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Apologia di un fenomeno orribile: ?The Horrors

Apologia di un fenomeno orribile: ?The Horrors

Apologia di un fenomeno orribile:? The Horrors
?NICHILISMO E REVIVAL
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Myspace

Non basta essere inglesi e borghesi per essere rockstar. Non basta indossare abiti super attillati (e dannatamente griffati) per finire su Vogue.
Non basta tirar su un maldestro intreccio di generi musicali, concedendo il gradino più alto al dark-punk di vent’anni fa. E la lacca non fa il monaco.

Violando clamorosamente tutte le norme che un dotto puritano amante della musica e scettico nei confronti delle next big thing sfornate ogni mese dalle riviste musicali più (un)cool d’Inghilterra potrebbe aver incorniciato vicino al proprio letto, gli Horrors si sono rivelati nel 2007 il fenomeno dell'anno. ?Avendo già scosso i primi tremori durante l’estate dell'anno precedente, la consacrazione arriva  in autunno grazie a NME. Ah, neanche un EP pubblicato in quel periodo, nulla.
Un lettore incuriosito non avrebbe potuto trovar nulla in giro circa questo fantastico fenomeno. Solo un miliardo di articoli e le loro facce inquietanti su copertine prestigiose. ?Però a guardarli bene. C’è stile. Carisma. Carattere. Vada per la fiducia.
E così fu.
Poi la volta dell’affollato myspace che aiuta i cinque ragazzi poco più che ventenni a trovare la notorietà. Beati loro.
Li ho invidiati non poco.


Le voci continuavano a girare, le copertine super dark cicciavano fuori come funghi. ?StrangeHouse. Il debutto. 2007. C’era gente che non si conteneva più, non poteva aspettare.
Io l'ho stretto nelle mani sin da subito, questo debutto che “valeva oro colato in un mare di merda”.
Dopo un paio di ascolti ho smesso di farmi ingannare dalle apparenze.
Sono giovani, belli e ricchi. Potrebbero fare i modelli. Oppure essere semplici posers a vita. Ma hanno deciso di imbracciare gli strumenti, di suonare, di catalizzare quella strafottenza adolescenziale in un sound che è come un omaggio ai loro più grandi maestri, sbeffeggiando a modo loro quell’altro fenomeno tanto in voga di questi tempi quanto impersonale, l’emo.
Allusioni dotte, sottili citazioni, uno sguardo alla corposa rabbia della cristallizzata Londra della fine degli anni Settanta. Londra bruciava al tempo.
 Duemilasette, il sound punk venne riproposto nella stessa chiave, ma pacata. Non aveva un senso preciso, non si faceva portavoce di una generazione sbandata. Non aveva la presunzione di cantare ideali repressi. Non li cercava nemmeno. Era per cazzeggio forse che gli Horrors avevano cominciato a suonare, come tutti gli adolescenti. E fu quell’approccio diretto - tutta scena - che li rese così affabili ed easy.
Al tempo, scrissi così: “...ed allora, quando si avverte sottopelle un talento che viene celato solo dall’acerba età dei musicisti, ben vengano jeans attillati da togliere il respiro, foulard di seta rigorosamente a pois, gilet a righe, cravattino stretto e scarpe Gucci. Si chiama stile.
Ed è anche un modo per attirare l’attenzione, che quando si debutta non è mai abbastanza purtroppo. Gli Horrors sono furbi, ma soprattutto bravi. Prima o poi si stancheranno di fare i pagliacci, o forse non la smetteranno mai di essere fashion, ma la certezza è quella verve che spinge come una cornata verso obiettivi più alti.

Nel 2009 esce “Primary Colours” che non a caso ho messo anche tra gli album da ricordare di quell'anno. Per un motivo in particolare.
Ho voluto premiare la scelta di stile degli Horrors che hanno avuto il coraggio di abbandonare situazioni punk-dadaiste per darsi anima e cuore al revival del postpunk che fece grandi i Joy Division e i Bauhaus.
Con il secondo album non mi aspettavo di meglio, ma mi aspettavo altro.
Ma a questo punto non saprei neanche dirvi cosa.
Cosa è successo?
Fa parte del complesso processo di maturità che sta passando la band, ormai non più un gruppo di adolescenti.
Gli Horrors nel frattempo non hanno smesso di essere furbi, non si sono stancati di fare i pagliacci e hanno raccolto in giro per il mondo un numero consistente di fan.
Il loro secondo album sarà stato difficile per loro.
Nel senso che credo sia stata una brutta botta per quella porzione di fan scalpitanti ignoranti musicalmente, che si sono trovati tra le mani un lavoro poco rumoroso ed estremamente curato, con pezzi che riescono ad arrivare fino all'ottavo minuto di vita (p.es. la meravigliosa “Sea Within A Sea”).
Evidentemente è questo il punto di forza di questa band, che ha saputo comunque trovare la forza di evolversi in qualcosa di più concreto trascinando con sé i propri fan “costretti” a un viaggio temporale che li ha portati alla scoperta di influenze tanto importanti quanto di nicchia.
Cosa serberà il futuro a questi cinque ragazzi, lo sapremo solo vivendo.
Aspetteremo che il filone revival post-punk si esaurisca per vedere cosa trascinerà verrà trascinato via.
Ma in loro ci credo parecchio, e non chiedetemi perché.
Non potrò mai dimenticare quel live al Circolo degli Artisti di Roma, nel 2007, con gli Horrors che esordirono con  No Love Lost nel delirio generale, con la passione che infiammava quei volti truccati, come una freccia in pieno petto che toglie l’ultimo respiro violentemente, e mi  fece morire dolcemente.
Non so quanti abbiano nella folla capito di cosa si stesse parlando, ma io ho cantato più forte che potevo, e non avrei potuto fare altrimenti.  ?Chi li ama li segua.