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5 moto diventate simbolo dell'Italia nel mondo

Quando le emozioni diventano un design su due ruote

5 moto diventate simbolo dell'Italia nel mondo Quando le emozioni diventano un design su due ruote

Per molti, la moto è sinonimo di libertà e spensieratezza.
Ma a volte succede che, per qualche motivo, le due ruote si trasformino in qualcosa di più e trovino un posto speciale nel cuore degli appassionati (e non solo). Vuoi per estetica, potenza o per soluzioni tecniche, alcune moto diventano vere e proprie opere d’arte, capaci di incarnare i valori del Made in Italy e di regalare autentiche emozioni, uniche per tutte le generazioni.

nss magazine ha individuato 5 modelli di moto italiane, di diversi segmenti e cilindrate, che hanno influenzato profondamente la cultura motociclistica nazionale e internazionale, diventando icone di design riconosciute a livello mondiale e capaci di esportare negli altri Paesi un po’ di quel know how e stile italiano che ancora oggi ha molto da dire.

 

Husqvarna sms 125 2t

Il brand, di origine svedese, è stato di proprietà della Cagiva dal 1987 al 2007, con la sede di produzione a Cassinetta di Biandronno, vicino Varese. Come non citare allora la “Husky” sms 125 2t, uno dei motard 2 tempi più amati dai sedicenni di tutto il Paese. Sono state realizzate 3 serie, ma forse la più iconica è quella dal 2006 al 2008, con il telaio in color argento, forcelle color oro e plastiche bianche e rosse. Ben predisposta a elaborazioni di potenza sul motore (ma forse un po’ delicata), la Husqvarna sms 125 2t è una moto tutt’oggi in grado di regalare grandi emozioni a giovani motociclisti che sognano un po’ di libertà al 2%. Per la sua grande popolarità in Lombardia e nel capoluogo meneghino, il marchio è anche citato in Boing dei Club Dogo: “Ti rimbalzo come la terra col terremoto e la sella dell'Husqvarna quando la schiacci e la metti in moto.

 

MV Agusta F4

Quando si pensa a ingegneria e arte su due ruote, si pensa per forza alla MV Agusta F4. Nata dalla mente di Massimo Tamburini, designer emiliano padre delle più belle moto sportive di sempre, con l’aiuto di Claudio Castiglioni e la preziosa consulenza meccanica della Ferrari, è da sempre stata qualcosa di più di una semplice moto. Il nome "F4", dove “F” sta per Ferrari e "4" per il numero dei cilindri, è già un’importante dichiarazione di intenti.

Quando fu presentata nel 1997, la F4 750 fu un vero stupore: in breve tutti capirono che per quei tempi era la massima espressione in termini di design e prestazioni, e che sarebbe diventata una pietra miliare nella storia delle moto. Quel cupolino scolpito dal vento, con il faro romboidale al centro, le carene rastremate e l’impianto di scarico denominato a “canne d’organo”, erano qualcosa di inimmaginabile per l’epoca. I primi esemplari vennero proposti in serie limitata denominata “Serie Oro”, per via della ciclistica e dei cerchi in color oro, nonché per la presenza di preziosi dettagli in carbonio e magnesio. Nel 2001 avvenne il primo restyling, con la presentazione del modello F4 1000, identico per estetica ma con il nuovo motore. Da lì in poi arrivarono altre serie speciali, come la F4 SPR, la F4 Tamburini in carbonio e titanio, la R312 (dove 312 sono i km/h, la sua velocità massima) e la preziosissima F4 CC, una versione celebrativa di Claudio Castiglioni, venduta al prezzo record di 100.000 euro (con Rolex e giacca Trussardi a corredo). Un secondo restyling fu effettuato nel 2009, ma gli interventi si concentrano più sulla meccanica e sulle prestazioni.

Una MV Agusta F4 1000S appare anche sul grande schermo nel film Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan (2008), quando Christian Bale alias Bruce Wayne la guida con elegante aggressività lungo le strade di New York.

