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Come è stato il Frieze London 2018

Siamo andati a vedere il meglio della fiera d'arte londinese

Come è stato il Frieze London 2018 Siamo andati a vedere il meglio della fiera d'arte londinese

Un’altra frenetica Frieze Week è giunta a termine, lasciando il mondo dell’arte con molto da assimilare dopo le vendite da record, i.e. Jenny Saville, e le provocazioni degli artisti  (cc. Banksy)
Frieze è LA fiera d’arte, l’evento londinese intorno al quale per una settimana orbitano aste, vernissage, performance e – ovviamente – party. La sedicesima edizione del Frieze London 2018 ha offerto molto nuovo materiale al mondo dell’arte e al suo pubblico entusiasta.
La fiera si tiene ogni anno a Regent’s Park che accoglie le diverse locations e le migliaia di partecipanti fra addetti ai lavori, appassionati d'arte e curiosi. Tre sono le componenti principali della fiera: il Frieze Masters che espone opere fino al XXI secolo, il Frieze Sculptures con 25 sculture disposte nei giardini del parco, e il Frieze Art Fair che porta in mostra i più quotati artisti contemporanei. E, soprattutto, innesca una generica FOMO all’interno della capitale inglese, e non solo.
Nel caso in cui ve lo siate persi, ecco a voi un breve sunto di ciò che è successo durante questa edizione.

L’offerta è così ampia e vasta che per una lunga settimana capolavori e puro trash si ritrovano a coesistere sotto lo stesso tetto, sia per il Frieze che per il Frieze Masters. Partendo da quest’ultimo, impossibile non menzionare le opere di artisti come Artemisia Gentileschi, Man Ray, Calder e gli altri classici. Ciò nonostante, la sezione Spotlight, curata da Toby Kamps, è riuscita a rubare l’attenzione, specialmente grazie ai lavori di Annegret Soltau. Così carismatici che quasi imponevano al visitatore di arrestare la sua corsa tra gli stand.

 

Nel frattempo, poco distante, Frieze Art Fair ha inaugurato una nuova sezione intitolata Social Works, celebrando otto donne che si sono distinte in campo artistico sfidando il clima polito e sociale negli anni ’80 e ’90. Questo focus, in realtà, non è altro che un organico sviluppo di un programma iniziato un anno fa con Sex Work (2017), una sezione che celebrava artiste femministe che negli anni ’70 avevano rivoluzionato il sistema culturale sviluppando pratiche artistiche con al centro la sessualità ed il corpo femminile.

Sebbene solo due (Ipek Duben – Turchia – e Berni Searle – Sud Africa) non avessero origini inglesi o americane, tutte le artiste scelte (Mary Kelly, Faith Ringgold, Nancy Spero, Sonia Boyce, Hellen Chadwick and Tina Keane) hanno avuto ruoli sostanziali per le future generazioni, non solo in campo artistico ma anche in quello educativo ed accademico. Ma soprattutto, Social Works è servito a dare attenzione e a continuare la discussione riguardante la discriminazione di genere all’interno di un ambiente prettamente focalizzato sull’aspetto economico e finanziario dell’arte.

Se le gallerie più famose sembrano essere più concentrate su quest'ultime tematiche, sono quelle giovani ed emergenti a portare reale novità all’interno dei loro spazi.
Quest’anno, in particolare, si è distinta la galleria Emalin, che ha dedicato un focus all’artista canadese Athena Papadopoulos, esibendo lavori che non potevano non affascinare ed intrigare il visitatore. Il contrasto tra i materiali - glitter, veli, organza, generalmente simboli di iperfemminilità e leggerezza - usati per discutere concetti d’altro canto violenti come la misoginia, fa sì che il pubblico sia realmente incuriosito dalle sue opere. Decisamente uno degli angoli più interessanti di questo Frieze 2018.

 Courtesy of Emalin

La maggior parte dei lavori proposti è stata rappresentata da dipinti, lasciando sculture ed installazioni in netta minoranza. Sebbene provocatori ed, in alcuni casi, semplicemente stupendi - cc. Cinga Samson alla blank gallery – la loro costante presenza contribuiva a conferire all’ambiente un senso di confortevole prevedibilità. Una prevedibilità finalmente interrotta da Alex Baczynski-Jenkins, vincitore del Frieze Artist Prize 2018. Con la sua performance, Alex ha creato all’interno della fiera uno spazio allo stesso tempo metaforico e fisico in cui celebrare, conoscere ed approfondire il legame con la cultura queer, su cui si basa la sua pratica. Il suo intervento coreografico ha portato ciò che mancava a quest’edizione, dandole un respiro più ampio e facendo sì che il pubblico si lasciasse trasportare all’interno di un tema di tale importanza.

images courtesy of Frieze.