
Tom Hardy è un poliziotto corrotto in "Havoc" su Netflix
Gareth Evans torna all’action, ma in forma meno radicale
25 Aprile 2025
Gareth Evans ha uno stile molto specifico. In un panorama action in cui ogni film o scena possono risultare uguali a tanti altri, il regista e sceneggiatore si è ritagliato il proprio posto a partire dalla realizzazione nel 2011 di un’opera radicale come The Raid - Redenzione, portando tale genere alla sua forma massima, nella sua espressione più pura. Per Evans non si tratta solamente di intrattenimento, di creare prodotti cotti e mangiati e destinati a un consumo leggero e superficiale. C’è ovviamente la componente dello spettacolo nelle sue coreografie di lotta e nella messinscena specifica e minuziosa che va a comporre, ma altresì un rispetto e un’attenzione alla tipologia di cinema che ha scelto di intraprendere nella propria carriera che elude la sola componente evasiva e di svago. O almeno era stato così fino ad ora. Havoc, targato Netflix e con protagonista Tom Hardy, si pone al confine di questa sua propensione ad un action sporco e cattivo, ma preciso e direzionato nei suoi intenti. Rientrando in una dimensione più canonica a differenza dei film che Evans ha proposto sinora, perdendo quell’anima drastica e tagliante che lo aveva reso appetibile per la critica benché, a volte, meno per il pubblico - il suo precedete film Apostolo, sempre di Netflix, conta un 79% di giudizi positivi su Rotten Tomatoes da parte della stampa a fronte del 53% del pubblico.
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Il protagonista di Havoc è il poliziotto Walker (Hardy), costretto a dover accettare l’essere diventato un agente corrotto e dover convivere ogni giorno con le conseguenze del proprio doppio gioco. Stanco di dover continuare una vita che lo ha allontanato da sua figlia e deciso ad uscire dal giro una volta per tutte, per l’uomo si presenta l’occasione di poter mettere un punto ai suoi affari illeciti. Se riuscirà a trovare il figlio del politico Lawrence Beaumont, interpretato da Forest Whitaker, e a tirarlo fuori da un affare di droga finito male, allora potrà definirsi un uomo libero. Troppe sono però le varianti e soprattutto gli ostacoli che si mettono tra Walker e il suo obiettivo: l’ambizione perversa dei suoi colleghi di polizia, anche loro corrotti, l’arguzia ligia di una giovane recluta e una madre di un clan della malavita cinese che vuole vendicare la morte di suo figlio. Generica ma pericolosa, sporca e in preda ai rumori, alla violenza e ad un costante caos, la città in cui Gareth Evans ambienta Havoc è una fittizia metropoli che amplifica il senso di aggressività e sopruso che si respira per l’intera pellicola. Un luogo irrefrenabile, brutale e prevaricatore, che serve da sfondo all’altrettanta furia che il film riserva e riversa sui personaggi. Hardy si muove con sveltezza in mezzo alla sozzura con cui il personaggio ha ormai fatto i conti e, come tutti coloro che hanno deciso di mettere un punto alla propria storia, cerca di dare tutto pur di poter uscire dal giro di criminalità in cui si è trovato coinvolto.
#Havoc: Gareth Evans & Tom Hardy show that we’ve only nicked the surface when it comes to depicting on-screen death. Muscular filmmaking at its finest, it’s relentlessly bleak but there’s a twisted catharsis in seeing how it crescendos in brutality. Best night club fight in ages pic.twitter.com/tkbcWkZhrH
— Zachary Lee (@zacharoni22) April 15, 2025
Ma, esattamente come il resto della pellicola, il suo Walker fatica a sganciarsi da una serie di stereotipi che vengono intervallati solo a tratti da picchi di originalità. Il protagonista, infatti, non è il solito agente che cerca soldi facili e che risolve le questioni venendo (solo) alle mani, ma una mente sveglia, fervida, che presta cura ai particolari. È ironico a modo suo, per nulla accomodante e fuoriesce leggermente dalla scrittura solita che a simili personaggi viene destinata. Così come l’azione irruente e letale che cresce sequenza dopo sequenza in Havoc, ma che sembra essersi lasciata trascinare troppo nel turbinio tumultuoso della pellicola, colpendo a volte per la sua voglia di eccedere e trasgredire, ma altre gonfiandosi al punto da risultare confusa e scombinata. La violenza ha come finalità la violenza stessa ed è una prerogativa a cui Evans ha abituato il suo pubblico. In questo connubio tra film per la piattaforma, quindi aperto potenzialmente a tutti, e l’estremizzazione del modello dell’action, Havoc si trova al confine con una storia che cerca l’effetto “wow”, ma lo lascia solo intravedere. Che mostra l’impegno e l’effettiva qualità nelle scene d’azione per cui il regista è noto, ma meno meticolose nella loro solita baraonda organizzata. Un film vicino al gusto e al lavoro di Gareth Evans, benché meno quadrato. Più riferibile alla confezione Netflix che al nome del suo autore.