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Quali sono i prossimi passi nella strategia di Gucci?

Dagli investimenti sui classici al potenziamento del menswear

Quali sono i prossimi passi nella strategia di Gucci? Dagli investimenti sui classici al potenziamento del menswear

I brand, proprio come le persone, devono crescere ed evolversi con il tempo, trovare nuove cose da dire, nuove maniere in cui esprimersi. Nella moda l’equilibrio è ancora più difficile: in un’industria in cui l’equazione tra novità e tradizione viene ancora trattata come sorta di formula alchemica non ci si può certo riposare gli allori – anche per i top player come Gucci. Il brand diretto da Alessandro Michele è in cima alla catena alimentare della moda praticamente dalla sua fondazione, gli scandali e le crisi degli anni ’80 e ’90 sono soltanto un remoto ricordo e i suoi spettacolari show generano milioni di euro in media value – 18,8 milioni di euro soltanto durante l’ultima Milan Fashion Week. Non di meno, anche le strategie dei brand devono rimanere al passo coi tempi e quella di Gucci sembrerebbe essere in fase di aggiornamento, con l’obiettivo di portare il brand a quella crescita tumultuosa ed esponenziale di cui aveva goduto tra il 2016 e il 2018. Se infatti Louis Vuitton o Hermès hanno mantenuto e accelerato i propri ritmi (del 24% nel terzo trimestre per Hermès, ad esempio) l’effetto del lockdown continua a pesare su Gucci le cui revenue sono cresciute del 9% nel terzo trimestre del 2022 con un punto percentuale in meno rispetto a quello previsto dagli analisti. «In un contesto sempre più complesso» aveva commentato François-Henri Pinault, «manteniamo la flessibilità necessaria per sostenere la nostra redditività e sostenere i nostri investimenti nelle prospettive a lungo termine di tutte le nostre case, Gucci in primis». Per rispondere a questo rallentamento delle vendite il brand ha adottato diverse strategie: dall’espansione nel mercato USA all’investimento in categorie e prodotti più classici e tradizionali, passando per un nuovo direttore per dedicato al mercato cinese del brand e a un rafforzamento del menswear.

Dei molti investimenti fatti da Gucci, il più importante è sicuramente quello nei valori della classicità. Dopo le campagne di Exquisite Gucci ispirata ai film di Kubrick e a quella per il terzo capitolo della collaborazione con The North Face, infatti, le campagne del brand appaiono più semplificate: dagli scatti per Vogue firmati Joshua Woods e concentrati sulla sartoria e sulle nuove borse matelassè e alla recente serie di content ispirati alla poesia di Wu Ang di nome Mind Travellers, fino alle campagne con protagonisti rassicuranti divi Hollywoodiani come Ryan Gosling, Jessica Chastain o Idris Elba, alla serie di scatti dedicati alle borse co-creati con Dazed e all’ultima campagna di Gucci HA HA HA con Harry Styles, il caleidoscopio di colori e loghi del brand sembra retrocesso in favore di un'estetica meno chiassosa e appariscente. L’usuale locura a cui il brand ci aveva abituato però non è scomparsa – e specialmente grazie a collaborazioni-evento come quella con Palace e al lancio della campagna Gucci Pet. Il focus sono specialmente le borse e la sartoria, con una intensificazione della spinta su categorie iper-lussuose come alta gioielleria, profumeria extra-lusso, valigie e orologi. Nel frattempo, come scrive BoF citando l'analista Piral Dadhania di RBC Capital Markets, «il numero di articoli con prezzi superiori a 2.500 sterline (2.830 dollari) è raddoppiato rispetto all'anno precedente. Il numero di borse con un prezzo inferiore a 1.500 sterline è sceso del 30%, segnando un allontanamento dall'assortimento di bestseller pre-pandemia di Gucci, che presentava articoli come la crossbody Soho Disco (che allora costava 1.190 dollari)». Tutti questi servizi personalizzati, iper-lussuosi e simili alla couture servono non solo a elevare l’immagine del brand, ampliandone l’appeal, confermandone lo status e, di riflesso, alimentando le vendite delle categorie più commerciali e ottenibili.

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A un livello più profondo, il brand intende poi rafforzare la proposta di menswear abbandonando il format dei due show annuali annunciato durante la pandemia e tornando al calendario dei cinque show: due per la donna, due per l’uomo e uno show Cruise che continuerà a essere misto. Durante il recente Milano Global Fashion Summit, il CEO Marco Bizzarri ha commentato la decisione: «Siamo rimasti fedeli a due sfilate all'anno, ma insieme ad Alessandro abbiamo deciso di dare maggiore enfasi all'abbigliamento maschile, dopo aver tenuto sfilate co-ed per diverse stagioni». Il trend della differenziazione tra collezioni maschili e femminili in realtà coinvolge moltissimi dei principali brand di moda odierni e corrisponde in generale a un desiderio di tutta l’industria di dare al menswear una propria dimensione specifica. In una occasione separata, discutendo sul tema della separazione degli show, Carlo Capasa del CNMI ha detto che «l'abbigliamento maschile è una parte essenziale dell’industria e mostrarlo separatamente significa riportarlo sotto i riflettori, evitando il rischio che l'abbigliamento femminile ne fagociti l'identità». Sempre per ottimizzare la performance, poi, un numero di nuove figure ha assunto diversi ruoli manageriali: dall’arrivo di Maria Cristina Lomanto alla doppia posizione di Executive Vice President & Brand General Manager, passando per la nomina a Studio Director affidata a un senior designer non meglio specificato e fino alla nomina a nuovo presidente della divisione cinese di Laurent Cathala, che avrà il delicato compito di costruire un business network più localizzato. Sempre in Cina, poi, il dipartimento di orologi e gioielleria passerà sotto il management diretto degli headquarter di Milano in un tentativo di rafforzare la categoria mentre il brand sta moltiplicando i negozi in America cavalcando la sua popolarità in quel mercato.