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5 cose da sapere sul primo show di Louis Vuitton con Pharrell Williams

Dai riferimenti alla Virginia di Pharrell a quel motivo così simile a Minecraft

5 cose da sapere sul primo show di Louis Vuitton con Pharrell Williams Dai riferimenti alla Virginia di Pharrell a quel motivo così simile a Minecraft

Ieri sera, LVMH ha organizzato quello che è forse il più monumentale dei suoi show e che ha visto Pharrell Williams presentare la sua prima collezione per Louis Vuitton. Nel lunghissimo front row che correva per i due lati di Pont Neuf, a Parigi, erano assiepate tutte le più importanti celebrità del pianeta, il gotha dei designer di LVMH e della stampa di moda e il più imponente esercito di PR che la capitale francese abbia mai visto. La collezione è stata, da un punto di vista di design, pop e commerciale – ma d’altronde ci si poteva aspettare l’avant-garde dal brand più redditizio del mondo? C’era sicuramente una continuità con il linguaggio stabilito da Virgil, una vena fortemente americana, ma anche abbastanza variazioni da creare un’identificazione più o meno precisa con Pharrell e il suo stile. 

Nello show erano presenti comunque vari riferimenti e significati nascosti, ecco quali erano i principali.

Lo show di Louis Vuitton citava Minecraft?

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In realtà no, il multi-scale camouflage o digital camouflage è un pattern che fa parte del linguaggio della moda da molto tempo – già Raf Simons nella sua storica collezione FW02 lo impiegava per esempio. Il pattern ha una lunga storia ma furono i canadesi a impiegarlo per primi sempre nel 2002 con il nome di Canadian Disruptive Pattern. Da Louis Vuitton il pattern ha preso il nome di “Damoflage”, con chiara citazione al motivo Damier che ha dominato l’intera collezione ed era una citazione alla grafica 8-bit di Atari, realizzato per l’occasione dall’artista ET. La palette di colori ricordava molto il gameplay di Minecraft, come si diceva, ma in realtà l’uso dei pixel voleva elevare il classico motivo a scacchi creando da un lato un pattern visivamente vivace e dall’altro suggerire una digitalizzazione del motivo – la transizione del linguaggio tradizionale di Louis Vuitton nel mondo connesso dei sociali e della tecnologia.

Perché proprio il Pont Neuf?

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La location dello show, il Pont Neuf, rappresenta una connessione simbolica tra Parigi e la Virginia, lo stato natale di Pharrell Williams. Il percorso sul ponte richiama i ricordi della Princess Anne High School di Virginia Beach, un istituto fondamentale per la formazione di Pharrell, ma anche a un “percorso” giunto al culmine ora ma iniziato tempo fa per Pharrell grazie all’amicizia con Marc Jacobs e Pietro Beccari. Potremmo anche dire che il Pont Neuf, a due passi dall’hotel Cheval Blanc e dal design studio del brand, è forse la location più tipicamente parigina e monumentale a cui si poteva pensare.

Che cosa significava la scritta LVERS?

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Il logo principale che ha dominato molti dei più importanti capispalla della collezione, oltre che diversi altri capi, trasforma le iniziali di Louis Vuitton nella parola LVERS. È chiaramente  una deformazione ironica della parola “lovers”, che vuole evocare il vitaminico, allegro vibe che Pharrell ha portato nella collezione, ma anche una citazione allo stato natale di Pharrell, la Virginia, il cui slogan nazionale è precisamente Virginia is for Lovers.

Ha sfilato anche Stefano Pilati?

Sì, non vi siete sbagliati, uno dei modelli in passerella (il casting dello show ha incluso per la prima volta anche un modello plus-size oltre che top model donne come Anna Ewers e Anok Yai) era il leggendario Stefano Pilati, ex-direttore creativo di Saint Laurent e Agnona, oltre che founder di Random Identities e collaboratore, in passato, di brand come Armani, Prada, Miu Miu e Zegna. Considerato uno di quei designer sempre in anticipo sulla curva dei trend, la presenza di Pilati in passerella voleva probabilmente testimoniare la lungimiranza con cui il brand vuole operare ragionando non in termini di stagioni ma di interi decenni.

Qual è la borsa Louis Vuitton preferita di Pharrell?

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Nelle sue interviste, Pharrell è parso molto interessato a parlare del modello Speedy di Louis Vuitton, da lui reinterpretato rispettando il design originale ma eliminando la classica struttura in tela semi-rigida in favore di una costruzione in morbido cuoio che la fa diventare pieghevole e capace di flettersi e piegarsi «come farebbe con l’usura dei gesti quotidiani» e dunque rendendo la borsa sia più lussuosa, anche grazie al suo monogramma serigrafato, che più adatta all’idea di guardaroba quotidiano e alle esigenze di vita contemporanee che Pharrell ha voluto sviluppare.