
La Cruise 2026 di Louis Vuitton è un cocktail esplosivo che non siamo sicuri di poter digerire La maison ha mescolato estetica medievale, fantascienza e folklore antico in una collezione ambiziosa ma confusa
Ieri sera, mentre il sole tramontava lentamente sulla città di Avignone, iniziava una scena ben diversa da quella cantata nella filastrocca sulla città dei papi che ha cullato le infanzie francesi. Lontano dalle passerelle della Fashion Week di Parigi e dalle sale del Louvre, dove è solita sfilare, la maison Louis Vuitton ha scelto Avignone per presentare la sua collezione Resort 2026. Ignorando i manifestanti dell’associazione Attac, che protestavano giovedì sera contro lo svolgimento della sfilata nella Cour d’Honneur del Palazzo dei Papi - privatizzata per l’occasione - Nicolas Ghesquière ha svelato al piccolo mondo della moda una collezione sorprendente, ma non necessariamente in senso positivo.
Tutto ebbe inizio negli anni 2000, quando Nicolas Ghesquière visitò il Palazzo dei Papi, situato in questa piccola città del sud della Francia, in occasione di una mostra sul tema del millennio. Bastarono pochi istanti perché questo edificio storico del XIV secolo - la più grande struttura medievale d’Europa, un tempo sede del cristianesimo occidentale e oggi celebre per la sua iscrizione al patrimonio mondiale dell’UNESCO - conquistasse il cuore del direttore creativo del womenswear di Louis Vuitton. Due decenni dopo, è quindi naturale che Ghesquière abbia scelto questo luogo ricco di magia, religione e storia per presentare la sua collezione Crociera 2026. Una collezione segnata da un forte patrimonio religioso e storico, sì, ma anche da numerose influenze che ci fanno pensare che forse questo mix sia andato un po’ troppo oltre.
Composta da 45 look, la collezione si presenta come un cocktail esplosivo di influenze ed estetiche, che, più che farci girare la testa, rischia di lasciarci una potente sbornia. Il primo outfit offre un bouquet di materiali, colori, motivi ed estetiche diversi tra loro. Dal futuristico argento ai toni terrosi, dai tessuti glitterati alle pelli colorate, dai disegni che evocano sia i popoli nativi americani che l'antico Egitto, passando per il pied-de-poule e i sandali aperti in punta, che sembrano usciti direttamente dalla Roma antica, la collezione finisce per farci perdere la bussola. Sebbene il lavoro artigianale sia indubbiamente notevole, l’insieme ci porta dal passato remoto a un futuro ipotetico, tanto da farci perdere l’orientamento spazio-temporale. L’unica cosa che sappiamo è che vorremmo uscirne.
Sebbene la collezione sia composta quasi esclusivamente da abiti e gonne, con solo 4 pantaloni su 45 look, è difficile credere che sia stata pensata in ottica crociera. L’uso di materiali come pelliccia, lana o camoscio appare alquanto ambiguo; la simbologia rimane vaga, e il racconto, confuso. Se l’idea di attingere all’estetica medievale e alla sua ricchezza storica è interessante - soprattutto considerando il luogo della sfilata - è chiaro che l’esecuzione non ne è all’altezza. Speriamo che Pharrell Williams, atteso a presentare la sua collezione SS26 per Louis Vuitton durante la Fashion Week maschile di Parigi a giugno, riesca a riportare il brand in questo secolo.


























































































