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Quanti look deve avere la sfilata perfetta?

Il dono della sinstesi è importante anche nella moda

Quanti look deve avere la sfilata perfetta? Il dono della sinstesi è importante anche nella moda
Fotografo
Eseniya Araslanova

In media una sfilata parte della Settimana della Moda dura circa quindici minuti, il tempo necessario al designer e al suo team di presentare il lavoro svolto nei mesi precedenti allo show, portando in passerella tutti i look creati per l’occasione. Ma quanti sono solitamente i look presentati durante una sfilata? Ma soprattutto, possiamo dire che “sono troppi”? Solamente qualche settimana fa, Matthieu Blazy ha incantato la Milan Fashion Week con il suo terzo show da quando è alla direzione creativa di Bottega Veneta portando sulla passerella un totale di 81 look, il numero più alto da quando è salito al comando del brand.

Prima di allora, rispettivamente per la Spring 2023 e per la Fall 2022, il designer francese aveva mostrato 72 e 69 look, decisamente più del suo precedessore Daniel Lee, che solo una volta aveva superato i sessanta look. Lo stesso Lee non ha superato i 55 look nel suo esordio da Burberry durante la London Fashion Week, lì dove Riccardo Tisci aveva alternato collezioni da poco oltre 50 look ad altre monstre, come quella d’esordio a settembre 2018 in cui il designer italiano portò in passerella circa 135 look.

Qualcuno la chiamerà visione artistica, altri sequestro di persona, fatto sta che la discussione sul numero di look parte di uno show torna sempre d’attualità dopo ogni fashion month. In un mondo della moda che produce capi che molto spesso rimango invenduti, anche la sintesi può essere un dono per un designer nel momento in cui è chiamato a dare vita alla sua, o alla loro, visione. Plurale d’obbligo nel momento in cui un brand sceglie di affidare Menswear e Womenswear a due designer differenti, non necessariamente d’accordo sul numero di look da far sfilare durante il proprio show. Maria Grazia Chiuri e Kim Jones sono un esempio perfetto: la designer romana non è mai scesa sotto gli 80 look (fatta eccezione per il periodo pandemico), mentre Jones ha mantenuto una media di circa 55 look con Dior Men.

Una media quasi perfetta che l’ex Louis Vuitton mantiene anche con Fendi, le cui collezioni Womenswear non superano mai i 60 look, andando così di pari passo al Menswear di Silvia Venturini. Lo stesso non si può dire di Louis Vuitton, dove Nicolas Ghesquière si conferma campione assoluto della sintesi con circa 45 look a sfilata nelle collezioni femminili, mentre in quelle maschili, prima Virgil Abloh e poi il team che ha preso le redini del brand, ha sempre alternato show con oltre 100 look ad altri decisamente più contenuti, come quello d’esordio del founder di Off-White™ che vide sfilare 56 look. Il periodo pandemico ha ovviamente avuto un impatto sull’approccio alle collezioni dei brand, portando i designer in alcuni casi a ridurre il numero di look da mostrare durante quelle che erano spesso delle presentazioni digitali prive dell’appeal di uno show fisico.

Da Balenciaga Demna è passato dai 105 look della Fall 2020 ai 59 della Spring 2021, passando per i 41 della Resort 2021. Lo stesso ha fatto Pierpaolo Piccioli da Valentino dove la media di quasi 90 look a sfilata è scesa nel momento delle sfilate digitali. Da Diesel, invece, Glenn Martens può vantare una media quasi perfetta, che va dagli 80 look della stagione Spring 2022 ai 70 di quella successiva, per poi salire per arrivare ai 72 della Fall 2023 vista poco tempo fa a Milano. Rimanendo nella città meneghina, Dolce&Gabbana si attesta come uno dei brand con la media più alta (135 look in uno show digitale non è da tutti), mentre le nuove leve Rhuigi Villaseñor e Maximilian Davis non hanno mai superato rispettivamente 47 e 68 look con Bally e Ferragamo. Ma uno show eccessivamente prolisso può davvero avere un impatto negativo sulla percezione di critica e buyer?

«Il segreto consiste nel curare l'equilibrio ottimale tra creatività e narrazione» ci ha detto Manuel Marelli, Head of creative and buying di MACONDO. «Bisogna tenere sotto controllo il volume di una collezione. In questo ambito è centrale decidere quali sono gli articoli che riescono a rappresentare l'intera collezione e a riassumerla sotto tutti i diversi aspetti.» La lunghezza di uno show, quindi, non sembra essere un problema per un buyer, che cerca piuttosto la coesione all'interno della collezione, breve o meno che sia. A fare la differenza, secondo Marelli, sono «il contenuto, l'essenza e il capo stesso» mentre il volume è indicativo del concetto che c'è alla base: «Le collezioni con un volume inferiore di stili e articoli sono per lo più più focalizzate e concentrate sul concetto rispetto alle collezioni con una grande quantità di articoli. In fin dei conti, varia in base a molteplici aspetti. Concetti diversi necessitano di volumi diversi.» La lunghezza di uno show quindi, così come il numero di look presenti, sono la traduzione su passerella della visione del direttore creativo, libero di decidere se rappresentarla con quaranta o con cento look. Starà a noi, alla fine, decidere se sono troppi o troppo pochi.