Vedi tutti

Come si diventa product designer

NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano

Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano

L’uomo creò l’aratro e inventò il product design, un lavoro che oggi porta una miriade di titoli anglofoni che cambiano e si moltiplicano continuamente. Quello del designer è un mestiere nato per seguire la necessità dell’uomo di creare utensili per la vita di tutti i giorni, anche se nel tempo si è evoluto verso orizzonti artistici sempre più distanti dall'idea di utilità. Oggi il ruolo si distende su uno spettro che va dalla funzione all’arte, una sorta di ventaglio professionale che ogni aprile si spiana su Milano dando il via ad un evento dalla portata colossale. Il Fuorisalone allarga il suo raggio di estensione ad ogni edizione, sia fisicamente, spingendosi oltre i quartieri periferici della città, sia concettualmente, coinvolgendo sempre più persone. La chiamano Design Week, ma in quei giorni si finisce a parlare di cinema, di moda, di sostenibilità e di politica, temi che dimostrano come, anche in un settore frammentato come il design, la creatività può essere veicolo di comunicazione per un messaggio ben più profondo della bellezza fine a se stessa. Abbiamo chiesto a quattro creativi “Come si diventa product designer?”, ecco cosa ci hanno risposto. 

NM3

Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499197
Photo Piercarlo Quecchia
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499198
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499199
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499200
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499201

La storia di NM3 inizia tra le aule del Politecnico di Milano, dall’incontro di Nicolò Ornaghi e Francesco Zorzi. Dopo aver fondato Raumplan, una zine dedicata alla curatela e all’exhibition design, assieme ad alcuni colleghi (che più tardi avrebbero fondato Giga Design Studio), il fotografo Delfino Sisto Legnani si è aggiunto al team. Il trio ha unito le proprie forze in NM3 con «un’esigenza molto pratica», ci racconta. «Era quella di avere un exhibition design che andasse un po’ incontro all’idea per cui, quando non hai soldi, fai tutto con materiali di recupero». La principale cifra stilistica del collettivo milanese vede la luce nella loro prima collaborazione, quando, per esporre pezzi d’archivio di Kartell e di Alessi, decidono di creare una serie di installazioni e mobili in acciaio. «All’epoca costavano veramente poco» - ricordano i tre - «da lì in poi abbiamo visto che questo sistema più o meno funzionava, quindi tre o quattro anni dopo abbiamo ripreso l’idea dell’incastro e l’abbiamo evoluta in quella che al momento è l’estetica del brand». Oggi il loro curriculum aziendale annovera collaborazioni con brand e istituzioni come adidas, Sunnei, Aspesi, Ferrari, Axel Arigato, la Biennale di Venezia e Alcova, ma sono ancora fieri delle loro origini «artigianali». «Nasciamo senza investimenti, senza troppa pianificazione, tutti facevamo altri lavori ma ci interessava raccontare una storia e stare insieme», ci spiegano. Per rispondere a “come si diventa product designer?”, il trio va dritto al punto. «Come tutte le cose: perché ci credi e perché ti fai il culo, è una scommessa che fai con te stesso», affermano. «Tu da un giorno all’altro inventi un prodotto che prima non c’era, e poi devi convincere le persone a comprarlo». Riguardo le qualità che li hanno portati al successo, rispondono con sicurezza: «La determinazione e l’intraprendenza», ci dicono. «Siamo bravi designer, sappiamo quello che ci piace e quello che vogliamo portare.» 

Tra i consigli di NM3 per i nuovi arrivati c’è quello di «interrogare prima di tutto l’industria e scegliere con chi si vuole lavorare». Perché il successo di NM3 si basa sull’unità e sulla determinazione dei fondatori, ma anche sul supporto che hanno ricevuto negli anni. «Più che la città, hanno influito le persone», raccontano. «Persone che si sono prese il rischio di pubblicarci quando non avevamo ancora nessun dipendente e facevamo delle cose molto piccole, oppure che ci hanno aiutato condividendo il loro portafoglio clienti. Quelle sono le cose che aiutano veramente». Questa Design Week, NM3 presenterà una nuova installazione negli spazi del cocktail bar Bene Bene, in Via Morgagni, sabato 20 aprile dalle 14 alle 23, prima celebrando la community dello studio al Club Night Opal, venerdì 19. 

