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La collezione di Teddy Santis per New Balance è identica a Aimè Leon Dore

Ma tra i due brand, che hanno anche collaborato, qual è il più autentico?

La collezione di Teddy Santis per New Balance è identica a Aimè Leon Dore Ma tra i due brand, che hanno anche collaborato, qual è il più autentico?

New Balance ha presentato oggi il lookbook della prima collezione creata sotto la tenure di direttore creativo di Teddy Santis, chiamato dal brand nell’aprile 2021 a dirigere la linea Made in USA. Gli headliner della nuova collezione sono  i modelli 990v1, 990v2 e 990v3 reinterpretati da Santis in una serie di collezioni limitate che saranno presentate a partire da questo mese. Alle sneaker vere e proprie, si aggiungono anche prodotti di abbigliamento che vogliono raccontare l’heritage di New Balance reinterpretando l’idea di classici americani (il CMO di New Balance ha detto che il ruolo di Santis consisteva nell’«aiutare a preservare la storia di Made [in USA]») suddividendosi in tre macro-aree: Elevated Legacy, che usa i colori-simbolo del brand; Uniform Staple per designare la linea di essential; e Quickstrike per i prodotti più orientati alla performance. Ciò che salta subito all’occhio, comunque, è che il lookbook della nuova collezione è praticamente identico a un lookbook di Aimè Leon Dore (morbidi drappeggi di French Terry, toni neutri con botte di colore, pesanti maglioni e cappotti dall’area vintage, gli onnipresenti berretti a coste) tanto che la stessa estetica del brand newyorchese pare prelevata di peso e portata nel nuovo brand.

Era già capitato, in parte, con Virgil Abloh che aveva portato da Louis Vuitton molti dei codici che avevano reso di enorme successo tanto Off-White™ che le sue collaborazioni con Nike. Era già capitato con Matthew Williams che ha sostanzialmente proseguito attraverso Givenchy quel percorso di ricerca e sviluppo di un linguaggio estetico iniziato con 1017 Alyx 9SM. Capitava già da anni con Hedi Slimane, designer la cui estetica è così riconoscibile e di successo da poter essere innestata su diversi brand rimanendo sempre la “sua”. In ogni caso, questo rimane il primo caso in cui un brand più grande collabora con un brand più piccolo e la collaborazione ottiene un successo così stratosferico da rivoluzionarne l’intera percezione presso il pubblico, arrivando al punto estremo del takeover creativo, in cui il direttore del piccolo brand finisce per conquistare una posizione di estremo rilievo all’interno del grande brand. Così è successo con New Balance, a cui Teddy Santis ha fornito un concept così forte che l’azienda non ha potuto che adottarlo completamente. 

C’è comunque da dire che, almeno, nello sviluppo di una collezione dedicata al craftmanship di New Balance, Santis non ha fatto il passo più lungo della gamba e non si è lanciato nella radicale trasformazione del brand in un “altro” Aimè Leon Dore, proponendo categorie di prodotto del tutto aliene allo sportswear. Al di là dei cappotti spinati, dei Montgomery rossi e di tutto il resto del knitwear molti dei look consistono in semplici sweatpants e hoodie combinate con uno styling impeccabile – ci sono giusto camicie e maglioni di lana tricot a creare quella sensazione di “old money”. Forse la sovrapponibilità dei look tra i due marchi che sfiora l’appropriazione, il senso di quieto upscaling suggerito dallo styling di Santis, che è un maestro della nonchalanche sartoriale, erano esattamente ciò che New Balance stava cercando – dopo tutto ogni brand in quest’epoca ha bisogno di un’identità sempre più specifica e definita. Non di meno, nel futuro, sarebbe necessario cercare di differenziare meglio lo spirito dei due brand pur senza rinunciare al gusto estetico di Santis che, come la sola frequenza delle imitazioni testimonierebbe, ha cambiato la maniera di intendere il vintage e  lo sportswear un lookbook di Aimè Leon Dore dopo l’altro.