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La moda americana è nata a Versailles

La battaglia tra 5 stilisti americani e 5 francesi che ha stravolto i codici estetici della moda

La moda americana è nata a Versailles La battaglia tra 5 stilisti americani e 5 francesi che ha stravolto i codici estetici della moda

La guerra dei mondi è tra gli argomenti preferiti per i film di fantascienza e apocalittici, che ci esaltano (o forse no) per la tensione e lo scontro di sfere semantiche che solo in apparenza non dialogano, salvo poi scoprirsi simili più di quanto non si sarebbero aspettati. Che la battaglia sia umani e alieni o DC contro Marvel non importa, lo scontro è sempre grandioso e in qualche modo si finisce per non sapere mai per chi patteggiare. Non avrà salvato le sorti del pianeta terra, ma quello che è successo il 28 novembre 1973 a Versailles rimane uno scontro mitico per la scintillante galassia della moda.

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La Reggia di Versailles dal 1682 al 1789 è stata la casa dei reali francesi, luogo in cui l’eleganza complessa dei riti di corte era la massima espressione della mondanità. A cavallo tra il 1600 e il 1700 si abbandonò la solennità e l’artificio, spiccatamente francesi, spinti dalla necessità vitale di restituire svago, piacere e comodità. Il formalismo degli ultimi anni del Re Sole si allentò con i sette anni di reggenza di Filippo d’Orleans, aprendo la strada, in seguito, a un gusto esotico, caratterizzato da una nuova raffinatezza. Il 28 novembre 1973, in quella che viene ricordata come la “Battaglia di Versailles", l’alta società europea fece splendere la reggia, scoprendo, come durante l’Ancien Regime, un gusto nuovo, capace di destabilizzare le gerarchie della moda. Eleanor Lambert, figura decisiva per lo sviluppo degli stilisti americani, ebbe l’idea, insieme al curatore del palazzo di Versailles Gerald Van Der Kemp, di organizzare una sfida tra 5 esponenti della moda francese e 5 di quella statunitense, con lo scopo di raccogliere fondi per il restauro delle 700 stanze del palazzo, ma soprattutto per far conoscere in Europa le qualità degli stilisti d’oltreoceano. I due mondi che si sarebbero scontrati erano rappresentati da una parte da Halston, Ann Klein (con la sua assistente Donna Karan), Bill Blass, Stephen Burrows e Oscar de la Renta, opposti a Yves Saint Laurent, Marc Bohan per Christian Dior, Pierre Cardin, Emanuel Ungaro e Hubert de Givenchy. Ecco, che teneri questi americani.

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Come nelle più hollywoodiane storie di Davide contro Golia, i cinque statunitensi mostrarono una forza inaspettata. In un periodo in cui la Francia dominava la scena, gli USA enfatizzarono il ready-to-wear, lo sportswear e il concetto di intrattenimento associato al fashion show, esprimendo a pieno il pragmatismo e un’informalità priva di paure, lontana dal modello europeo. Lo spettacolo fu pazzesco, alla musica leggera e alla graziosa riservatezza delle modelle europee si contrapposero una musica come forte espressione di sensualità e 36 modelle che esprimevano grande emotività in passerella. 11 delle 36 ragazze scelte dagli stilisti americani erano nere e tra queste c’erano anche Pat Cleveland e Beverly Johnson. La prima era conosciuta dai più grandi artisti dell'epoca, che insieme a lei frequentavano lo Studio 54 di New York, la seconda invece, l’anno seguente diventerà la prima modella nera a comparire sulla copertina di Vogue.
I francesi, che si aspettavano solamente streetwear, assistettero però a uno spettacolo carico di energia, seduzione ed elementi etnici ed esotici, aperto e chiuso da Liza Minnelli, fresca vincitrice dell’Oscar per Cabaret, affiancata da 10 ballerine di Broadway. L’eleganza francese invece era accompagnata da Josephine Baker e Nureyev.

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La forza dei cinque stilisti americani fu quella di importare una nuova cultura, priva di codici e rinnovata nei colori. Burrows portò uno stile proveniente dalla strada, divertente nei suoi abiti da sera colorati. Il talento di Halston, rappresentante timido di uno stile sincero e molto americano anche nelle ispirazioni artistiche, stupì la platea, dopo che il suo lavoro era già stato apprezzato in patria da Jackie Kennedy, per la quale disegnava i cappelli. Halston portò in passerella donne spogliate e misteriose, coreografie e musiche jazz, ispirandosi ai modelli degli anni ’20 e ’30. De la Renta era il più europeo tra gli americani, aveva studiato a Parigi, presentò un ready-to-wear elegante, con abiti in seta, lasciati sventolare liberamente in aria in modo sensuale, mentre in sottofondo un tocco di forte contemporaneità veniva dato dalle musiche di Barry White.

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Il finale fu una poesia, Grace Kelly, Liz Taylor e Andy Warhol in platea furono entusiasti. Tutto il pubblico capì di aver appena visto Davide sconfiggere Golia. I francesi tuttavia non si sentirono sconfitti. Saint Laurent su tutti, ammise una sincera ammirazione per una cultura nuova, che stravolgeva gli obbiettivi della moda e gli ideali di bellezza. Molte delle modelle americane, infatti, trovarono subito alcune possibilità in Europa, così come i designer. La strada era spianata per il successo di quelli che sono tutt’ora nomi importanti del fashion world e far si che una stagione importante come quella delle settimane della moda venga appunto chiusa a New York. L'eredità della "Battaglia di Versailles" ha permesso a creativi come Tom Ford, Alexander Wang, Marc Jacobs, Calvin Klein di essere ora protagonisti del sistema e la moda americana di essere ispiratrice di tendenze e novità.Eleanore Lambert lo sapeva che gli USA erano pronti, gli USA c’erano.

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