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Consonno: la Las Vegas fantasma della Brianza

L'alternativa definitiva al Fuori Salone

Consonno: la Las Vegas fantasma della Brianza L'alternativa definitiva al Fuori Salone

Per questa settimana la rubrica Sunday Escape si trasforma in Escape from Fuori Salone. Se non ne potete più di happenings, installazioni artistiche e gente assiepata nelle strade in attesa di vedere l’ultimo oggetto di design, nss vi suggerisce una meta alternativa: Consonno. Non distante da Milano, adagiato tra le colline della Brianza e collegato al comune di Olginate solo con una mulattiera, sorge questo piccolo borgo un tempo conosciuto come “la Las Vegas italiana” e ormai ridotto a un cumulo di macerie e edifici diroccati. Un deserto fatto di  strutture arrugginite e decadenti che nascondono una bizzarra storia.

Siamo agli inizi degli anni ’60 quando  il destino di questo luogo cambia per sempre per merito del conte Mario Bagno. L’eccentrico industriale, arricchitosi costruendo autostrade e piste per aerei nell’Italia del boom economico, ha un sogno: realizzare un grande parco dei divertimenti, un luccicante Paese dei Balocchi per adulti. La scelta della location cade su Consonno, la meta delle sue vacanze giovanili. Comprarlo è scandalosamente facile. Basta versare ventidue milioni e cinquecentomila lire alle famiglie Aghilieri e Verga, proprietarie del borgo e la grande impresa può iniziare. Il primo passo è costruire una strada camionabile per collegare Consonno con Olginate, il secondo è far sloggiare i circa 300 abitanti e demolire tutto, risparmiando solo la chiesa e il cimitero. Al posto di quella manciata di case Bagno erige giganteschi edifici di materiali scadenti ispirati alle cartoline che gli mandano i suoi amici dall’India, dall’Egitto e da altri stati esotici: una galleria commerciale arabeggiante con tanto di minareto, che nell’ultimo piano ospita dei piccoli appartamenti per le vacanze; una pagoda cinese; un castello medievale come porta di ingresso; un grand hotel alla francese; night club, ristoranti; negozi. Dissemina ovunque cartelli auto promozionali che recitano frasi tipo “Chi vive a Consonno campa cent’anni” o “Consonno è il paese più piccolo ma più bello del mondo“ e, per rendere più visibile la vista panoramica sul Resegone, spiana addirittura la collina di fronte al paese con la dinamite. Il lavoro dà i suoi frutti e per un decennio, tra il 1965 e il 1975, il progetto del conte si rivela un successo. Un esercito di giovani meneghini, ragazze e ragazzi figli del boom post-bellico, passa le notti qui a divertirsi, tra cene, balli e concerti dei big della musica italiana dell’epoca come Celentano, Mina o i Dik Dik. 

 Poi arrivano gli anni ’70. Con la crisi e il disagio sociale i turisti si dirigono altrove e, un po’ alla volta, il borgo brianzolo perde fascino. La fine definitiva del sogno di Bagno arriva nell’ottobre del 1976 quando una frana cade sulla strada d’accesso al paese, lasciandolo isolato. Inutili tutti i tentavi di porre rimedio del conte, ostacolati dalla giunta del comune di Olginate, Consonno diventa una città fantasma. Oggi, oltre quarant’anni dopo, è ancora così. Tutto quella che resta del vecchio fasto è un mucchio di edifici diroccati, invasi da vegetazione e graffiti. È un paesaggio avvolto da un’atmosfera surreale e da un silenzio irreale che molti hanno paragonato a film post apocalittici come The Day After o a videogiochi come Fallout. Ciclicamente qualcuno ipotizza l’idea di comprare e ristrutturare questo posto, ma fino ad ora nessun progetto si è concretizzato.