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Creare uno streetwear di lusso a Parigi: intervista a SafetyBear

Abbiamo parlato con John Kemmoun della nascita del brand, delle sue ispirazioni e di cosa ci possiamo aspettare dal futuro

Creare uno streetwear di lusso a Parigi: intervista a SafetyBear Abbiamo parlato con John Kemmoun della nascita del brand, delle sue ispirazioni e di cosa ci possiamo aspettare dal futuro

Sono passati cinque anni da quando, a Parigi, John e il suo amico d'infanzia Pierre hanno fondato insieme SafetyBear. Una storia che ha avuto inizio dall'idea di creare uno studio capace di riunire tutte le loro creazioni: dalla musica all'arredamento, fino all'abbigliamento e la fotografia. Parallelamente, Pierre e John sentivano la necessità di colmare un vuoto nella città di Parigi, l'assenza di un brand che potesse essere al tempo stesso luxury e streetwear. Un concetto già presente negli Stati Uniti e in Giappone, paesi di ispirazione per la nascita del brand, ma assente nella capitale francese. Il primo passo è stata la mascotte, un orso, che hanno portato in vita attraverso un peluche, simbolo di sicurezza, confort e dei sogni di infanzia.

Nonostante l'interesse nato intorno alla loro prima creazione, il prodotto che ha davvero portato SafetyBear sotto i riflettori è stata una cappello simile a un beanie con delle orecchie da orso e una chiusura magnetica sotto il mento. Interrogati sul motivo del successo, John lo ha ricondotto alla capacità del brand di colmare un vuoto di novità nato durante la quarantena. Chiuse in casa e costantemente attaccate ai propri smartphone, le persone avevano bisogno di vedere qualcosa di nuovo, di indossare qualcosa di diverso. L'aspetto "kawaii" dell'oggetto, una parola giapponese che significa "carino", ha fatto il resto. Soprattutto considerando la grande percentuale di appassionati alla cultura giapponese presenti in Francia.

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Dando un'occhiata alla loro prossima collezione, si può invece notare una nuova fonte di ispirazione: gli anni '50, tanto quelli francesi quanto quelli vissuti negli Stati Uniti. Cinture borchiate che si ispirano a Junya Watanabe, shorts in denim strappati e colorati con il marrone tipico del brand, borse di pelliccia, tee raglan a maniche lunghe ispirate al mondo rock'n'roll. Tutto ha senso quando John cita come fonti di ispirazione Rammellzee, Tom Sachs, Taz Arnold e il leggendario Jun Takahashi.

Oggi, l'obiettivo del brand è quello di discostarsi dal suo prodotto più famoso pur rimanendo fedele al suo spirito originale: raggruppare le forme di espressione creativa in un unico contenitore. Recentemente, ad esempio, SafetyBear ha lavorato anche nel mondo dell'arredamento, parte di una possibile exibithion e trampolino del progetto SafetyBear Café, un concept che vuole unire la cucina e la moda. Un processo di espansione che passa, come ci ha rivelato il founder, anche per un ricollocamento delle fabbriche, oggi in Europa (Francia e Italia nello specifico) per privilegiare la qualità degli articoli di pelletteria e in pelliccia.

Ma cosa vuole davvero SafetyBear? Lasciare il segno nel mondo della moda, sicuramente. Ma anche privilegiare la community che da sempre supporta il brand grazie al lavoro del suo team e alla capacità di unire tradizione e influenze contemporanee. Per questo, ovunque vi troviate nel mondo, non perdete d'occhio SafetyBear e la sua capacità di ridefiire il significato di un brand guidato dall'arte, dalla cultura di nicchia e dalla voglia di pensare in grande.