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Bottega Veneta non se n’è mai andato da Instagram

Come un brand può vivere tramite la sua fanbase

Bottega Veneta non se n’è mai andato da Instagram Come un brand può vivere tramite la sua fanbase

La scomparsa di Bottega Veneta da tutti i social media, qualche settimana fa, ha messo in discussione un sistema di comunicazione aziendale che l’intera industria del lusso, tanto i brand quanto i consumatori, davano quasi per scontato. Ma la verità è che il brand non è affatto scomparso dai social: ha solo rinunciato a parteciparvi direttamente. A oggi, l’hashtag #bottegaveneta appare 1.962.814 volte solo su Instagram, l’account @newbottega conta 375.000 followers e @bottegaveneta.by.daniellee ne conta 41.100, senza nemmeno menzionare il microcosmo di pagine minori, magazine e moodboard che ancora parlano del brand online.

Bottega Veneta è passato insomma da una strategia social diretta a una indiretta e organica – un modello, cioè, in cui è la stessa fanbase del brand a trasmetterne e curarne l’immagine dal basso. Di solito, infatti, sono gli account instagram personali dei designer o le pagine d’archivio a loro dedicate a registrare alti tassi d’engagement, mentre i profili istituzionali risultano noiosi anche su un piano puramente visivo. Ad esempio, in occasione dello show FW21 di Louis Vuitton, Virgil Abloh ha bombardato i suoi follower con storie Instagram sul behind-the-scenes mentre l’account ufficiale del brand non ha nemmeno postato una foto dei look della sfilata, limitandosi a pubblicare una foto della location.

In una precedente analisi della questione, si era già stabilito come tutto ciò facesse parte di una “strategia dell’assenza” promossa da Daniel Lee anche sul piano delle sfilate. Un tipo di strategia assolutamente anti-convenzionale che però un brand come Bottega Veneta si può permettere in quanto dotato di una fanbase solidissima e di prodotti altamente riconoscibili sui social. Per Bottega Veneta, insomma, essere direttamente presente sui social è uno sforzo quasi superfluo avendo una community intera che svolge lo stesso lavoro al suo posto – specialmente poi in un’epoca in cui i social sono un’arma a doppio taglio, dando adito a infinite potenziali polemiche virali. Il modello di questo marketing fu Supreme, che nei primi anni di vita di Instagram, era solido affidare ai propri fan la gestione dell’immagine del brand. Un caso limite che definì questo tipo di marketing fu quello del broker Igor Kotlyar, arrestato per frode nel 2003, e immortalato dal New York Post con indosso una Box Logo Tee - foto che venne usata lo stesso anno da Supreme commentata dalla scritta Illegal Businesses Run America.

La scomparsa di Bottega Veneta dai social media, infine, costringe molti brand a mettere in discussione l’importanza di possedere una pagina corporate aziendale in un ecosistema digitale in cui spesso le pagine d’archivio o le pagine moodboard ricevono più apprezzamenti di quelle ufficiali. Prendendo a esempio il case-study di Jacquemus, che è fra l’altro anche un profilo personale e non solo aziendale, si vede come il successo sui social provenga da informalità e familiarità, oltre che da un senso estetico personale per la curation delle immagini. Una serie di caratteristiche di cui, in media, la pagina Instagram di un brand non possiede, somigliando piuttosto a un catalogo commerciale che presenta campagne e prodotti in maniera tutto sommato asettica e formalizzata – e dunque poco interessante. Dopo tutto, una image curation di successo non potrebbe mai dipendere da logiche in larga parte commerciali come quelle che sottostanno alla gestione di un account aziendale. Per questo, forse, Bottega Veneta ha deciso di abbandonare i social, riuscendo però a non scomparire dai social.