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Una certa idea di magazine di moda

È quella che in questi anni ha guidato nss magazine e che continuerà a farlo in futuro

Una certa idea di magazine di moda  È quella che in questi anni ha guidato nss magazine e che continuerà a farlo in futuro

Non ho mai apprezzato gli articoli che parlano dei magazine su cui sono pubblicati, ma a volte è giusto, interessante o doveroso concedere una sbirciata guidata dietro le quinte. In questo caso è un piacere - o forse già nostalgia  - perché da gennaio 2022 dopo tre anni lascerò la direzione editoriale di nss magazine. Evitando ringraziamenti e cose personali che non rientrano nell’interesse di chi legge, quello che mi piacerebbe offrire è una breve e quanto più soddisfacente possibile panoramica dei principi che hanno guidato il lavoro del team di nss magazine traghettando - grazie al lavoro di tutto il team - a ciò che è oggi.

In Italia ci sono ancora molti argomenti di cui non si parla, il sesso e i soldi, alcuni che vengono presi troppo seriamente (il calcio?) e altri che invece vengono considerati superficiali e frivoli, tra questi rientra anche la moda. È una delle contraddizioni di un paese che vive di estetica (e quindi di moda) ma che poi quando ne deve parlare nella maggior parte dei casi si scivola o sulla retorica del Made In Italy o sulla rassicurante immagine della moda ferma al Diavolo Veste Prada. Oggi la rilevanza del settore è invece centrale in quasi ogni aspetto della cultura contemporanea, in particolare nei suoi collegamenti a fenomeni apparentemente fuori dall’industria della moda. L’idea che governa le scelte editoriali di nss è proprio quella di fare un magazine che sia una guida di ciò che è rilevante, selezionando argomenti specifici e cercando di spiegarli partendo dall’aspetto estetico. Per quanto possa sembrare strano da dire, c’è domanda di contenuto, c’è domanda di cultura, di dietro le quinte di fenomeni che accadono tutti i giorni tra le strade e i feed. Un approccio che è insito nel DNA di nss, nato come blog di streetstyle nel 2009, all’inizio del cambio di paradigma della cultura contemporanea, in cui il rapporto tra strada e passerella si è ribaltato. Una ricchezza che verrà presto valorizzato in un archivio consultabile, uno scrigno dove esplorare le tendenze degli dieci anni spostandosi nello spazio e nel tempo.

L'obiettivo è ambizioso e complesso, data la visione molto frammentata della cultura pop italiana che tende a ragionare per compartimenti stagni ed evitare di prendere sul serio chi parla di vestiti, colpa anche dell’editoria legata alla moda, per anni ammaestrata in cortocircuito economico disattenta al nuovo pubblico allevato dallo streetwear che di quel gioco di layer di significati ha lanciato l’industria dell’hype. Sono loro - ovvero i millennial prima e poi la Gen-Z - che hanno rivoluzionato l’industria e soprattutto il significato di cosa oggi è il lusso. La scelta degli argomenti di nss magazine ha un orizzonte globale, perché oggi i fenomeni estetici corrono sugli algoritmi, ma il focus e la declinazione è sull’Italia, che oggi ha bisogno di un racconto della sua contemporaneità che non si perda nella nostalgia posticcia o nella subalternità provinciale: trend che nascono all’estero hanno un impatto sulla cultura italiana, fenomeni come Alessandro Michele o i Maneskin.

Dai paninari fino al metaverso, passando per Balenciaga e Paolo Gucci, scavare nelle storie della moda significa spesso trovare pattern che si ripetono, collegamenti causa-effetto di cui ignoravamo l’esistenza. Chi osserva l’industria della moda ha una prospettiva privilegiata sui cambiamenti culturali del mondo: qui le cose accadono prima - magari in maniera grottesca, goffa e incompleta - ma oggi la moda è il settore che apre le strade e traina altre industrie. Il tema del Futuro - che spesso viene rappresentato come un posto freddo e spaventoso - oggi è il tema cardine per l’industria, da collegare a eventi pratici e reali come la sostenibilità, la moda digitale e il cambio di paradigmi culturali. Raccontare un trend vuol dire mettere in ordine eventi sparpagliati e cercare una definizione, questo ha un valore generativo perché storicizza un fenomeno dandogli sostanza e l'ufficialità che rende accessibile il significato. L’idea di ogni articolo su nss è di prendere un fatto singolo - un trend, una release o un strategia di brand - e usarla per spiegare o almeno provare a farlo qualcosa di più grande, applicando degli standard giornalistici per verificare informazione e dare una misura quantitativa ai fenomeni.

