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La moda secondo Jockum Hallin

Il co-founder di Our Legacy ci ha svelato i segreti del cult brand svedese

La moda secondo Jockum Hallin Il co-founder di Our Legacy ci ha svelato i segreti del cult brand svedese

La moda secondo

Co-Founder di Our Legacy

DISCOVER THE INTERVIEW
 

«La forma dei nostri capi ibridi»:
la filosofia dietro Our Legacy

Abbiamo intervistato a Milano Jockum Hallin, il co-founder del brand di culto svedese La prima volta che, anni fa, si sentì parlare di Our Legacy in Italia l’estetica del brand veniva accorpata al largo e vario filone del cosiddetto “minimalismo svedese”. E in effetti, osservando i capi del brand fondato nel 2005 da Jockum Hallin e Cristopher Nying, una certa idea di minimalismo veniva alla mente: i capi erano principalmente camicie, pantaloni e maglieria ingannevolmente semplici. Niente delle loro collezioni gridava la parola “concettualità” anche se, toccando e osservando da vicino quegli abiti, si percepiva un sottile senso dell’anarchico: lavaggi e lavorazioni del tessuto, un design essenziale ma chirurgico, una sensibilità particolare per le texture e la decostruzione, richiami a classiche silhouette vintage. Diciassette anni dopo Our Legacy è diventato un marchio di culto, uno di quei brand che gli insider della moda collezionano e custodiscono, e che soprattutto si è espanso verso nuovi orizzonti con il progetto Work Shop, che unisce lo studio creativo, l’atelier e il retail, affiancando collezioni di Our Legacy nuove e vecchie a sample, capi usati come reference, capi di upcycling insieme a oggetti di design, libri, musica e film. Il progetto, che fa capo a Jockum Hallin, è nato da una sfaccettatura di quella curiosità intellettuale di cui è infusa la mainline del brand, tanto che secondo Jockum, che abbiamo incontrato a Milano in occasione della fashion week, ci ha detto che il progetto «è particolarmente adatto al mio modo di pensare» e che in effetti funziona come una sorta di gioco mentale in cui il creativo si dà opzioni limitate per trovare soluzioni innovative ai problemi del design: «Costringere me stesso a utilizzare solo tessuti in giacenza, a riciclare cose già esistenti, mi ha costretto a lavorare "dentro gli schemi". In realtà ha posto dei limiti positivi, mi ha costretto a essere creativo ed efficiente solo con ciò che avevo davanti».

«Creiamo vestiti in cui le persone si sentono a proprio agio, senza grandi loghi o marchi, chi li conosce sa riconoscerli. È una questione di tagli perfetti, tessuti sviluppati su misura e combinazioni inattese»

JOCKUM HALLIN

Non bisogna lasciarsi confondere dall’uso della parola “mainline” riferita alle collezioni istituzionali del brand: l’esistenza di una mainline non presuppone esclusivamente anche quella di una sub-line. Work Shop è una diramazione del linguaggio complessivo del brand, una maniera di esistere che ha preso la sua peculiare forma partendo dal binomio di concept e di semplicità. «Le collezioni della mainline di Christopher hanno spesso elementi molto concettuali mentre i miei progetti per Our Legacy Work Shop partono da qualcosa che mi interessa particolarmente che viene presa e concettualizzata». Qualche esempio? «Camicie di seta dismesse tinte di vino naturale con Gabrio Bini, o tessuti californiani degli anni '90 trasformati in nuovi e freschi abiti da uomo con Stüssy». Come si può vedere, se il risultato finale sembra semplice, il concept si nasconde spesso nelle fibre stesse del prodotto, nelle maniere in cui un certo capo assume la propria apparenza. Quando gli viene domandato il perché, secondo lui, Our Legacy venga considerato un brand di culto Jockum risponde che è perché il brand «è rimasto curioso, esplorando e progredendo sempre, creando negli anni una piccola bolla dove abbiamo potuto sperimentare cose nuove […]. I riferimenti subculturali sono evidenti nelle nostre collezioni, ma non sono mai ostentati». La filosofia di base, comunque, è rimasta la medesima: «Creiamo vestiti in cui le persone si sentono a proprio agio, senza grandi loghi o marchi, chi li conosce sa riconoscerli».

Approfondendo la questione del processo creativo, Jokum definisce quello di Our Legacy come «l’impollinazione incrociata dei capi, come l'inserimento di lana leggera da suiting su giacche a vento e pantaloni da ginnastica, e l'inserimento di calze di nylon tecniche su camicie o su abiti». Una fase iniziata quando il brand era già maturo, intorno al 2013 e il 2014, anche se la vision del brand era già chiara al momento della fondazione – una vision che non è cambiata. Ecco come l’ha spiegata Jokum: «I nostri capi hanno un’estetica sottile, ma sono fatti per fare sentire bene chi li indossa. Non utilizzando i classici significanti esteriori della moda, ma attraverso tagli perfetti, tessuti sviluppati su misura, combinazioni inattese – questa è la forma dei nostri capi ibridi. Cristopher, il mio socio fondatore e direttore creativo, dedica molto tempo alla ricerca e allo sviluppo e spesso dice che inizia tutto dal tessuto». Interviene a questo punto la domanda su come si fa a mantenere viva questa ispirazione. Capita spesso infatti che un brand rimanga chiuso e definito da un proprio immaginario limitato, che ne soffoca la creatività. Ma, come ci spiega Jokum, quello di Our Legacy è un metodo più che un’estetica. Parlando di cosa continua a ispirare lui e il suo socio lui dice: «Sono sempre la nostra giovinezza e i nostri anni formativi, e ovviamente anche l'arte e la musica», anche se sono «le persone, il fatto di lavorare con persone straordinarie e diverse tra loro, può sicuramente far nascere delle idee».