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Povere Creature! e la liberazione attraverso gli abiti

Quando un abito racconta una storia

 Povere Creature! e la liberazione attraverso gli abiti Quando un abito racconta una storia

In Povere Creature!, la costumista Holly Waddington ha dato prova di quanto un costume possa contribuire all’immediatezza di una storia. Una designer che ha già lasciato la propria firma su film e serie storici di successo come The Great e Lady Macbeth, nel nuovo film di Yorgos Lanthimos ha tradotto in colori e silhouette l’arco narrativo della protagonista facendo uso dei codici stilistici vittoriani, ma senza badare a fili cronologici. Dall’arte di Egon Schiele che ha ispirato i suoi capelli ai design futuristici di Courréges, l’immagine di Bella Baxter (Emma Stone) è stata suddivisa in diversi atti, ripercorrendo ogni suo più incisivo cambiamento. 

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Povere Creature! è un film sci-fi comico ambientato a fine ‘800, che riecheggia i temi di Frankestein affiancati alla liberazione sessuale e politica delle donne. Al centro della “favola”, la vita di una donna che, dopo aver tentato il suicidio, viene riportata in vita da uno strambo Dr. Godwin Baxter (Willem Dafoe), che sostituisce il suo cervello con quello del bambino che aveva in grembo. Come suggerisce questa breve descrizione, nelle prime pagine il pubblico vede Bella per quello che è: un'infante. Camicie da notte e abiti baby doll bianchi la avvolgono mentre corre per le stanze della casa in cui cresce, a Londra, e poi un bustle cage indossato a mo’ di coda da sirena coglie il lato giocoso delle silhouette del tempo. Ha spesso le gambe scoperte, i piedi nudi e i lunghi capelli sciolti o intrecciati. Inizialmente un film in bianco e nero, il pubblico conosce il colore solo quando la protagonista arriva a Lisbona, dove scopre la libertà e il sesso e comincia un susseguirsi di colori accesi. Senza la governante che le ricorda quali abiti indossare, Bella lascia l’albergo in pantaloncini giallo canarino e una camicetta bianca con volant per girare la città. Come racconta Waddington in un’intervista, gli stivaletti bianchi alla caviglia che indossa in queste scene prendono ispirazione dall’estetica space-age portata alla ribalta da Courrèges negli anni ’60, mentre il top e gli shorts erano comunemente conosciuti come “pezzi modestia” in epoca vittoriana, o articoli di abbigliamento che andavano aggiunti al resto dell’outfit per coprire la pelle scoperta - al tempo, anche fare intravedere una caviglia era provocazione. I look portoghesi di Bella riflettono la sua gioventù, un periodo di esplorazione dell’io che però si scontra con le prime imposizioni sociali. L’amante Duncan Wedderburn comincia a lamentare il suo spirito di intraprendenza e la sua mancanza di “buone maniere”, e così al ristorante, per la prima volta a cena in compagnia di persone nuove, Bella appare vestita del giallo più luminoso di tutto il film, in un abito con due grossi fiocchi sulla schiena che però la sovrasta completamente. 

Sulla nave per la Grecia l’armadio e la storia di Bella subiscono un grosso alt emotivo; nel primo momento in cui si scontra con la realtà, con la povertà nel mondo e con le ingiustizie, tornano gli abiti bianchi della sua infanzia, anche se questa volta prendono la forma di una mise da donna della buona società. Stesa sul letto della sua camera, con lo sguardo basito, la ritroviamo immobile, avvolta nuovamente in un barlume di innocenza, finché il supporto di una donna più matura e del suo amico non le fanno scoprire i libri, la filosofia e il pensiero critico. In questo momento, il pubblico assiste ad un passaggio decisivo del suo carattere, alla trasformazione da giovane ragazza, vittima delle sfide che la vita le presenta e dell'uomo che la vuole per sé, a donna formata ed educata. I vestiti cambiano con lei, crescono e maturano di pari passo anche se a Parigi, come vedremo, passa quasi tanto tempo nuda quanto vestita. Con l’arrivo nella capitale francese e la rottura da Wedderburn, Bella decide di iniziare a lavorare in un bordello. Un omaggio al corpo femminile, ai suoi colori e alle sue forme, nelle scene che raccontano la carriera di prostituta di Bella i suoi abiti sono tinti color pastello, rosa chiaro e trasparenze. Creando uno scontro anacronistico tra tessuto e forma tramite l’aggiunta del latex, per la realizzazione dell’impermeabile giallo Waddington ha guardato ai profilattici dell’età vittoriana, un dettaglio che aggiunge un pizzico di ironia ad un capitolo voltapagina della trama del film. 

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I look che indossa Emma Stone nei panni di Bella non prendono mai sul serio le regole del costume vittoriano. Persino l’uniforme che indossa agli incontri con i gruppi socialisti e a scuola di medicina, un cappotto scuro con maniche a palloncino sopra a stivali neri con tacco a rocchetto, le lascia le gambe scoperte. L’unica volta in cui la vediamo in quelli che potrebbero sembrare abiti tradizionali è quando è ancora Victoria, sull’orlo del precipizio che l’avrebbe portata alla morte, e nella casa dell’ex marito, quanto viene brevemente rapita. Dall’inizio alla fine del film, i costumi della designer Waddington seguono i risvolti emotivi e cognitivi di Bella, prendendo spunto sia dai colori del set, sia dalla tenacia e dall’intelligenza della protagonista. I design della costumista hanno portato in scena uno storytelling energico, che ha avuto una parte attiva nella narrazione di Lanthimos. In Povere Creature!, i vestiti comunicano al pubblico tanto quanto la sceneggiatura, l’ulteriore prova che, nella vita e sullo schermo, la liberazione delle donne passa per la mente tanto quanto per il corpo.