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Air Dior segnerà la fine del luxury streetwear?

Il punto di arrivo di un percorso iniziato nel 2017 con Louis Vuitton x Supreme

Air Dior segnerà la fine del luxury streetwear? Il punto di arrivo di un percorso iniziato nel 2017 con Louis Vuitton x Supreme

L’espressione “salto dello squalo” deriva dal mondo della serialità televisiva e nello specifico da un episodio della serie Happy Days in cui il personaggio di Fonzie salta sopra uno squalo usando degli scii nautici – episodio universalmente considerato come l’inizio dell’inesorabile declino della qualità della serie. Da allora l’espressione serve a indicare il momento-cardine in cui qualunque manifestazione culturale continuata nel tempo raggiunge un culmine insuperabile, oltre il quale si potrà solo decrescere.

Il 18 gennaio 2017 si teneva a Parigi la sfilata Autunno/Inverno di Louis Vuitton, disegnata dall'allora creative director del brand Kim Jones. Il primo modello ad aprire la sfilata indossava un completo blu solcato sul petto da un marsupio rosso su cui campeggiava la scritta Supreme. Look dopo look si succedettero borsoni, bauli, pochette, marsupi, camicie da baseball, giacche di denim, sciarpe. Tutte portavano il doppio branding di Vuitton e Supreme - la prima volta che a Parigi sfilava uno streetwear brand americano. Quella sfilata fu l’atto di nascita ufficioso del fenomeno luxury streetwear.

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La release che seguì  copriva di quel doppio branding ogni item possibile del guardaroba maschile e inaugurò un trend che non si è mai realmente fermato e che ha visto grandi maison di moda entrare in partnership con brand di streetwear nel tentativo (riuscito) di abbassare il target di età dei consumatori del lusso e, più in generale, di svecchiare il mercato della moda. La tattica seguita era di facile realizzazione e si basava sulla grande risonanza mediatica di cui godevano queste collaborazioni e dell’hype che queste generavano nella vasta community dello streetwear, fino ad allora rimasta sostanzialmente circoscritta al proprio universo di riferimento e separata dal mondo del lusso propriamente detto.

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A distanza di tre anni, l’ 8 luglio del 2020, la collaborazione fra Air Jordan e Dior entrerà ufficialmente in commercio - una nuova release dietro cui, come nel caso di Louis Vuitton x Supreme, si nasconde ancora una volta l’acume creativo di Kim Jones e che per le sue caratteristiche e modalità, oltre che per il cambiamento dello scenario globale in cui avverrà, sembra essere la conclusione di ciclo o, in altre parole, il salto dello squalo per l’intero settore del luxury streetwear

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Perché Air Dior sarà irripetibile

Per molti versi, la collaborazione fra Air Jordan e Dior, con l’enorme impatto mediatico che ha ricevuto ancora prima della release ufficiale e grazie agli ineguagliati (e forse ineguagliabili) livelli di hype che ha sviluppato anche grazie ai suoi continui rinvii dovuti allo scoppio della pandemia di coronavirus, costituisce il punto più alto raggiunto dal luxury streetwear dopo la release di Louis Vuitton per Supreme e, presumibilmente, il suo impatto sarà impossibile da replicare per qualunque altro brand – segnando di fatto l’esaurimento concettuale del trend. I motivi per cui l’importanza di questa collaborazione non sarà replicabile sono la brand value combinata delle realtà coinvolte, l’iconicità culturale del prodotto al centro della release, cioè la Air Jordan I OG Dior, e anche il momento storico in cui questa collaborazione arriva, cioè nel momento in cui il trend stesso è così iper-saturo che i risultati di molte collaborazioni analoghe hanno deluso tanto il pubblico quanto i brand. Basti pensare che quest’anno due di queste partnership, una fra Prada e adidas e l’altra fra Valentino e Onitsuka Tiger, sono state incapaci di sollevare il polverone previsto, cadendo nel dimenticatoio nel giro di poche settimane. La saturazione del trend è stata ben spiegata mesi fa dalla famosa frase di Virgil Abloh sulla morte dello streetwear, in cui il direttore creativo di Off-White™ e Louis Vuitton si domandava quante t-shirt, quante felpe e quante sneaker sarebbe stato ancora sensato acquistare e possedere. «Il suo tempo è finito», aveva detto Abloh, e aveva ragione.

Che cosa significherà per lo streetwear?

Altro motivo per cui la collaborazione fra Dior e Air Jordan segna la morte del luxury streetwear è il capovolgimento delle sue dinamiche interne. Jones e Dior hanno infatti adottato tutte le misure necessarie per inceppare del tutto il meccanismo del resell – meccanismo che è il polmone stesso della community globale dello streetwear, la quale è tradizionalmente il sistema entro cui si genera il valore percepito di un determinato prodotto e che adesso si ritroverà virtualmente esclusa dalla release. Nonostante ciò, cinque milioni di persone in tutto il mondo si sono iscritte alla ruffle. La quantità estremamente limitata delle sneaker prodotte (solo 8.000 paia disponibili in tutto il mondo oltre a 5.000 paia riservate ai top client di Dior), i suoi prezzi elevatissimi e le modalità di acquisto, che prevedono un sostanziale ribaltamento delle dinamiche del consumo tradizionale, con il cliente che scelto e autorizzato a comprare dal brand – in breve tutti gli elementi che circondano la release stessa sono pensati per spingere al punto più estremo tutte le caratteristiche che definiscono i tradizionali sneaker drop segnalando al contempo l’avvenuta e completa appropriazione dei meccanismi dello streetwear da parte del mercato del lusso, in un contesto in cui tutti gli streetwear brand storici hanno già speso la loro credibility in un’enorme serie di collaborazioni che ne hanno diluito l’elemento di originalità. Il fatto che questa release sia la prima ad avvenire con queste modalità, coinvolga due titani dei rispettivi ambiti di appartenenza ed enfatizzi tanto la propria esclusività, le dà l’importanza che possiede – tutto ciò che verrà dopo ne sarà soltanto una versione inferiore, ed è dunque ancora più probabile che gli stessi brand di moda non saranno interessati a camminare nel solco scavato da un altro.

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Il paradosso di Air Dior

Quello di Air Dior è un paradosso: una sneaker release che è insieme del tutto identica alle altre eppure completamente diversa e separata dalle altre – una sneaker release che, dal punto di vista concettuale, crea un cortocircuito nel sistema dell’hype. Il peso unico che questa sembra avere, però, abbinato alla progressiva perdita di mordente che ha caratterizzato il luxury streetwear negli ultimi anni e alla definitiva estromissione della streetwear community, potrebbe far supporre, dunque,  che il fenomeno Air Dior sarà il punto finale di un percorso avviato anni fa con Louis Vuitton x Supreme. E se sarà davvero un punto finale, non lo sarà per una qualunque delle sue caratteristiche intrinseche, ma per il fatto che tutto ciò che verrà dopo finirà inevitabilmente nella sua ombra. La sensazione è cioè che il luxury streetwear, già moribondo da qualche anno a dire la verità, abbia dato tutto quello che poteva dare, ora si potrà soltanto ripetere. Diventa allora importante, sul piano simbolico, che lo stesso designer che ha aperto la porta, ora potrebbe chiuderla. Con questo non si vuole dire che non esisteranno più altre collaborazioni fra moda e sportswear in futuro, ma che la loro rilevanza sarà tanto offuscata che diventeranno una prassi banale, non potendo altri uguagliare il peso, il prestigio e la delicata architettura di marketing su cui Air Dior si posa adesso.