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Che cosa significa davvero la vendita di Versace

Abbiamo fatto un po' di ordine per spiegarvi l'affare più discusso degli ultimi anni

Che cosa significa davvero la vendita di Versace Abbiamo fatto un po' di ordine per spiegarvi l'affare più discusso degli ultimi anni

L’annuncio di qualche giorno fa della vendita di Versace alla holding americana Michael Kors ha scatenato una serie infinita di reazioni, commenti e speculazioni, riguardanti soprattutto quello che sarà il futuro del brand. Micheal Kors disegna e produce prodotti, ready-to-wear e accessori, che vorrebbe fossero considerati luxury, viene quindi da chiedersi se ora sarà in grado di gestire un marchio del lusso al 100% come Versace, o se invece ne causerà il declino.

Noi di nss magazine abbiamo cercato di approfondire l’argomento, interpellando anche esperti di moda che ci hanno fornito le loro opinioni, per aiutarci a capire quali saranno le conseguenze, positive o negative, di questa vendita. 

I Fatti

Procediamo con ordine. Michael Kors ha acquistato Versace per 2.1 miliardi di dollari (per la cronaca, nessun investitore italiano ha avanzato alcuna offerta).

“Nell’ultimo anno Versace è stata avvicinata da molte persone. Francesi, americani… ma nessun italiano. Non siamo stati noi a rifiutarci di entrare a far parte di una compagnia italiana.”
Donatella Versace

Donatella Versace dirige l’azienda dal 1997, dopo la prematura morte del fratello Gianni, ed è tuttora il direttore creativo del brand. La famiglia Versace, con il fratello Santo e la figlia Allegra, possedeva in precedenza l'80% del brand, dopo che il 20% era stato venduto nel 2014 al Blackstone Group LP. Micheal Kors è il direttore creativo capo da Kors, ma la holding verrà rinominata Capri Holdings Ltd dopo l’affare. L’acquisto di Versace permetterà a Micheal Kors di imporsi come competitor a tutti gli effetti dei colossi del lusso francesi, gruppi come LVMH e Kering che, tra le altre cose, possiedono molti dei marchi più importanti del settore. LVHM, ad esempio, controlla Louis Vuitton, Christian Dior, Fendi, Givenchy, Kenzo e Celine, mentre Kering conta Gucci, Balenciaga, Saint Laurent e Alexander McQueen tra le sue fila.

Cosa significa

Da un punto di vista pratico la vendita significa che Versace sarà più facilmente reperibile, il piano generale è guadagnare di più. Micheal Kors prevede di aumentare il numero di store Versace in tutto il mondo, facendo diventare i 200 attuali 300, e di duplicare il giro di affari portandolo a 2 miliardi di dollari. Per fare questo si punterà molto sulle linee di calzature e accessori, seguendo il piano già avviato di aprirsi ad un pubblico sempre più giovane, soprattutto grazie alla collezione di sneaker. Questo è un progetto che è già stato adottato in precedenza da altri giganti del lusso. Gucci, ad esempio, non ottieni i profitti maggiori dalle giacche che costano migliaia di euro, i prodotti che vendono di più, infatti, sono borse e accessori, perché sono più abbordabili. John D Idol, chairman e chief executive delle Capri Holdings, è pronto a zittire tutti coloro che ritengono che Versace diventerà un marchio generalmente più accessibile, proprio come lo stesso Micheal Kors.

“Stiamo andando nella direzione opposta, vogliamo raggiungere una fascia sempre più alta, non verranno concesse ulteriori licenze. Ci concentreremo principalmente sulla prima linea di Versace – la componente predominante del business comunque -, concentreremo tutte le nostre forze lì. La compagnia ha un potenziale enorme, considerando anche gli altri marchi italiani del lusso, al momento è sottosviluppata.”
John D Idol

Sui rumour riguardanti il fatto che la vendita priverà l’Italia di molti posti di lavoro, Donatella ha commentato:

“Creeremo nuovi posti di lavoro, sarà uno stimolo per la crescita economica di tutti i territori nei quali lavoriamo” ha dichiarato al Sole 24 Ore.

Abbiamo chiesto a Roberta Lomuscio, senior consultant per la società di consulenze di moda Tomorrow Ltd di darci la sua opinione.

“L’Italia è sempre stato un Paese dalla grande capacità intellettuale. L’origine della nostra cultura è strettamente collegata ai nostri grandi pensatori. A parte in alcuni casi eccezionali, non siamo mai stati imprenditori capaci di conquistare il mercato globale. Per questa ragione non credo sia un problema se brand italiani vengono acquisiti da compagnie straniere, soprattutto se in questo modo hanno la possibilità di crescere ulteriormente, nonostante siano già ben consolidate a livello mondiale. Il mio interesse principale, e contributo più importante del settore, è la nostra abilità di continuare a generare nuovi movimenti culturali, che danno vita a brand italiani che guardano al futuro. Spesso rimaniamo troppo ancorati al nostro glorioso passato, mentre le nostre energie dovrebbero essere indirizzate verso la creazione e la crescita di nuovi marchi italiani con un futuro interessante.”

Conclusioni

Sotto molti aspetti la vendita si tradurrà in una messa a punto di Versace, che avrà alle spalle un capitale maggiore, una maggiore disponibilità legata alla rinnovata attenzione alla rete di retail ed e-commerce e trarrà grandi benefici dalle ultime tecnologie a disposizione all’interno della holding. I nuovi introiti, seguendo la decisione di non aumentare i prezzi, daranno la possibilità di creare nuovi prodotti, sempre migliori. La spinta progressivamente maggiore su accessori e sneaker, con le creazioni di Salehe Bembury o le collaborazioni ‘street’ come quella recente con KITH, potrebbe essere il preludio di un periodo molto interessante. Non sarà un percorso facile, come tutti i grandi marchi Versace dovrà decidere se adattarsi o se morire lentamente, e Versace ha chiaramente dimostrato la sua intenzione di continuare ad evolversi.