A Guide to All Creative Directors

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Tom Hardy è un poliziotto corrotto in "Havoc" su Netflix

Gareth Evans torna all’action, ma in forma meno radicale

Tom Hardy è un poliziotto corrotto in Havoc su Netflix Gareth Evans torna all’action, ma in forma meno radicale

Gareth Evans ha uno stile molto specifico. In un panorama action in cui ogni film o scena possono risultare uguali a tanti altri, il regista e sceneggiatore si è ritagliato il proprio posto a partire dalla realizzazione nel 2011 di un’opera radicale come The Raid - Redenzione, portando tale genere alla sua forma massima, nella sua espressione più pura. Per Evans non si tratta solamente di intrattenimento, di creare prodotti cotti e mangiati e destinati a un consumo leggero e superficiale. C’è ovviamente la componente dello spettacolo nelle sue coreografie di lotta e nella messinscena specifica e minuziosa che va a comporre, ma altresì un rispetto e un’attenzione alla tipologia di cinema che ha scelto di intraprendere nella propria carriera che elude la sola componente evasiva e di svago. O almeno era stato così fino ad ora. Havoc, targato Netflix e con protagonista Tom Hardy, si pone al confine di questa sua propensione ad un action sporco e cattivo, ma preciso e direzionato nei suoi intenti. Rientrando in una dimensione più canonica a differenza dei film che Evans ha proposto sinora, perdendo quell’anima drastica e tagliante che lo aveva reso appetibile per la critica benché, a volte, meno per il pubblico - il suo precedete film Apostolo, sempre di Netflix, conta un 79% di giudizi positivi su Rotten Tomatoes da parte della stampa a fronte del 53% del pubblico. 

@netflix HAVOC trailer but it's only the tiktok safe parts coming to netflix 25 april #tomhardy original sound - Netflix

Il protagonista di Havoc è il poliziotto Walker (Hardy), costretto a dover accettare l’essere diventato un agente corrotto e dover convivere ogni giorno con le conseguenze del proprio doppio gioco. Stanco di dover continuare una vita che lo ha allontanato da sua figlia e deciso ad uscire dal giro una volta per tutte, per l’uomo si presenta l’occasione di poter mettere un punto ai suoi affari illeciti. Se riuscirà a trovare il figlio del politico Lawrence Beaumont, interpretato da Forest Whitaker, e a tirarlo fuori da un affare di droga finito male, allora potrà definirsi un uomo libero. Troppe sono però le varianti e soprattutto gli ostacoli che si mettono tra Walker e il suo obiettivo: l’ambizione perversa dei suoi colleghi di polizia, anche loro corrotti, l’arguzia ligia di una giovane recluta e una madre di un clan della malavita cinese che vuole vendicare la morte di suo figlio. Generica ma pericolosa, sporca e in preda ai rumori, alla violenza e ad un costante caos, la città in cui Gareth Evans ambienta Havoc è una fittizia metropoli che amplifica il senso di aggressività e sopruso che si respira per l’intera pellicola. Un luogo irrefrenabile, brutale e prevaricatore, che serve da sfondo all’altrettanta furia che il film riserva e riversa sui personaggi. Hardy si muove con sveltezza in mezzo alla sozzura con cui il personaggio ha ormai fatto i conti e, come tutti coloro che hanno deciso di mettere un punto alla propria storia, cerca di dare tutto pur di poter uscire dal giro di criminalità in cui si è trovato coinvolto. 

Ma, esattamente come il resto della pellicola, il suo Walker fatica a sganciarsi da una serie di stereotipi che vengono intervallati solo a tratti da picchi di originalità. Il protagonista, infatti, non è il solito agente che cerca soldi facili e che risolve le questioni venendo (solo) alle mani, ma una mente sveglia, fervida, che presta cura ai particolari. È ironico a modo suo, per nulla accomodante e fuoriesce leggermente dalla scrittura solita che a simili personaggi viene destinata. Così come l’azione irruente e letale che cresce sequenza dopo sequenza in Havoc, ma che sembra essersi lasciata trascinare troppo nel turbinio tumultuoso della pellicola, colpendo a volte per la sua voglia di eccedere e trasgredire, ma altre gonfiandosi al punto da risultare confusa e scombinata. La violenza ha come finalità la violenza stessa ed è una prerogativa a cui Evans ha abituato il suo pubblico. In questo connubio tra film per la piattaforma, quindi aperto potenzialmente a tutti, e l’estremizzazione del modello dell’action, Havoc si trova al confine con una storia che cerca l’effetto “wow”, ma lo lascia solo intravedere. Che mostra l’impegno e l’effettiva qualità nelle scene d’azione per cui il regista è noto, ma meno meticolose nella loro solita baraonda organizzata. Un film vicino al gusto e al lavoro di Gareth Evans, benché meno quadrato. Più riferibile alla confezione Netflix che al nome del suo autore.