L’impatto di Amy Winehouse nella moda

Per evocare lo stile di Amy Winehouse basta macchiare le palpebre di eyeliner e arruffare i capelli sopra la nuca. Come tutte le star, il suo look è memorabile perché caratterizzato da pochi, chiari elementi che nel tempo hanno fatto sedimentare la sua immagine nella mente comune: un paio di minuscoli shorts di jeans che scoprono le sue gambe magrissime, una spessa cintura in vinile nero per accentuare i fianchi, un little black dress aderente e scollato che ricorda gli abiti a pois di Minnie. Adesso che il cinema ha deciso di raccontare la sua storia in una biopic, Back to Black, oggi in uscita nelle sale italiane, torna a farsi sentire la preoccupazione che il prodotto finale narri la tragedia, più che il successo dell’artista, e che dimentichi tutti gli aspetti che hanno reso la sua musica eterna. Quando Winehouse era ancora con noi, il mondo e i tabloid erano ossessionati dalle sue “cadute di stile”, ed è quindi possibile che tornino a parlarne per fama - e per stimolare i guadagni al botteghino. Ma ciò che rimane della carriera di Amy Winehouse è ben più che la sua dipendenza, va oltre i suoi sbagli: influenza la musica che ascoltiamo oggi, l’arte e persino la moda, che così spesso ha preso ispirazione dal suo look ferocemente femminile per collezioni e campagne. 

L’amore dei fan per Winehouse è inarrestabile. La sua ex-casa di Camden Town, dove per altro si erge una statua dedicata a lei, è una meta di pellegrinaggio ricoperta di baci lasciati col rossetto. Il quartiere dove l’artista ha vissuto per anni incarna ancora il suo stile, così legato al mondo della musica e dello street style inglese, sregolato e punk. Pur essendosi trasformata in una delle location turistiche più gettonate di Londra, è ancora il regno dei negozi di tatuaggi, della vita notturna e della moda anti-convenzionale, una fonte di creatività infinita che nasconde un po’ di lei in ogni angolo. Le sue scarpette da ballerina indossate sul palco e in giro per la città come segno distintivo e le sue décolleté sono passate di qua innumerevoli volte, segnando la storia dell’indie sleaze e la rinascita della scena musicale britannica. Fin dal suo album d’esordio, Frank (2003), la cantante ha suggerito una forte sensibilità per il costume, riflessa nelle sue scelte stilistiche come anche nei suoi testi. In Fuck Me Pumps, Winehouse evoca l’immagine di una gold digger attraverso l'abbigliamento: tacchi vertiginosi, una borsa Gucci vuota, un paio di jeans troppo stretti per riuscire a sedersi comodamente. 

Il look da pin-up anni ‘50 che imitava Winehouse è passato alla storia non tanto per la cura dei dettagli - spesso, Winehouse decorava la sua acconciatura ad alveare con fiori, fermagli orientali e bandane - quanto per il modo in cui veniva decontestualizzato. Nessuno come lei riusciva a disfare un cocktail dress con tanta eleganza, rendendolo un vero e proprio costume di scena. Nella musica come nell’abbigliamento, Winehouse prendeva i codici stilistici di star d’epoca come Billie Holiday, Alma Cogan e Brenda Lee e li immergeva nel nuovo millennio. E la moda è rimasta da subito affascinata dalla sua presenza, così fragile, lontana dal glitz e dal glamour, così disarmante nella sua emotività. Nel 2011, Robin Givan, adesso Senior Critic per il Washington Post, scrisse per il Daily Beast che «c’era qualcosa di stranamente provocatorio, ammirato e forse anche invidioso nel modo in cui l'industria della moda si è accanita sulla Winehouse. Forse perché la sua vita enfatica, tormentata e fuori controllo era un motivo creativo familiare e irresistibile.» Dopotutto, gli anni dell’ascesa della cantante R&B seguivano il successo dell’epoca in cui l’heroin chic, celebrato a perdifiato in riviste e campagne pubblicitarie da tutti i brand, era ostentato come manifesto di una generazione. 

