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Milano riuscirà a diventare una città 30 km all'ora?

Non si tratta semplicemente di limitare la velocità delle automobili a 30 km/h

Milano riuscirà a diventare una città 30 km all'ora? Non si tratta semplicemente di limitare la velocità delle automobili a 30 km/h

Lo scorso gennaio il consiglio comunale di Milano ha invitato a istituire «il limite di velocità in ambito urbano a 30 chilometri orari a partire dal 1° gennaio 2024». La proposta di rendere il capoluogo lombardo una “città 30”, anche se dev’essere ancora approvata, è stata subito sostenuta dell’assessora alla Mobilità, Arianna Censi, e potrebbe essere accolta in via definitiva in un futuro non troppo lontano. Nel frattempo sono state modificate alcune regole relative alla circolazione dei mezzi pesanti in città, dopo che alcune persone erano morte investite proprio da questo tipo di veicoli – cosa che aveva generato anche ingenti proteste. A partire dal primo ottobre i veicoli destinati al trasporto merci, superiori a 3,5 tonnellate, non potranno accedere nell’Area B, la zona a traffico limitato che comprende quasi tutto il territorio comunale di Milano, a meno che non abbiano installati i sensori per accorgersi della presenza di pedoni o ciclisti. Un’altra importante modifica riguarda il costo per accedere all’Area C, la ZTL nel centro storico della città, che passerà da 5 a 7,5 euro. La giunta comunale, inoltre, ha approvato la proposta di rendere pedonale, a partire dal 2024, l’area del “Quadrilatero della Moda”. «Il messaggio che vogliamo dare ai cittadini è: non entrate in centro perché non potete parcheggiare» ha commentato Beppe Sala, che ha anche deciso di cambiare le regole per sostare nella cosiddetta “Cerchia dei bastioni”, la circonvallazione interna che delimita l’area del centro storico – al fine di «disincentivare la lunga permanenza di automobili» dalle 8 alle 19 si potrà parcheggiare qui per un massimo di due ore. Tutte queste iniziative hanno un denominatore comune: far diventare Milano una “città 30”.

Le “città 30” sono una novità solo in Italia

Il modello di “città 30” non si limita ad abbassare la velocità delle automobili in circolazione; si tratta invece di un intervento più complesso – di natura infrastrutturale, da un lato,  e culturale dall’altro. Progetti del genere sono volti a migliorare la vita dei cittadini e a riqualificare l’ambiente urbano, prevedendo più piste ciclabili e aree pedonali – con lo scopo di restituire lo spazio pubblico ai pedoni e ai ciclisti, sottraendolo ai veicoli a motore. Ed è esattamente quello che, pian piano, sta avvenendo a Milano, che nell’arco di non troppo tempo potrebbe diventare la seconda grande “città 30” italiana. Sì, perché Milano “prenderà appunti” guardando al caso di Bologna. Il sindaco del capoluogo emiliano-romagnolo ha annunciato di recente l’avvio della fase preliminare di un più ampio progetto che, tra le altre cose, estenderà entro 6 mesi a quasi tutta la città il limite dei 30 chilometri orari. Questo modello è infatti relativamente nuovo in Italia: prima di Bologna aveva fatto da apripista, nel 1998, Cesena, che però ha meno di 100mila abitanti, seguita nel 2021 da Olbia (60mila abitanti) – mentre in diverse centri del mondo, tra cui Berlino, Helsinki, Barcellona e Parigi, la “città 30” è una realtà già consolidata da tempo.

Laddove è stata implementata, la “città 30” ha portato a ottimi risultati. Innanzitutto non ha comportato un allungamento dei tempi di percorrenza per gli automobilisti: al contrario, si è assistito a un decongestionamento del traffico. Inoltre con il passaggio a questo modello calano gli incidenti stradali. A Bruxelles, ad esempio, solo nei primi sei mesi di sperimentazioni sono diminuiti di oltre 20 punti percentuali, e il numero di vittime di incidenti stradali si è dimezzato, così come i valori di inquinamento acustico; al tempo stesso la quantità di persone che si spostano in auto è passata dal 64 al 49%. A Edimburgo, invece, il numero di incidenti è sceso di 40 punti percentuali, il numero di feriti di oltre 30 e le vittime di più di 20. Nei primi otto mesi del 2022, invece, a Milano sono stati oltre 1200 gli incidenti stradali che hanno coinvolto principalmente biciclette e monopattini elettrici; in questa classifica il capoluogo lombardo è di gran lunga la prima città, e stacca Roma – al secondo posto –, di oltre 600 incidenti.

Una nuova concezione di città

In Italia circa l’80% della strada, tra carreggiata e parcheggi, è dedicato alle automobili – che però si ritrovano per la maggior parte del tempo vuote e ferme, e anche quando sono in movimento spesso vengono usate per viaggi di pochi chilometri da un solo conducente. Il nostro Paese, inoltre, si posiziona ottavo nella classifica europea del numero di vittime stradali pro capite. Non a caso, il tasso di motorizzazione italiano è tra i più alti in Europa: le auto in circolazione sono quasi 40 milioni, vale a dire 67 ogni 100 abitanti – 9 in più della Germania, 10 in più della Francia e 15 in più della Spagna. Tutto questo ha ricadute dirette su come le persone vivono le strade: diversi studi hanno infatti dimostrato che un deterrente all’uso della bici e degli spostamenti a piedi è proprio la scarsa sicurezza stradale. Più in generale, le automobili – che siano pesanti o più compatte – rappresentano ormai un sistema di trasporto inefficiente, non solo dal punto di vista ambientale, tanto più in una città come Milano, che ha dimensioni contenute rispetto ad altri grandi centri europei e il trasporto pubblico di per sé funziona. Eppure nel capoluogo lombardo è immatricolata un’auto ogni due abitanti, una media decisamente superiore alle metropoli europee – già nel 2012 Copenhagen ne contava poco più di 20 ogni 100 abitanti. Adottando a Milano il modello di “città 30” sarà possibile riequilibrare maggiormente lo spazio urbano, riducendo le aree dedicate alle auto, in favore di piste ciclabili e marciapiedi più larghi, così da creare una città più vivibile, sicura e democratica per le persone che non si muovono in macchina. Ma non solo: con una “città 30” la sicurezza stradale aumenta, l’inquinamento cala, viene favorita l’economia di quartiere – con tutti i benefici per il vicinato – e il paesaggio diventa esteticamente più bello. Viaggiando più piano, le automobili hanno bisogno di meno spazio, perciò quest’ultimo può acquisire nuove funzioni, in ottica di arricchire l’ambiente urbano.