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La storia dietro il logo di Palace

Cosa si nasconde dietro l'iconico Tri-Ferg

La storia dietro il logo di Palace Cosa si nasconde dietro l'iconico Tri-Ferg

Si potrebbe tracciare una distanza netta tra le diverse storie che si nascondono dietro la creazione di loghi e pattern quando si tratta di storiche maison del lusso e quando invece di brand streetwear relativamente emergenti. Se da una parte iniziali intrecciate e motivi nobiliari vogliono simboleggiare un ricco passato, per le label più giovani il logo è una tabula rasa da cui partire per definire la propria identità - senza troppi sforzi ad essere onesti. Dietro infatti la creazione del logo di Palace, un triangolo logato, si nasconde una storia piuttosto semplice, raccontata recentemente su Instagram da @samutaro, ben distante dalle diatribe legali che hanno coinvolto ad esempio Supreme e l'artista Barbara Kruger, a cui il brand di James Jebbia si era "ispirato". 

Fin dal 2009, anno in cui Palace è stato fondato, Lev Tanju, uno dei founder, aveva ben chiaro come avrebbe dovuto essere il logo del brand: enorme, ben visibile e riconoscibile sul retro di hoodie, su T-shirt e pantaloni. Per realizzare il suo progetto, Tanju si rivolse a Fergus “Fergadelic” Purcell, apprezzato graphic designer noto nella scena skate e fashion londinese, che aveva già collaborato con Stussy e Marc Jacobs. Per mettere in pratica le richieste di Tanju, Purcell si lasciò ispirare dall’iconico Penrose Triangle dell’artista svedese Oscar Reutersvärd. Secondo i testi di geometria, il triangolo di Penrose o triangolo impossibile è un oggetto appunto impossibile, ovvero può esistere solamente come rappresentazione bidimensionale e non può essere costruito nello spazio, poiché presenta una sovrapposizione impossibile di linee con differenti costruzioni prospettiche. 

Purcell raccontò in seguito di essere rimasto affascinato da quel triangolo, che grazie ad una sapiente illusione ottica dava la sensazione di essere infinito. "Sembra stia sempre ruotando, volevo ricreare quella sensazione. [L'idea era quella di realizzare] un logo che avesse le connotazioni dell'infinito, di costante flusso e movimento. Anche la forma è dinamica, [...] è caratterizzata intrensicamente dal movimento, per questo è scelto il triangolo", ha raccontato in seguito Fergadelic. Era nato così il Tri-Ferg, come sarebbe stato ribattezzato in seguito il logo, un triangolo dalla forma impossibile arricchito dal lettering di Palace su ogni lato della figura. 

Dal 2009 ad oggi il logo è rimasto invariato, replicato e riproposto in ogni collezione, rivisitato e completamente stravolto in occasione di collaborazioni e capsule collection. La forma del logo si è dimostrata perfetta per le diverse joint venture che hanno coinvolto Palace e adidas, in particolare in occasione della collezione realizzata con la Juventus. Il Tri-Ferg è diventato una tela bianca da colorare, dipingere e ripensare, come nel caso della collaborazione con Jean-Charles De Castelbajac, che ha aggiunto ad ogni estremità della figura il disegno di tre mani, come simbolo della "vita di strada, della musica, e soprattutto, della fratellanza." Ancora una volta è il Tri-Ferg a segnalare imminenti progetti speciali, come quelli visti negli ultimi mesi, da Moschino a Rapha, passando per la tee benefica a favore del National Health Service messo in ginocchio dalla pandemia. Dalle tappe del Giro D'Italia, fino al green dei campi da golf e ai campi di Wimbledon, senza dimenticare lo street style e le collabo più high fashion, il Tri-Ferg ha accompagato Palace in ogni sua fase ed avventura. 

Nel corso delle stagioni, il triangolo è infatti diventato il simbolo per eccellenza dello skate brand londinese, riproposto perfino nell'architettura e nell'arredamento degli store store e dei pop-up del brand, a Los Angeles come a Tokyo. Il Tri-Ferg è andato a decorare tavole da skate, accessori per la casa come vassoi e posacenere, diventando una presenza immancabile su hoodie e T-shirt in ogni collezione del brand, anche in quella più recente, insieme ad Arc'Teryx

A Palace non è servito un pattern intricato o un simbolo dalla difficile comprensione per dare vita ad un immaginario identificativo e potente, suggellato da un logo che racchiude nella sua apparente complessità una semplicità che punta all'infinito.