I brand preferiti da Winehouse si limitavano a pochi nomi. Da Betsey Johnson a Karen Millen, dalla hyper-Brit Patricia Field all’ironia degli accessori in plastica comprati ai mercatini vintage, le silhouette che prediligevano la cantante e la sua stylist Naomi Parry richiamavano lo stesso stile ultra sexy che governava gli anni ‘50, sporcato dai tatuaggi old-school della cantante e dall’autoabbronzante che, secondo quanto raccontato dalla stylist Parr nel documentario della BBC, Reclaiming Amy (2021), macchiava «così tanti dei suoi vestiti.» Solo alcune volte Winehouse aveva provato ad addentrarsi un po’ di più nel mondo della moda, con firme come Galliano, Dolce&Gabbana, Vivienne Westwood e Moschino, e anche se non voleva rendere evidente questa sua attenzione per la cura dell’immagine, così precisa nella sua imperfezione, trapelava in ogni sua apparizione - passando anche per il launch party di The Row in compagnia delle gemelle Olsen, nel 2007. Invitata a cantare ad un evento di Fendi durante la Paris Fashion Week, nel 2008, Winehouse aveva modificato e ridisegnato l’abito che indossava secondo i propri gusti, sostenendo poi, prima di esibirsi, «forgive my ignorance, I don’t know anything about fashion.» Una dichiarazione poi smentita nel 2010, con il lancio esclusivo della sua prima collaborazione con Fred Perry, una capsule di cardigan e di polo scollate, di gonne a tubino e di pantaloni Capri che incarnavano a pieno lo stile di una ragazza inglese di periferia. 

Tutte le aspettative e le critiche che venivano rivolte a Winehouse in quegli anni facevano spallucce del fatto che l’artista avesse poco più di vent’anni, che la sua sfrontatezza non fosse altro che sintomo di un’evidente delicatezza emotiva e artistica. Se Winehouse non fosse stata così impudente, del resto, il mondo non avrebbe mai potuto avere Back to Black, un trionfo di onestà emotiva di cui la musica sente ancora il peso. La sua ascesa e il suo declino si potrebbero a posteriori paragonare a quelle di Alexander McQueen, un altro enfant terrible della cultura inglese, amato da tutti ma famoso per il suo approccio anticonvenzionale e pungente al mondo del glamour. Pur facendone parte, entrambi dimostravano costantemente il loro disgusto per il sistema, e dopo essere stati sfacciatamente giudicati dai tabloid e da internet, hanno trovato gloria eterna nel mondo del pop solo in seguito alla loro triste scomparsa. 

Chanel 2008

Chanel 2008

Chanel 2008

Chanel 2008

Chanel 2008

Chanel Pre-Fall 2008

Chanel Pre Fall 2008

Chanel Pre Fall 2008

Jean Paul Gaultier SS12

Jean Paul Gaultier SS12

Jean Paul Gaultier SS12

Love Magazine 2009

Dua Lipa Brit Awards 2021

Il primo che nella moda ha deciso di esternare la propria passione per Winehouse è stato Karl Lagerfeld. In occasione della Chanel Pre Fall 2008, il designer ha presentato lo stesso look dell’artista, dall’acconciatura anni ‘50 all’eyeliner intenso sulle palpebre. Una sfilata in black&white che è tornata a parlare di Winehouse nella campagna Paris London 2008 con la top model Coco Rocha, la collezione di Lagerfeld ha reso omaggio allo stile eclettico e velatamente kitsch dell’artista, in piena linea Chanel. «È un'icona di stile,» aveva dichiarato il designer dopo lo show. «È un'artista bellissima e dotata. E mi piace molto la sua pettinatura. L'ho presa come ispirazione. Perché, in effetti, era anche la pettinatura di Brigitte Bardot alla fine degli anni Cinquanta e Sessanta. E ora Amy ne ha fatto uno stile tutto suo. Così, quando l'ho vista, ho capito che era il momento giusto. Amy... è la nuova Brigitte.» Un anno dopo, Love Magazine ha ripetuto lo stesso trucco sul set per la front cover di febbraio, questa volta impersonato dalla star di Victoria’s Secret - per altro brand di lingerie molto amato da Winehouse, che adorava indossare reggiseni a vista sotto i tank top - Adriana Lima. Seguono Jean Paul Gaultier, per la SS12, Lana Del Rey, che pur non ammettendolo, all’epoca di Born to Die pescava codici di stile dall’immaginario della cantante R&B, e Dua Lipa, che ai Brit Awards del 2021 ha indossato Vivienne Westwood e il caratteristico beehive scuro di Winehouse. 

Prima che fosse annunciata la produzione di Back to Black, la biopic sulla vita di Amy Winehouse con protagonista Marisa Abela in uscita a maggio del 2024, diversi musei e case d’asta hanno dedicato i propri spazi agli abiti di Winehouse. Nel 2020 e nel 2022, il Grammy Museum di Los Angeles e il Design Museum di Londra avevano provato a cambiare conversazione sull’artista - nei media così spesso incentrata sulle sue fatiche personali - spostando l’attenzione sul suo stile e su come abbia influenzato la nostra cultura. Bisognerà aspettare la prossima primavera per sapere se il film riuscirà finalmente a raccontare la grandiosità di Winehouse. Per adesso, l'essenza dell'artista si può ritrovare nel suo armadio, metaforicamente racchiusa nell’immagine delle sua scarpette in raso rosa rigorosamente sporche di fango.