
Perché le collaborazioni di Chanel si chiamano “conversazioni” Una scelta linguistica che riflette una filosofia intera
Nella moda, Chanel non è un brand come gli altri. Riverito e antico, il brand si emerge come un enorme monolite in un panorama di brand riuniti in gruppi industriali, portfoli, azionisti. Crucialmente, Chanel non è un brand che fa le cose come gli altri: dalle sfilate speciali Métiers d'Art alla decisione di non avere un e-commerce, il brand ha sempre seguito con caparbietà e sicurezza la propria strada. Anche quando sia parla di collaborazioni. Durante il celebrato debutto di Blazy alla guida della Maison, infatti, sono state presentate delle camicie co-create insieme al leggendario camiciaio parigino Charvet. Camicie che però non erano frutto di una collaborazione ma di una “conversazione”. Ma come mai è stato scelto proprio questo termine per presentarle?
Quello di Chanel sè un atto linguistico profondamente strategico che non può passare inosservato in un’epoca di erosione linguistica. L’idea di Blazy non è quella di una semplice collaborazione commerciale, ma un modo per onorare e reinterpretare quei codici profondi di lusso e artigianalità che costituiscono la storia della Maison. La moda però è un linguaggio fatto di interpretazioni e il lusso più di ogni altro prospera proprio di ciò che non viene detto. Chi non sa leggere resta fuori, non per mancanza di gusto, ma perché non possiede gli strumenti per coglierne il significato.
Il debutto di Matthieu Blazy con Chanel
Quando Matthieu Blazy ha iniziato a lavorare sulla sua visione per Chanel, si è trovato di fronte a un’eredità immensa: più di cento anni di storia, codici e immagini che costituiscono l’essenza stessa del brand. Durante la sua ricerca ha scoperto che Gabrielle amava indossare camicie da uomo, le stesse camicie appartenute a Arthur “Boy” Capel, suo grande amore, che lei sottraeva dal suo guardaroba personale.
Blazy comprende il non detto, questo gesto carico di significato racchiudeva il desiderio di Gabrielle di appropriarsi della sua mascolinità come simbolo di libertà. Matthieu lo ha tradotto in una collezione che non si limita a evocare il passato, ma lo reinterpreta in chiave contemporanea. Durante l’ultima Paris Fashion Week, quelle camicie sono tornate a vivere sulla passerella, simbolo di eleganza maschile e libertà femminile. Matthieu Blazy ha saputo interpretare. Gli altri fanno collaborazioni. Chanel no.
Come Chanel e Charvet definiscono il lusso
@mrultrasensitive André Leon Talleys visit to Charvet in deleted scene of The September Issue #fyp #andreleontalley #theseptemberissue #karllagerfeld #annawintour #fashion original sound - mrultrasensitive
Charvet, storica camiceria parigina di Place Vendôme fondata nel 1838, è l’emblema dell’eleganza maschile borghese francese: a oggi il brand produce esclusivamente camicie, cravatte e pochette e pantofole da casa. È il luogo dove gli uomini di cultura scelgono di farsi confezionare camicie su misura. Charvet rappresaenta ancora oggi il mestiere trasmesso di generazione in generazione, l’artigianato nel senso più autentico del termine. Il suo lusso si esprime attraverso il concetto di indipendenza.
Oggi quasi tutte le maison storiche sono state acquisite, integrate in conglomerati o trasformate in asset finanziario, Charvet resta una proprietà familiare. Non risponde a investitori, non corre dietro alle logiche della visibilità moderna. Fa ciò che ha sempre fatto, camicie su misura, con una discrezione che è allo stesso tempo dichiarazione di potere. Chanel interpreta il lusso attraverso un’altra dimensione. Per la Maison, lusso significa capire il tempo, preservare l’identità pur dialogando con il contemporaneo. È un linguaggio espresso attraverso dettagli sottili e impercettibili.
Charvet e Chanel dunque rappresentano due pianeti dell’universo moda, connessi attraverso la medesima vocazione all’eccellenza ma diversi per scopi e ambizioni. Charvet vive nel mondo maschile, ancorato alla tradizione, che trova la propria forza nel non cambiare mai. Chanel incarna la femminilità come evoluzione, come capacità di trasformarsi restando fedele alla propria essenza.
Cosa significa collaborazione?
A$AP Rocky wearing Chanel x Charvet pic.twitter.com/mINl0uDfU8
— (@awgecentral) October 31, 2025
Nel linguaggio contemporaneo “collaborazione” è sinonimo di accordo commerciale. Due brand si incontrano, sommano visibilità, fondono audience, creano un prodotto in edizione limitata, generano attesa, hype, viralità. Ma la parola "collaborazione" oggi è consumata dal suo utilizzo. La cultura streetwear, le capsule collection e le partnership “limited edition” l’hanno svuotata di senso. È diventata sinonimo di fusione superficiale, di contaminazione estetica senza profondità. Oggi “collaborare” non significa più costruire insieme un significato, ma capitalizzare un’attenzione momentanea. È questione di percezione e il branding si basa su questo.