 

OLDER STUDIO

Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499192
Photo Paola Ristoldo
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499193
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499194
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499195
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499196

Letizia Caramia e Morten Thuesen si sono conosciuti negli atelier di Alexander McQueen prima di lanciare OLDER, nel 2013. Il brand produce uniformi e design utilitari sostenibili per l’ospitalità, come i ristoranti stellati e i cocktail bar di lusso; ma anche progetti artistici come la “Furniform”, un outfit trasformabile che esplora il confine tra abbigliamento e arredamento, o Buclicolo, un armadio dipinto a mano presentato in questi giorni alla Design Week.  Dopo aver fondato il brand a Parigi, il duo si è trasferito a Milano per tornare vicino alle proprie radici e per un grande amore verso la storia architettonica della città. Il nome di OLDER racchiude la filosofia del brand, dedicata al design che dimostra di saper invecchiare, e la sua missione, incentrata sulla riduzione degli sprechi. I primi passi di OLDER come azienda che provava a remare contro il sistema consumistico della moda non sono stati semplici. Oltre all’ambizione, ci raccontano i due designer, ciò che li ha aiutati a raggiungere il successo è stata l’autodeterminazione. «Non era per niente considerato cool all’inizio, ma avevamo un’idea piuttosto chiara di ciò che volevamo comunicare», svelano. «Anche se si tratta di una semplice maglietta, puoi creare un sacco di innovazione sfruttando lo storytelling».

Caramia e Thuesen affermano che ciò che li ha portati a firmare collezioni di uniformi bespoke per grandi istituzioni come il Noma di Copenhagen, Matter and Shape, Jacquemus, Alcova e il Tate Modern (e presto anche nss) è stato il desiderio di raccontarsi. Più in particolare, di esprimere il sentimento di frustrazione nei confronti della fashion industry e di come operava in maniera sistematica contro tutti i loro valori. «È sempre stato tutto organico per noi, hai bisogno di essere paziente e anche di imparare a goderti il processo», raccontano i fondatori. «OLDER è autobiografico, è come se le uniformi fossero nate da una conversazione tra di noi due». 

 

Duccio Maria Gambi

Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499186
Photo Giovanni Savi
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499191
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499190
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499187
Photo Marina Desinova
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499188
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499189

Anche i design di Duccio Maria Gambi hanno viaggiato in giro per l’Europa prima di tornare in Italia. Gli addetti ai lavori del settore chiamano le sue produzioni collectible, pezzi unici da collezione che risiedono nell’intersezione tra arte e design. Si tratta principalmente di sculture in pietra imponenti, fatte di abbinamenti contrastanti. Per Gambi, il design è alle volte una “forma di possesso”, altre un “lavoro di servizio”; la sua indagine sulla pietra, ci spiega, è il risultato della sua fascinazione per il materiale, una discussione accesa tra l’impassibilità della pietra e la mutevolezza della creatività. Tracciando le tappe che hanno segnato maggiormente la sua carriera, il creativo fiorentino ricorda di essere stato attirato inizialmente dall’avanguardia olandese, ma di aver scoperto in seguito il cemento a Parigi. «Mi è sempre piaciuto il cemento per come si impone nell’ambiente, per la sua geometria», afferma Gambi, che racconta di aver trovato nella capitale francese non solo uno spazio in cui coltivare un nuovo interesse artistico, ma anche un luogo in cui confrontarsi con altri artisti. Tornato a Firenze, ci racconta, ha trovato ispirazione nella simmetria dell’architettura e dei paesaggi naturali della città. Le sue opere sono arrivate ad occupare le stanze di Galleria Luisa Delle Piane, a conversare con il mondo della moda in collaborazioni con designer come Gherardo Felloni e Massimo Giorgetti. Tra i progetti più recenti, Gambi ha trasformato le sue sculture in stampe per una nuova collezione con MSGM, un progetto che gli ha fatto scoprire le somiglianze tra designer di interni e di abbigliamento. I due designer sono accomunati, come osserva Gambi, dalla «sensibilità di ricerca sui materiali, sulla relazione tra funzione e estetica». Malgrado riconosca che spesso i brand di moda possono preferire la commercialità all'innovazione, riconosce nell’incrocio tra i due mondi ancora infinite possibilità. Dopo il recente lancio della collab con MSGM, questa Design Week il designer presenta con Studio Leggero il paravento concettuale Separér, una collezione in vetro di murano e legno dal nome CLAUDE, con Secondome e Studio Effe da Rossana Orlandi, oltre che una lampada della collezione INCAL in Don’t get too comfortable, presso Circolo in via della Spiga. 


