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Chi ha paura dei “film bro”?

Nessuno in realtà, ma discutere con loro è quasi tortura

Chi ha paura dei “film bro”? Nessuno in realtà, ma discutere con loro è quasi tortura

Viviamo in tempi molto complicati. Così complicati, in effetti, che moltissimi uomini, raggiunta la maggiore età, scelgono una passione o un argomento e lo fanno diventare la propria personalità per il resto della loro vita. Nei casi più sfortunati, la scelta ricade su altro: finanza, fitness, sneaker, arrampicata e via dicendo. Ma ultimamente sembra che la categoria più divertente di Internet siano gli appassionati di cinema, detti anche “film bro”. Chi sono? Sostanzialmente amanti del cinema convinti di sapere tutto, ma dotati di una cultura mediocre e superficiale, che spesso include film molto canonici e scontati. Chiariamolo subito: un film bro crede di essere un cinefilo, ma non lo è; anche se non si può escludere che essere un film bro sia, per così dire, il primo stadio di vita di un cinefilo in divenire che, maturando, si doterà di cultura, un robusto senso critico ma soprattutto di quell’umiltà intellettuale che solo i veri apprezzatori dell’arte sanno esercitare senza preconcetti. Ma al momento i film bro sono così: assai pretenziosi, assai condiscendenti, assai superficiali. Il tipo di persona che ammira la fotografia di un film ma ignora il concetto di blocking, che conosce mille curiosità pescate da pagine del tipo “Lo sapevi che…” ma non saprebbe analizzare un film per salvarsi la vita, che è bravo a paragonare ma non a valutare. Ma facciamo bene a deriderli così?

@thehalgorithm We’re #filmbros #filmtok #movietok original sound - Hal

Di norma, avere interessi e passioni non è cringe mentre lo è avere fissazioni e automatismi. Ogni passione troppo grande rivela una personalità troppo piccola – un’equazione valida per qualunque essere umano. Il peccato più grave del film bro, dunque, non è tanto amare l’arte cinematografica ma non rendersi conto di essere un cliché o, comunque, di non essere originale o colto quanto pensa di essere. In questo senso, come sempre, l’errore fondamentale è la tracotanza di ritenersi superiori agli altri. Ma qui si pongono anche due ordini di problemi: il primo è che, per sua stessa definizione, il “film bro” è un uomo, ergo l’etichetta denota un certo sessismo oltre a implicare che certi film più artistici o impegnativi siano esclusivo appannaggio di una audience maschile; il secondo è che ridurre la passione del cinema a un gretto senso di superiorità significa di fatto scoraggiarla, promuovendo un atteggiamento anti-intellettualista. Entrambi sono spiegabili: prima di tutto, è vero che il “film bro” è sempre uomo dato che l’etichetta esiste per descrivere il cliché dell’uomo che conosce solo film che parlano di altri uomini con tendenze violente, realizzando fantasie di rivalsa e potere; proprio l’esigenza di identificarsi a tutti i costi escludendo per principio i film che escano dal rigido canone prestabilito separa il “film bro” dal cinefilo che invece è in grado di apprezzare ogni tipo di film e può leggere quegli stessi film secondo prospettive proprie come spiega Kaiya Shunyata nell’interessante essay How ‘Film Bro’ movies helped me explore my gender identity. Il recente Barbie, ad esempio, è un film assai fuori dal canone dei “film bro” e molti utenti online, spesso donne, scherzano dicendo di menzionare il film solo per scatenare uno dei loro comici rant.

Il secondo punto, più complesso, riguarda un aspetto interessante da considerare: la community che il fenomeno dei “film bro” ha creato su Twitter, TikTok e soprattutto Letterboxd – piattaforma che, nell’ultimo anno, è diventata quasi un Instagram per amanti del cinema. Su Twitter e TikTok le community si chiamano “Film Twitter/TikTok” e sono usate come hashtag per identificare quel filone di utenti e creatori che producono content relativo al cinema, spesso più per moda o apparenza che per vera passione. Se su TikTok la community appare effettivamente unitaria, però, su Twitter è assai divisa: metà degli hashtag #FilmTwitter esistono come sberleffo a chi si dà arie di cinefilo sul social media. Un utente, rispondendo a un tweet in cui si diceva che il «cinema era tornato» commentando una clip di Anne Hathaway che fumava, notava che «basta dare una sigaretta a un attore e Film Twitter esce di testa. Darebbero 10/10 anche a “La squadra dei cuccioli” se il cane fumasse». Il riferimento, qui, è alla maniera in cui un certo film, spezzettato in singole clip e battute, viene spesso ridotto solo al suo aspetto estetico e non considerato come un progetto artistico unitario. È il caso recente di Saltburn, ad esempio, di cui molti utenti non riescono a considerare i difetti di sceneggiatura e regia per via di un production design e una fotografia esteticamente appaganti e per il suo facile shock factor. Anche questo titolo esce dal canone dei “film bro” che infatti lo criticano quasi per principio con molte battute che su Twitter seguono la formula: «Non sono un film bro ma in effetti Saltburn non mi è piaciuto» quasi come se il solo evidenziare aspetti negativi di una pellicola significhi bocciarla totalmente. Ancora una volta, dunque, si nota la tendenza a presentare giudizi che non riguardano tanto il film in sè quanto la maniera in cui il giudizio sul film qualifica lo spettatore: se il film non ti è piaciuto sei pignolo e pretenzioso, se ti è piaciuto sei superficiale e infantile. Ma nessuno parla del film come un film e cioè in senso critico-analitico.

Esiste un antidoto ai “film bro” e in generale alla tossicità di un dibattito online ormai pretestuoso e fazioso oltre ogni limite pensabile? In realtà sì e si tratta dei critici indipendenti online più esenti da affiliazioni politiche (li si riconosce perché non pubblicano video contro la deriva woke di Marvel e Disney, recente ossessione del popolo di YouTube) che discutono effettivamente di film in maniera competente e facilmente accessibile. Il principale, con quasi due milioni di iscritti su YouTube, è l’americano Jeremy Jahns mentre in Italia abbiamo Mario Palladino che ha sicuramente toni più polemici ma è tremendamente accurato nelle sue recensioni. Questi sono solo due dei molti nomi pensabili, ma in generale il metodo di entrambi è semplicemente una valutazione critica che tiene conto delle contraddizioni di un film considerato tanto nei suoi pregi che nei suoi difetti, ma mai in un sistema binario di trash o capolavoro. Quello che i film bro dovrebbero fare, insomma, non è criticare di più ma criticare meglio - e per l’amor del cielo, spingersi oltre alla filmografia di Tarantino, Nolan e Scorsese.