Se Chanel avesse definito quella con Charvet una “collaborazione”, il messaggio implicito sarebbe stato profondamente diverso. Avrebbe suggerito che Charvet si piega alle logiche del mercato, accettando di contaminare la propria identità sartoriale per adattarsi al linguaggio della moda globale. E paradossalmente avrebbe perso proprio ciò a cui stava cercando di accedere Chanel, la credibilità di custode di un lusso libero da logiche commerciali.
E allora perché "conversazione"?
Una conversazione per definizione richiede due voci autonome. Durante una conversazione genuina, nessuno scende di grado e entrambe si lasciano cambiare dal confronto. L’immagine diventa ancora più potente quando queste voci parlano maschile e femminile, due linguaggi che si incontrano senza annullarsi. Quando Blazy propone una "conversazione" con Charvet, sta cercando di riattivare una memoria storica. È un dialogo iniziato un secolo fa e che continua oggi attraverso la visione di Blazy.
In una conversazione, Charvet rimane Charvet. Chanel rimane Chanel. Quello che emerge dal dialogo non è un compromesso tra i due mondi, è il significato che nasce dalla conversazione simbolica, una camicia che non appartiene solo a Charvet, ma diventa il veicolo attraverso cui Chanel racconta la propria storia d'amore, il proprio desiderio di libertà, la propria fedeltà a un gesto di trasgressione. Dal punto di vista del branding, la conversazione avvicina entrambi i brand al territorio della cultura piuttosto che a quello del business. Se fosse stata una collaborazione, il valore sarebbe stato misurato in termini commerciali. Una conversazione invece si muove su un registro completamente diverso. Il suo valore non si misura in vendite, ma in significato.
Quando Chanel e Charvet conversano, non stanno facendo affari. Stanno partecipando a un discorso culturale sulla natura del lusso, sulla memoria, sulla femminilità che dialoga con la mascolinità. Entrambi i brand escono da questa conversazione non più ricchi economicamente, ma culturalmente nobilitati, portando con sé l’eco dell’artigianato più puro. L’etichetta “tissuet technique Charvet” è il simbolo della maestria sartoriale di Charvet e della ricerca di eccezionalità senza compromessi di Chanel. Un dettaglio che racchiude tradizione, tecnica, e rende tangibile il dialogo tra i due mondi.
La strategia linguistica di Chanel
@chanelofficial This is a universe, the Universe of CHANEL. Beyond space and time, a conversation unfolds between CHANEL’s Artistic Director of Fashion Activities Matthieu Blazy and Gabrielle Chanel. An idea of the future from the past is found in the House’s fundamentals: tweed, jersey and silk; the architecture of the CHANEL suit laid bare; jewellery, so intrinsic to CHANEL, is loaded and treasured. Above all, there is an idea of freedom, of a silhouette in motion. The idea of not just one CHANEL woman, but rather, of CHANEL women. CHANEL Spring Summer 2026 collection. Matthieu Blazy for CHANEL. See more at chanel.com #CHANELSpringSummer #CHANELShow son original - ChanelOfficial
Chanel è estremamente attenta al proprio linguaggio e alla gestione del brand. Quando la maison si unisce a altre entità, privilegia il termine "conversation" o “dialogue”, e queste occasioni sono quasi sempre di natura culturale o artistica (mostre, podcast, sfilate tematiche) piuttosto che capsule commerciali. E non si tratta solo di semantica, mentre Arnault, Pinault e Prada costruiscono musei proprietari (Fondation Louis Vuitton, Palazzo Grassi, Fondazione Prada), Chanel fa l'opposto. Dal 2021, il Chanel Culture Fund ha creato partnership con oltre 50 istituzioni culturali in 15 paesi, senza aprire un singolo museo proprio.
La maison ha realizzato una serie di podcast intitolata Cambon Podcasts (dal nome della celebre Rue Cambon dove risiede la maison) dove conduce "conversazioni" con autrici, artiste e figure culturali di rilievo. Anche qui il termine utilizzato è "conversation", è un dialogo, uno scambio intellettuale, non una collaborazione commerciale. Utilizzando la parola "conversation", Chanel non sta semplicemente rifiutando la parola "collaboration", sta rifiutando un intero modello di relazione.













































