bello”

Non è solo un passaggio del Macbeth di Shakespeare ma una costante della moda, che ciclicamente riporta in auge capi da sempre ritenuti anti-fashion, tra questi nelle ultime stagioni è toccato al pile
Il pile è stato per anni simbolo di cattivo gusto, utilizzato come pigiama o per portare fuori il cane in quelle situazioni in cui saresti stato sicuro che nessuno ti avrebbe potuto vedere. 
Il cambiamento di alcuni canoni di bellezza e una moda street che ha rilanciato lo stile Gorpocore e i capi pratici e comodi, ha fatto si che anche uno dei simboli di quello stile si elevasse quasi per caso da capo brutto a scelta cool per i brand del lusso. Trainati da Supreme, Palace, Stüssy e Carhartt, anche Marc Jacobs, sacai, Martine Rose e altri high brand hanno proposto la propria versione del pile, conquistando il mercato, le fashion week e celebrity come Gigi Hadid, Justin Bieber, Kim Kardashian, Kendall Jenner e Kate Middleton.

Ci sono diverse ragioni di questo successo, come la maggiore attenzione verso la sostenibilità, il rilancio dei brand di outdoor o semplicemente l’essere stato al posto giusto nel momento storico della moda giusto. Tutti questi aspetti hanno portato un capo da tempo bistrattato nelle boutique del lusso con cartellini a tre cifre, desiderato nonostante un tessuto povero, che per anni è stato la divisa ufficiale del nerd appassionato di montagna.

 

 

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Il pile nasce nel 1979, da una collaborazione tra il fondatore di Patagonia Yvon Chouinard e l’azienda tessile Malden Mills, con sede nella città di Lawrence (Massachusets). Le due aziende avviarono una rivoluzione nell’abbigliamento outdoor, in anni in cui gli indumenti erano ancora realizzati in cotone, lana e piume, resistenti ma poco isolanti. 
Il pile inizialmente veniva indossato dai pescatori del nord dell’Atlantico, il nuovo materiale diventa però un successo quando viene lanciato nel mercato dell’alpinismo, grazie all’intuizione di Chouinard. 
I primi modelli avevano il difetto di sciogliersi ad alte temperature e nelle lavanderie pubbliche, oltre a quello di non riuscire a liberare completamente odori e macchie. Chouinard e Aaron Feuerstein - CEO della Mills - scoprirono che le proprietà traspiranti erano dovute ad oli applicati in fase di lavorazione, nasce così il Sinchylla, il materiale brevettato da Patagonia e unione dei due termini Synthetic e Chinchilla

Il boom dei colori vivaci di inizio anni ’80 e l’interesse per i tessuti tecnici da parte della comunità outdoor e non cambiarono le sorti di Patagonia e quelle di Malden Mills, reduce da una bancarotta dovuta al crollo del mercato delle pellicce ecologiche. . 

A causa della maggior praticità rispetto alla lana, tra la metà degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 il pile diventa un capo inevitabile per le gite in montagna e nella vita quotidiana, utilizzato anche come tessuto intimo. Le sue qualità tecniche come la leggerezza del tessuto, la capacità di isolare anche da bagnato e la relativa economicità lo hanno reso mainstream, lanciandolo nei grandi retailer, come nel caso di UNIQLO, che nel 1994 lo inserisce tra le proprie collezioni. Proprio quest’anno UNIQLO festeggia il 25esimo anniversario dal lancio del primo pile.
La diffusione dello streetwear, partito da Venice Beach, Brooklyn e Shibuya rilancia forme comode, fit larghi e brand legati a sport come lo skate e il surf, trovando nel pile una sintesi di quell'estetica. Capitato nel cortocircuito dello streetwear quasi per caso, il pile ha saputo soddisfare il gusto del nuovo target, non più legato solo allo stile casual ma alla moda in cui anche l’imprevedibilità gioca un ruolo fondamentale. Utilizzare un capo da montagna, elettrostatico, peloso e comunemente definito brutto, era la quota di stranezza che completò il successo del pile, consacrandolo a metà degli anni '90. 
Da indumento sportivo e prestazionale il pile diventa così una capo perfetto per lo streetwear, fino a quando seguendo gli esempi di gente come James Jebbia e NIGO anche l'alta moda ne capisce le possibilità le potenzialità, come possibilità in più rispetto a tessuti naturali e pellicce. Il tessuto ha subìto una rivalorizzazione nella moda dopo che Chanel l'ha usato per una delle sue giacche, simbolo della maison e dell'alta moda francese. un passaggio storico ma possibile solo dopo anni di accettazione grazie alle proposte dei brand di streetwear come The North Face e la stessa Patagonia.

Tra le qualità del pile c'è anche quella di essere comunemente considerato un capo green, tanto che nel 1993, Patagonia e Polartec avevano iniziato anche ad esplorare soluzioni per creare pile con materiali di riciclo. I buoni traguardi hanno portato il materiale ad avere un buon impatto sull'industria della moda eco-chic, rilanciata negli ultimi anni grazie alla maggior consapevolezza delle responsabilità ambientali dell’industria. 

Nonostante ci siano dati in controtendenza secondo i quali il materiale possiede un grave impatto ambientale rilasciando enormi quantità di microparticelle di plastica nell'acqua di scarico durante il lavaggio, la fibra sintetica rende il pile 100% riciclabile. Un beneficio ecologico, dimostrato dal fatto che aziende da sempre sensibili al tema dell'ambiente come Patagonia e UNIQLO continuino a produrlo con regolarità ogni stagione, una conferma in più di come il pile rimanga uno dei capi più green sul mercato. Questo vantaggio nella produzione e il desiderio dei consumatori diventano incentivi ai brand per includerlo nelle proprie collezioni, dal lusso di Burberry ad Ambush.

In una puntata de "Il Testimone: Il Diavolo Veste Pile", PIF si intrufola dietro le quinte di uno shooting con Bianca Balti e nei preparativi della sfilata SS16 di Trussardi a Milano. La battaglia che PIF porta avanti in tutta la puntata è quella di dare dignità al pile nero Quechua che indossa, simbolo della lontananza tra il suo look da reporter sfigato e quelli di Balti e Gaia Trussardi. Il tentativo disperato inizia con l’ex direttore di Vogue Italia Franca Sozzani, passando per Kate Moss, Anna Wintour, Lapo Elkan e Roberto Cavalli, che chiede addirittura al presentatore che cosa sia il pile ("una finta pelle?"). PIF non viene preso sul serio e il pile rimane il baluardo di sempre di cattivo gusto e scarse pretese in termini di stile. 

Il tono ironico di tutta la puntata prendeva in giro le leggerezze della moda, nei suoi aspetti più bizzarri e nelle contraddizioni sul modo di intendere ciò che è bello e ciò che è brutto. Da non poter entrare neanche nel dizionario della moda, come il più classico dei trend, il pile ha sfilato e conquistato star, e se ne state cercando uno per l’inverno, c’è anche un modello di Roberto Cavalli