Oggi Gambi dirige Spazio Territorio, atelier espositivo con sede a Firenze in cui presenta i propri lavori assieme ad altri artisti. Ci racconta che il nome esprime «l’idea di confine labile, di uno spazio che si modifica come un contenitore che varia in funzione di ciò che c’è al suo interno». Nonostante lo definisca ancora in fase sperimentale, Spazio Territorio ha già ospitato diverse mostre dedicate a designer emergenti, un’occasione in cui il designer ha potuto mettere a disposizione le sue connessioni e le sue conoscenze per promuovere e supportare alcuni nuovi volti del settore. Per fare questo lavoro, Gambi consiglia di trovare ispirazione oltre il design, di aprirsi completamente agli input che offre il resto del mondo e di evitare di seguire le regole dell’algoritmo, che “appiattisce”. «Poi c’è l’apertura alla percezione, è importante credere veramente in quello che si sente e poi cercare di farlo vedere nel miglior modo possibile», aggiunge - «Adesso è molto facile far vedere il proprio lavoro, tutto sta nel presentare un racconto coerente». 

SITUÉR MILANO

Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499211
Photo Linda Provini
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499206
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499207

Le boutique e gli spazi espositivi in cui si trovano gli scaffali di Situér Milano sono contraddistinti da un’aura dinamica e colorata. La storia del brand affonda le proprie radici negli anni ‘60, con partenza dall’azienda di arredi Castellani. L’identità di Situér è ancorata nel passato, ma è stata proprio una rivoluzione artistica ciò che lo ha proiettato verso il successo. Prima l’aggiunta del colore, poi la “piega Situér”, una particolare tecnica di saldatura che dona un movimento caratteristico agli arredi del brand, hanno formato l’identità dello studio. L’obiettivo fondamentale dell’azienda è «la ricerca di un perfetto equilibrio tra estetica e funzione», ci raccontano i co-fondatori Biagio Castellani e Federica Paoli. Ricordano che una delle principali difficoltà che hanno dovuto affrontare con Situér è stata paradossalmente navigare il lancio di un nuovo progetto all’interno di un’azienda già affermata. «È stato senz’altro fondamentale essere nati all’interno di una compagnia più grande come la Castellani,  abbiamo fatto tesoro della loro artigianalità e della loro tradizione nella lavorazione del metallo ma abbiamo dovuto anche affrontare anche un processo di transizione e cambiamento». 

Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499208
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499209
Come si diventa product designer  NM3, Older Studio, Duccio Maria Gambi e Situér Milano si raccontano | Image 499210

«Per noi quella del designer è una mission», spiegano Castellani e Paoli, convinti che la fortuna della loro idea sia stata proprio la scelta di dedicarsi completamente al metallo. «Essere verticali su un materiale o su una lavorazione è probabilmente ciò che possiamo consigliare a chi desidera intraprendere un percorso da designer», consigliano. Questa Design Week, il brand ha scelto di utilizzare lo showroom per esplorare il rapporto tra natura e design attraverso i colori della terra. Per festeggiare il ritorno della “piega Situér” al Salone del Mobile, lo studio ha arredato gli spazi dello storico locale e fiorista di Brera, Fioraio Bianchi Caffè

Nel 2024, il mestiere del product designer non si può più limitare più alla definizione che gli è stata data. Si crea un prodotto, sì, ma attorno ad esso gravitano una miriade di fattori che ne influenzano la storia e la funzione. Nella nostra ricerca su come diventare product designer, abbiamo provato a trovare risposte chiare ad una domanda che, però, in fondo non esiste. In questo senso, la vastità della Design Week conferma come il design permei ogni ambito culturale, e come, alla base di ogni prodotto di successo, ci sia la necessità di mettere in discussione i preconcetti della industry, al fine di perfezionarla. Perché oltre a celebrare l’estetica e la creatività (che a volte bastano), il design serve a sollevare le domande giuste.