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Dov'è finito il clubbing romano?

Dalla generazione Diabolika alle birre tranquille con amici

Dov'è finito il clubbing romano?  Dalla generazione Diabolika alle birre tranquille con amici
Fotografo: Fabio Germinario
Fotografo: Fabio Germinario
Fotografo: Fabio Germinario
Fotografo: Fabio Germinario

Se fino a pochi anni fa Roma era uno dei punti di riferimento del clubbing italiano, negli ultimi anni la città sembra essersi svuotata, arrivando al suo ritorno dopo un lungo periodo di cattività imposto dal lockdown "congelata nella sua cultura e nelle sue tradizioni", come ha affermato Matilde, 24 anni. Locali come il Goa Club o il Circolo degli Artisti che sono stati per anni l'habitat di un mondo pieno di sottoculture oggi hanno chiuso le porte senza essere veramente sostituiti da una nuova generazioni di club. La scena si è trasformato in un pozzo dei ricordi in cui i pochi rimasti hanno il difficile compito di ricordare i tempi passati, quando uscire in una serata romana significava trovare ogni weekend qualcosa di diverso, come racconta Edoardo Sorgoni, promoter, 29 anni: “Quelli che andavano nei club seguivano un filone, andavano alle serate con l’obiettivo di trovare un ambiente libero e unico.”

Se parte della colpa di questo cambiamento può essere attribuito alla pandemia, un'altra va individuata anche nelle abitudini delle nuove generazioni. Usciti dal lockdown, la Gen Z romana ha traslato la propria movida al di fuori dei club per vivere quella libertà persa per oltre un anno. I bar come il Bar India e le case di amici sono diventati i nuovi posti sicuri, come ha detto Margherita, 22 anni, dove uscire e vedersi con gli amici. “Non ci sono più posti, molti chiudono e per questo ci si organizza fra di noi” ha detto Vasco 21 anni. “Mi è capitato di finire a festini di case di sconosciuti a ballare fino alle 5 di mattina, quelle serate così inaspettate ma che mi piacciono più di tutte.”  ha raccontato Matilde, 24 anni, descrivendo il cambio di abitudini che ha visto la sua genesi proprio nel  post-lockdown con la nascita degli house party. Se prima c’era Via Libetta, il centro del clubbing della capitale con molteplici possibilità di scelta, ora l’unico posto attivo è il Circolo degli Illuminati, dice Edoardo Sorgoni, 29 anni. Infatti quando si pensa alle serate, non ci si immagina subito Roma, si cerca qualcos’altro, come ha affermato MarieLou, 24 anni: “È cambiato il rapporto con gli spazi, se un tempo i club rappresentavano dei 'nidi protetti', delle 'seconde case' dove incontrarsi in una situazione intima, ora molti locali sono diventati troppo commerciali, senza una loro identità.”

Manca la ricerca, la passione e la curiosità, i locali chiudono e le loro filosofie scompaiono. Come per esempio con il Goa Club, realtà leggendaria di Roma, di cui si vocifera un possibile cambio location dalla storica sede in Via Libetta. Arriva alla fine di un lungo percorso di annullamento dei club romani che vede il suo potenziale punto di inizio nella chiusura del Circolo degli Artisti nel 2015, uno dei luoghi cardine delle serate romane che da marzo di sei anni fa ha lasciato un buco nelle serate del clubbing romano. Nonostante i tentativi di trovare un sostituto (come con il Monk), la fine del Circolo ha rappresentato il famoso "inizio della fine" per molti altri locali, dall'Init l'anno successivo al Rashomon Club nel 2017, passando per serate come il K-Party o il Freak & C.

Fotografo: Fabio Germinario
Fotografo: Fabio Germinario
Fotografo: Fabio Germinario
Fotografo: Fabio Germinario

Roma nella sua unicità sta perdendo la sua elettronica l’idea dietro il clubbing, i movimenti underground, le nicchie musicali, i piccoli act, i locali che da anni propongono idee artistiche coraggiose. Ormai gli eventi vengono organizzati dai giovani, tutti possono schiacciare “play”, ma la ricerca e la conoscenza dietro ogni beat ha bisogno di più tempo, ci sono troppe sfaccettature che hanno fatto perdere completamente il vero valore del club storico. Come hanno detto i ragazzi i Touch the Wood, una delle realtà più longeve del clubbing romano che dal 2007 porta avanti un'idea di serata fatta di ricerca e anticipazione dei trend: "La voglia di divertirsi c'è, il panorama romano è un ambiente diversificato dove anche i club hanno dovuto fare i conti con con la realtà, ma sentono che ci sono molti giovani che si stanno avvicinando al mondo della musica e delle sottoculture e vogliono seguire la strada del clubbing." Per questo motivo come dice Andrea, 26 anni “bisogna cercare di stare al passo con il cambiamento” analizzare i bisogni delle nuove generazioni, per capire da dove nasce la voglia e l'idea di tornare a quell’idea di trasgressione persa nel tempo. In uno scenario pieno di incertezza, l'unica cosa certa è che il clubbing è cambiato, tanto per la pandemia quanto per un necessario passaggio generazionale, perdendo la sua idea di anima più intima fatta di locali piccoli e fumosi, birre annacquate e album Facebook in cui riguardarsi con un misto di imbarazzo e divertimento.