
La moda d’archivio e il Giappone: da dove nasce la passione per il vintage SABUKARU
La moda d’archivio e il Giappone: da dove nasce la passione per il vintage
Se oggi il Giappone è considerato uno dei Paesi che più ha contribuito alla popolarità della “moda d’archivio” non possiamo dire che sia sempre stato così. Non è certo qui che è nato il movimento, tantomeno i designer che hanno iniziato a giocare con il concetto di moda d’archivio dal 2015 in poi, da Raf Simons a Martin Margiela, passando per Helmut Lang e Alexander McQueen. Per capire le ragioni profonde che legano il Giappone all'esplorazione dell'archivio, bisogna prima risalire al momento in cui il trend ha trovato spazio all’interno del Paese. Se la prima ondata degli archive brand includeva soprattutto nomi europei, non è servito molto tempo prima che i designer giapponesi iniziassero a rubare la scena. Patria di alcuni dei nomi più interessanti della fine degli anni ‘90, il Giappone ha regalato al mondo della moda brand come Yohji Yamamoto e Comme des Garçons capaci, alla fine del secolo, di attirare un seguito a dir poco impressionante.
Nonostante non fossero i più mainstream o i più apprezzati nell'industria della moda, i designer giapponesi dell'epoca sono sempre stati i più all'avanguardia e temerari quando si trattava di sfidare le regole. Che si trattasse di sfoggiare capi strappati, scuri e oversize mentre lo sfarzo e il glam erano il tessuto narrativo principale, o di decostruire gli abiti per creare una rappresentazione della donna neutrale rispetto al genere quando le curve e la sensualità erano le tendenze dominanti, gli stilisti giapponesi rappresentavano qualcosa di diverso. Non comuni, ineguagliabili, eppure facilmente riconoscibili: queste sono le qualità chiave che hanno permesso a questi designer di trasformare i propri archivi in miniere d’oro. Possedere un archivio è spesso considerato come il segnale di maggior successo nella definizione dell’identità di un designer, ed è fondamentale che i pezzi al suo interno non siano costituiti da design e collezioni immutabili e ripetitivi - i pezzi d’archivio devono distinguersi. Tenendo conto della portata rivoluzionaria promossa dagli stilisti giapponesi, con le loro collezioni capaci di aprire conversazioni che, seppure divisive, animavano stampa e pubblico in generale, la riflessione sulle loro creazioni e collezioni andava ad alimentare ulteriormente i loro archivi. Al giorno d'oggi marchi giapponesi come Number (N)ine, 20471120 e Undercover, accomunati dalla stessa ideologia di creare prodotti in grado di valicare i confini tradizionali del design, vanno tutti sotto il nome di “archivio” inteso come repertorio vintage da collezione.
Un altro modo per spiegare come la moda d'archivio sia diventata un fenomeno particolarmente rilevante in Giappone potrebbe derivare dalle abitudini d’acquisto della clientela giapponese, storicamente abituata ad acquistare secondhand. Al di là delle attività di compravendita di capi vintage, dettate soprattutto da motivi economici, in Giappone esiste un'ampia comunità di appassionati che apprezza il vintage al punto di preferire il vecchio al nuovo. Una passione che non va sminuita, ma che dimostra come l’ammirazione per il passato sia stata in grado di influenzare la cultura della moda giapponese. Una prima testimonianza dell'acquisto ossessivo di capi vintage da parte dei giapponesi risale al dopoguerra quando, con la graduale partenza dei soldati americani dal Giappone, l'offerta di jeans non era più in grado di soddisfare la domanda. Alcuni commercianti giapponesi videro quindi una possibile opportunità di guadagno, tentando di importare nuovamente i jeans provenienti dagli Stati Uniti in Giappone. Quella che sembrava essere un’ottima idea si rivelò però un fallimento. Se la domanda per i jeans era alta, la fascinazione degli appassionati d’archivio non era per un denim in perfetto stato, ma per quello vecchio e rovinato. In poche parole, mancava la patina del tempo che distingueva il vintage. Forse, proprio come i vecchi jeans americani esercitano un fascino maggiore di quelli nuovi, anche gli insider giapponesi hanno iniziato a sviluppare un apprezzamento maggiore per le vecchie collezioni dei designer locali, trasformandole con il tempo in un'intera cultura, un movimento e un’attività commerciale, oggi nota come “Archive Fashion”.







































































