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C'è un problema con l'NFT delle scimmie

Le accuse rivolte dall’artista Ryder Ripps a Bored Ape

C'è un problema con l'NFT delle scimmie Le accuse rivolte dall’artista Ryder Ripps a Bored Ape

Avete presente gli NFT di quelle scimmie illustrate con la camicia hawaiana, il sigaro tra i denti e il ghigno ironico? Ecco, l’azienda dietro a questi Token, Bored Ape Yacht Club, è stata recentemente al centro di una bufera mediatica a seguito delle accuse di razzismo mosse dell’artista statunitense Ryder Ripps, noto per aver collaborato con personaggi come Kanye West e marchi come Gucci e Soylent, nonché direttore creativo del progetto CryptoPhunks (parodia dei CryptoPunk). Una recente indagine ha messo in fila alcuni controversi indizi sul legame tra il progetto Bored Ape e la simbologia dell’alt-right americana che, a quanto riporta Dazed, sono valsi al collettivo un’inchiesta tutt’ora in corso da parte dell’FBI. Tra le molte prove raccolte da Ripps e diffuse su Twitter, la prima e più importante è proprio la scelta dell’animale simbolo, che sarebbe l’ultimo esempio di una lunga tradizione razzista in cui le persone di colore vengono paragonate a scimmie, in un processo denominato “animalizzazione”. Una situazione piuttosto scomoda per le numerose star che hanno deciso di investire in questi NFT, come Jimmy Fallon, Paris Hilton, il giocatore di basket Steph Curry, Eminem e per ultimo Justin Bieber che ne ha recentemente acquistato uno a più di 1.3 milioni di dollari, nonostante la polemica si fosse già ampiamente diffusa. 

Il collettivo anonimo dietro agli NFT-scimmia nato nel 2021, decise inizialmente di delegare la parte artistica e tecnologica ad altri e di dedicarsi in prima persona all’ideazione del contesto dello “Yacht Club” virtuale, che doveva diventare il punto di incontro tra i futuri possessori dei token. Un algoritmo generò casualmente le scimmie stilizzate, combinando a caso una serie di caratteristiche predeterminate, eppure, nonostante le premesse velleitarie e il risultato casuale, Bored Ape ha avuto una fortuna unica tra i “collectibles”, a prova di quanto il successo di tanti progetti del mondo digitale sia del tutto imprevedibili. Lo scorso aprile l’NFT di ognuna delle 10mila scimmie esistenti fu venduto per meno di 200 dollari, ma a determinarne il valore finale sono state le successive transazioni, quelle del cosiddetto mercato secondario, che hanno raggiunto un valore complessivo di quasi 100 milioni di dollari, con alcuni degli NFT che attualmente valgono più di un milione. Ma, forse, dietro questo strano e repentino successo, c’è forse molto più della pura casualità.

È innegabile che il logo del progetto ricordi quello della divisione nazista Totenkopf, compreso lo stesso numero di denti raffigurati nel teschio: 18. Il diciotto è peraltro un numero molto caro ai neonazisti, che lo usano per indicare le iniziali di Adolf Hitler (la A è la prima lettera dell’alfabeto, la H l’ottava). L’uso estensivo delle camicie hawaiane, apparentemente innocuo, ricorda invece il simbolo dal movimento di estrema destra Boogaloo, tra i più attivi della alt-right trumpiana. Ci sono poi i nickname dei creatori del progetto (Gargamella, Gordon Goner, Emperor Tomato Ketchup e No Sass), legati alle retoriche e ai meme propri dell’antisemitismo e del suprematismo bianco, come era stato per Pape The Frog nel canale discord in cui fu organizzato l'assalto a Capital Hill il 6 gennaio del 2021. I creatori sono tuttora anonimi e uno di loro, tale Gargamel (il personaggio dei Puffi ritenuto secondo alcuni essere una caricatura antisemita), ha dichiarato che dietro a queste scimmie annoiate c’è difatti «un messaggio nascosto», mentre Emperor Tomato Ketchup prende il nome da un cortometraggio di Shûji Terayama del 1996 bannato in America perché contiene scene pedo-pornografiche. Dopo le prime supposizioni i social media sono stati inondati da accuse man mano più fantasiose, mentre Ripps veniva insultato dagli estremisti ed accusato di aver aperto la questione solo per trarre pubblicità per la vendita dei suoi NFT. A gennaio Yuga Labs, la società proprietaria del Bored Ape Yacht Club, ha negato apertamente tutti i collegamenti con immagini estremiste mentre gli esperti dell'organizzazione ebraica Anti-Defamation League hanno messo in dubbio le prove presentate da Ripps. 

Accuse che dopotutto non sono poi così difficili da credere, visto il legame stretto tra estrema destra e criptovalute. Secondo il Southern Poverty Law Center, centro che studia e combatte il razzismo negli Stati Uniti, la stima del denaro in crypto dell’estrema destra è difficile da calcolare ma è nell’ordine delle decine di milioni di dollari, mentre è stato appurato che più 600 indirizzi usati nelle criptovalute sono «associati a suprematisti bianchi ed estremisti». È difficile stabilire se dietro agli NFT più renumerativi al mondo ci sia un gruppo di razzisti e antisemiti, ma quel che è certo è che molti degli avatar realizzati da Bored Ape presentano loghi, tratti somatici, capi d'abbigliamento e accessori - come catene d'oro, elmi e una fascia kamikaze - che rappresentano le minoranze attraverso stereotipi. Nell'era della cancel culture, in cui persino fare il gesto degli occhi a mandorla con le mani è considerato offensivo, è piuttosto assurdo che Justin Bieber decida di acquistare degli NFT così controversi e che Superplastic, agenzia di oggetti e avatar digitali che ha recentemente collaborato anche con Gucci, lanci una capsule con Yuga Labs. Forse la febbre degli NFT ha investito anche il buon senso.