 

Cagiva Elefant 900

Nello scenario della produzione italiana, la Cagiva Elefant è un vero e proprio gioiello che ha saputo aggiornarsi nel tempo. Nata nel lontano 1984, anni in cui le più ricercate del settore erano le enduro di piccola e media cilindrata, la prima Cagiva Elefant 125 (poi declinata nelle varianti 200 cc, 250 cc e 350 cc) viene presentata a un mercato internazionale dominato da offerte europee e giapponesi; le moto riscuotono un buon successo, ma non stanno al passo delle concorrenti. 

La Elefant 900 nasce con un unico chiaro obiettivo: quello di vincere la Parigi-Dakar. Era la moto perfetta. Equipaggiata con un motore di derivazione Ducati di 904 cc capace di sviluppare 90 CV, aveva potenza a sufficienza per la strada e i tratti sterrati e garantiva punte di velocità molto alte per il periodo. Il pilota Edi Orioli, in sella alla Elefant con livrea Lucky Explorer (Lucky Strike), conquistò una vittoria straordinaria nel 1990. Fu un boom di vendite. 

Per l'Italia, il progetto Elefant ha rappresentato un orgoglio e un punto di riferimento indelebile nelle gare fuoristrada al pari della Lancia Delta.

 

Bimota Tesi

Bimota è un nome storico per il motociclismo italiano, seppure limitato alla cerchia di veri appassionati. Tesi nasce nella mente di Pierluigi Marconi, un giovane laureando d'ingegneria che decide di sviluppare il concept di sospensione anteriore con sterzo nel mozzo per la sua tesi (da qui il nome) e rappresenta una delle moto sportive più rivoluzionarie mai realizzate, tanto tecnologicamente avanzata quanto esteticamente anticonformista, grazie a una serie di soluzioni tecniche che l'hanno resa uno dei benchmark per tutti gli ingegneri e designer del mondo. Come si suol dire: Italians do it better

Sono tre le versioni commercializzate: la 1D nel 1990, la 2D nel 2002 e la 3D nel 2006, ognuna caratterizzata da tratti peculiari così come da serie limitate molto richieste. Ad esempio, della 1D esistono le versioni “ER” e “ES” (disegnate da Giorgetto Giugiaro), differenti per estetica e contenuti tecnologici, oppure la 400J esclusiva per il Giappone in 50 esemplari, infine la 1D Folgore Bianca, estremizzazione estetica realizzata in sole 30 unità.

La Tesi non è una moto vincente in pista o sul mercato, ma un progetto concreto fatto da appassionati per appassionati, secondo la logica “la forma segue la funzione”, con una forte propensione al risalto della (tanta) tecnologia che la caratterizza.

 

Ducati Panigale

È la più recente, ma si è già guadagnata di diritto la presenza nella lista. 

Presentata nel 2011, già nel 2014 ha ricevuto il prestigioso premio Compasso D’Oro dell’ADI, a testimonianza della qualità e del valore della sportiva per il design italiano. Il nome, Panigale, è un omaggio al quartiere di Bologna “Borgo Panigale”, storica sede della Ducati: il progetto voleva rappresentare una sorta di stato dell’arte per il settore delle sportive italiane. Al suo debutto era equipaggiata da un motore bicilindrico da 1199 cc da 195 CV, telaio in alluminio e molta tecnologia; ciclistica più avanzata, componenti alleggeriti in magnesio e scarichi in titanio sono alcuni dettagli presenti invece sulle versioni limitate “S” e “S Tricolore”. Nel 2013 è stata lanciata la vera punta di diamante della collezione, cioè la serie limitata a soli 500 esemplari della “Superleggera”, che fa ampio uso di materiali compositi e alleggeriti, volti a ridurre il già contenuto peso, che arriva a 155 kg con un potenza dichiarata di 200 CV. 

Entrata in produzione nel 2014, la 1199 S Senna è la seconda Ducati (dopo la 916 del 1994) nata per celebrare l’amato pilota di Formula 1, Ayrton Senna. Prodotta in tiratura limitatissima (161 esemplari riservati al mercato brasiliano), ripropone la celebre livrea scelta personalmente dal campione sudamericano. Per il suo stile puramente italiano e per l’affinità del marchio al mondo delle corse e delle supercar, non  è raro trovare questo esemplare nelle sue versioni limitate in garage di collezionisti, al fianco di qualche gioiello su 4 ruote.