Da Napoli a Londra, l’archivio Y2K secondo Pezze Vintage PEZZE VINTAGE

Da Napoli a Londra, l’archivio Y2K secondo Pezze Vintage

Sono passati due anni da quando le minigonne inguinali, la vita bassa e una sensualità discinta ma ingenua, fatta di strass, glitter e motivi girlish, approdava per la prima volta su TikTok, conquistandosi la viralità e con essa la piena attenzione della Gen Z. Da allora, grazie a it-girl come Bella Hadid, Dua Lipa o Alexa Demie e a un ritrovato interesse per tutte quelle celebrità che hanno reso iconici i nostri ricordi d’infanzia, come Jennifer Lopez, Paris Hilton, Britney Spears, l’estetica del Millennium Bug è tornata con prepotenza nell’immaginario collettivo e nei nostri armadi, poco importa quanti sforzi abbiamo impiegato al tempo per liberarcene. Il ritorno dell’Y2K, ancor prima delle passerelle di Miu Miu, Blumarine e Balenciaga, parte dal basso, da un target di consumatori adolescenti che sembrava scoprire gli ombelichi scoperti sui social per la prima volta e che grazie al vintage made in Depop, Vinted, Ebay, si approcciava alle giacche distressed di Diesel, ai pattern chiassosi di Roberto Cavalli, al jeans a vita bassa di Miss Sixty. «C’era bisogno di qualcosa di diverso. Qualcosa che fosse altro rispetto alle camicie di flanella e ai Levi’s 501 che hanno esacerbato gli scaffali dei negozi vintage per anni. Il ritorno dell’Y2K nasce come desiderio di rottura rispetto all’usato che eravamo soliti acquistare», ci spiega Gennaro Boccia, founder e proprietario di Pezze Vintage. Un negozio di second hand con doppia sede a Napoli e a Londra, che dal 2017 a questa parte si occupa di prevedere le tendenze in fatto di vintage per soddisfare una clientela di affezionatissimi, selezionando capi distanti dai soliti big brands e pertanto capaci di raccontare qualcosa di inedito ed inaspettato rispetto alle estetiche dominanti.

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«Oggi, grazie ai social, alla nostalgia ed una nuova sensibilità verso la moda circolare, il vintage ha acquisito una fetta molto ampia di mercato», continua Gennaro. Non stupisce dunque che nella corsa al pezzo vintage perfetto, le tendenze dei primi anni 2000 abbiano conquistato il primo posto in termini di popolarità: secondo un report del retailer Nasty Gal, la domanda di "negozi di abbigliamento vintage" è aumentata di oltre il 400% nell'ultimo anno negli Stati Uniti, e l'epoca più ricercata è senza dubbio "Y2K". Tra i brand più richiesti spiccano Just Cavalli, D&G, Moschino Jeans, Diesel Industry, Engineered by Levi’s, a cui si affianca l’inaspettato revival dell’estetica tacky chic dei mall brands anni ‘00, tra felpe con zip di Guess Jeans, i già citati jeans di Miss Sixty, ma anche Ed Hardy, Baby Phat e tanti altri, con Poshmark che ha segnalato un'impennata nelle ricerche e Depop che rileva un aumento del 53% per i click su Abercrombie & Fitch.

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«Sono cambiate le esigenze di chi compra il vintage. Se in passato gli appassionati erano alla ricerca del lavaggio perfetto, di una tintura particolare, di una materiale pregiato, oggi quello che i giovani cercano è il sogno. Dalla nostalgia per epoche mai vissute nasce la volontà di essere parte di una narrazione che idealizza i decenni passati estrapolandone l'estetica», conclude Gennaro. I nuovi consumatori della moda vintage hanno tra i 15 e i 21 e sognano l’adolescenza del passato, spesso attraverso capi che rivivono l’estetica Y2K in una declinazione più dark e avanguardistica rispetto a quella che conosciamo. Sulla scia del filone, anch’esso sospinto dagli algoritmi di TikTok, dei trend del Subversive Basics e dell’Avant Apocalypse, emerge una chiave lettura più brutale dell'atmosfera infantile che associamo al periodo. Ed è così che tra passato e presente come in un complesso narcisistico la moda si autogenera vedendo nel proprio passato il riflesso delle collezioni future e vice versa, e la moda d’archivio si riconferma scrigno interminabile di reference e tendenze.