Passando a cose più tecniche e meta giornalistiche, la linea editoriale si declina all’interno dell’ecosistema digitale di nss, composto dall'insieme dei suoi vertical - nss magazine, nss sports, nss g-club e MBQMQB, oltre all’astronave madre nss factory - che è suddiviso ulteriormente nell’arcipelago formato da siti, pagine instagram, podcast, newsletter, TikTok e tutte le altre piattaforme sulle quali gli utenti possono entrare in contatto con nss. Come i concetti di ecosistema e galassia a cui si ispirano - anche i sistemi editoriali si reggono su un equilibrio che coinvolge ogni parte di essa. Questo atteggiamento comporta in primis il riconoscimento dei propri competitor e soprattutto non considerare l’attenzione degli utenti come una risorsa infinita da sfruttare, ma piuttosto da salvaguardare. La fruizione di un contenuto digitale ha vari layer diversi guidati dagli obiettivi di ogni utente: c’è chi segue una pagina solo per commentare, chi si salva gli articoli per leggerli in un secondo momento, chi invece aspetta la newsletter del sabato per un recap Il riconoscimento dei propri competitor e soprattutto non considerare l’attenzione degli utenti come una risorsa infinita da sfruttare, ma piuttosto da salvaguardare. L’obiettivo è di essere interessante e rilevante sia per il turista che per il purista.

Il tema tourist vs purist è un concetti che ha guidato il lavoro di Abloh da Louis Vuitton (arrivando a dedicargli un’intera sfilata nel gennaio 2020) che è stato uno dei grandi limiti dell’editoria nella moda: parlare al circoletto di chi già sa, sbrodolare paroloni su volumi e consistenze invece di raccontare storie e spiegare significato. Io, che personalmente sono entrato come outsider nella moda ho riscontrato in prima persona quanto è importante parlare ad entrambi: non si tratta di banalizzare un concetto ma di renderlo accessibile, connettere puntini apparentemente lontani non vuol dire annacquare un’idea ma anzi offrirle un contesto più ampio.    

Una delle challenge maggiori per ogni media contemporaneo è riuscire ad essere coerenti e consistenti in ogni suo prodotto evitando che sia la piattaforma a definire il contenuto, che si tratti di un post Instagram o di un articolo. Non bisogna cercare di spiegare il mondo in un post Instagram ma neanche snaturare una notizia in cambio di like: un contenuto avrà diverse declinazioni - dall’articolo totale, al post Instagram fino al video TikTok - e ognuno di questi deve riuscire a “vivere da sola” perché sono pochissimi gli utenti che escono da una piattaforma un’altra (es dalla newsletter a Instagram). Chiarissima la teoria, più complicata la pratica nella realtà virtuale dove le regole del gioco le fanno Meta e altre megapiattaforme. L’idea dell’ecosistema non si basa sulla divisione del rischio, quanto piuttosto sul fatto che un magazine contemporaneo non è un oggetto singolo - un sito fatto di articoli - quanto piuttosto uno sciame di contenuti con cui gli utenti entrano in contatto randomicamente e che contengono in qualche modo un cromosoma che compone il DNA dell’organizzazione. 

Questa è una spiegazione superficiale e non esaustiva dei principi che guidano il lavoro editoriale di nss, fermo restando due punti fondamentali. Il primo è avere alle spalle un’azienda che ha deciso - diversamente da quanto facevano altri - di investire nel suo ramo editoriale, con la pazienza di farlo evolvere e sbocciare rispettando il più possibile un principio di neutralità che è la linfa del lavoro di un magazine, ribaltando un rapporto agenzia-magazine che vedeva il prodotto editoriale come una bella vetrina di prodotti, piuttosto che come un prodotto esso stesso. Il risultato è un business model che oggi fa scuola tra i competitor, che ha permesso di allargare e professionalizzare il team e che sul lungo periodo sta facendo crescere l’indipendenza editoriale del magazine invece che diminuirla. Il secondo sono le persone: credo che si possano fare tutte le linee guida e le strategie possibili, ma in fin dei conti i contenuti sono così esposti all’utente finale che chi è in prima linea a scrivere un articolo o una caption è letteralmente chi fa un magazine. Per questo - e scusatemi ma ormai sono alla fine - non posso non ringraziare chi ha lavorato con me in questi anni, dando sostanza, forma e movimento ad alcune delle mie idee e visioni. Il viaggio è stato lungo anche se è solo l’inizio: l’obiettivo è diventare il reparto ricerca&sviluppo non solo per una singola azienda, ma per un intero settore.