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Il trend Y2K e il ritorno della diet culture

La fine della "BBL era" non è una buona notizia

Il trend Y2K e il ritorno della diet culture La fine della BBL era non è una buona notizia

A 41 anni Kim Kardashian è all’apice della sua forma fisica: il suo profilo instagram da 329 milioni di follower rivela una routine di allenamenti serratissimi, tutine attillate, braccia toniche, 7 chili persi in tre settimane per entrare nel vestito di Marilyn Monroe al Met Gala e mai ripresi. Dopo un divorzio problematico e la recente fine della sua fugace storia d’amore con Pete Davidson, sembra che ci siano due grandi assenti nella vita di Kim per come la conoscevamo: la fede al dito e il suo proverbiale didietro. Kim, che ha sempre negato di aver subito un intervento chirurgico al sedere e che nel 2011 in Keeping Up With The Kardashians si è persino sottoposta a una scansione del suddetto per "dimostrare" di non avere impianti, secondo il The Sun avrebbe semplicemente smesso di ricorrere al BBL, una procedura chirurgica in cui il grasso viene rimosso da un'altra area del corpo - fianchi o stomaco - e iniettato nell'area del sedere. Su Twitter si parla da mesi della "fine dell'era BBL" (acronimo di Brazilian Butt Lift), mentre su TikTok si sono scatenate speculazioni sulla riduzione del posteriore di Kim e Kourtney, in una querelle che ha portato in tendenza Google la ricerca "Kardashian reverse BBL" con una crescita del +5.000% negli ultimi 12 mesi. In sintesi le persone sembrano alla disperata ricerca della conferma che la magrezza (eccessiva?) è di nuovo "cool" e che un sedere voluminoso non lo è più.

Quando lo scorso anno i pantaloni a vita bassa, le minigonne inguinali e le pance scoperte hanno fatto capolino sulle passerelle, l’opinione pubblica si è divisa tra chi ha definito il ritorno dell’Y2K un trend che sarebbe durato appena due stagioni e chi, con grande lungimiranza, ha espresso sin da subito la paura che la nostalgia potesse andare ben oltre i vestiti. In effetti, insieme alla riscoperta delle sopracciglia sottili e dei fermagli a farfalla, è tornata anche l’idea che alcuni tipi di corpo o persino parti specifiche del corpo possono diventare e passare di moda. L'ascesa fulminea della BBL ha coinciso con l'avvento dell'emoji della pesca, l'era di Kim Kardashian e Kanye West, Cardi B. e Megan Thee Stallion. La discussione è problematica su più fronti, se da un lato, come sottolinea  Instyle, le Kardashian - che da tempo vengono additate per lo sfruttamento della cultura e dell'estetica black - hanno aiutato la BBL a diventare uno degli interventi cosmetici più popolari e in più rapida crescita dell'ultimo decennio (+78% nel 2015), l'ascesa di un ideale di bellezza dominante fatto di curve accentuate è stata una boccata d’aria fresca rispetto alla magrezza eccessiva degli anni ‘00. Ma c’è anche da dire che l’allontanamento da un modello estetico naturale per molte donne di colore, non sembra meno offensivo di quanto non lo sia stato il suo avvicinamento. 

Ora che su TikTok sono virali le clip di ragazzine che seguono la "dieta Bella Hadid" mangiando solo un piatto di cavolo bollito per cena ed Elisabetta Canalis consiglia di saltare la colazione per tenerci in forma sulla tv nazionale, gli anni ‘00 hanno raggiunto l’apice della realizzazione ideologica: una combinazione tossica tra diet culture, grassofobia, conversazione pro-ana. Nel 2003, lo stesso anno in cui la Fox ha trasmesso in anteprima The Simple Life, il 61,8% delle donne americane aveva un disturbo alimentare e i primi social network (LiveJournal, Myspace, Tumblr) non hanno fatto altro che rimarcare la tendenza. «Quando penso agli anni 2000, mi vengono in mente le comunità di LiveJournal e gli account di Tumblr che erano favorevoli all'anoressia», afferma Tyler McCall, caporedattore di Fashionista in una dichiarazione riportata da Harpers Bazaar, mentre la youtuber Angela Benedict ha raccontato il suo rapporto controverso con il corpo in un video intitolato "Y2K gave me an eating disorder". Per i Millennials è un triste déjà-vu, per la GenZ, cresciuta sotto il bombardamento sensoriale delle immagini ritoccate dei social media, è una preoccupazione in più. 

Ricordo quando ho raccontato per la prima volta al mio analista i miei problemi con l’immagine corporea, avevo 15 anni e un aspetto molto diverso rispetto all’ennesima modella bionda in età pre-puberale sulla copertina di Teen Vogue. Non mi aspettavo che un uomo di 50 anni potesse davvero capire quello che era un accenno di dismorfia o almeno non pensavo che potesse dirmi qualcosa di diverso rispetto ad un qualsiasi saggio scientifico che avrei potuto scaricare gratuitamente da internet. Ma mi sorprese: «Sai quando a Tahiti si è registrato il picco dei casi di disturbi alimentari? Nel 2004. Gli americani erano venuti a portare aiuti umanitari a seguito dello tsunami e hanno lasciato tra le altre cose canoni di bellezza irrealistici ed eurocentirci e una scia di persone che si sono riscoperte profondamente a disagio con il loro corpo, sebbene prima non lo siano mai state.» Il ché è stato, per molti versi, illuminante. Vivremmo comunque un tale profondo disagio verso noi stessi se non fossimo cresciuti con un’idea ben precisa di come dovremmo essere, vivere, apparire? Probabilmente no. Probabilmente nello sfaccettato panorama post moderno il nuovo e unico totem della società occidentale è l’immagine, poco importa quanta sofferenza ci causi, poco importa quanto poco importi.