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5 motivi per cui la lana è la migliore scelta per un guardaroba sostenibile

Come mai la fibra animale più antica del mondo potrebbe finire per salvarlo

5 motivi per cui la lana è la migliore scelta per un guardaroba sostenibile Come mai la fibra animale più antica del mondo potrebbe finire per salvarlo
@jeremyalvarez
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La sostenibilità è diventato il principale problema dell’industria della moda. Dall’inizio dell’emergenza climatica, è partita una corsa all’oro per trovare nuove soluzioni sostenibili – che si tratti di colture rigenerative, nuovi metodi di lavorazione, upcycling ed economia circolare. L’ultimo goal della moda sostenibile, però, sono i materiali: in un mondo in cui servono quasi 2.700 litri d’acqua per produrre una singola t-shirt di cotone, trovare il prossimo materiale sostenibile, riciclabile e smaltibile è diventato la priorità assoluta dei dipartimenti di ricerca e sviluppo in tutto il mondo. Eppure una soluzione esiste già – un tessuto naturale, biodegradabile, riciclabile e naturalmente longevo: è la lana. Promuovere la lana come «the original eco-fibre» è da sempre la missione The Woolmark Company, l’associazione composta da oltre 60.000 allevatori nata nel 1936 in Australia per promuovere, studiare e difendere il ruolo della lana Merino. Nel corso dei decenni, The Woolmark Company e il suo celebre logo sono diventati onnipresenti negli armadi e nei negozi di tutto il mondo – ed è alla storica no-profit che si devono le ricerche che dimostrano le capacità della lana Merino di prevenire i disturbi della pelle o assorbire gli odori, ma anche gli studi che mostrano come la lana sia effettivamente il tessuto sostenibile OG.

Per spiegare meglio i risultati di questi ricerche, ecco qui di seguito i 5 motivi per cui la lana è il futuro della moda sostenibile.

1. La lana è del tutto biodegradabile

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Tutti i materiali, naturali o sintetici che siano, hanno un loro grado di biodegradabilità – che viene misurato con la velocità che una sostanza impiega a decomporsi per azione degli agenti esterni. La lana è una fibra composta interamente di keratina che, quando si decompone per opera dei microorganismi, non solo non inquina il suolo ma lo arricchisce con azoto, carbonio e zolfo. Questo non significa che la lana si degrada facilmente – la decomposizione della lana inizia solo quando viene sepolta nel suolo umido, il che significa anche che la lana non si accumula nelle discariche – persino i trattamenti anti-shrinking a cui viene sottoposta nella sua lavorazione non producono microplastiche ma in certi casi accelerano il processo di biodegradazione.

2. La produzione della lana impiega meno risorse di altri materiali organici

La lavorazione della lana, dalla tosatura fino alle finiture industriali, usa il 18% di energia in meno rispetto a quella del poliestere e il 70% in meno dell’acqua che viene usata per la produzione di altri materiali naturali. Di recente, inoltre, The Woolmark Company ha proposto una serie di best practices per minimizzare ulteriormente l’impatto che i processi di lavorazione hanno sull’ecosistema: l’uso di tinture biologiche e processi di tintura a impiego ridotto di acqua; trattamenti anti-shrinking che non usino il cloro e tecnologie per maglieria circolare e printing digitale ma anche il riciclaggio della lana stessa e la creazione di blend di lana e fibre sintetiche riciclate.

3. La lana è una fibra circolare

La lana è una fibra naturalmente rinnovabile in quanto viene prodotta organicamente ogni anno dalle pecore – 70 milioni di esemplari in Australia per la sola razza Merino. Ma la circolarità della lana sta nella sua capacità di essere riciclata: il primo processo industriale di riciclo della lana risale addirittura al 1813, quando Benjamin Law creò un tessuto detto shoddy mescolando lana riciclata e vergine. Oggi la lana, grazie alle sue caratteristiche biochimiche, è il tessuto più riciclato del mondo. Di recente, il brand danese Really (posseduto in parte da Kvadrat) ha usato la lana per creare un tipo di feltro solido da usare nella produzione di mobili come se fosse legno mentre Emily Bode, il cui eponimo brand Bode lavora quasi esclusivamente con tessuti circolari, è diventata la vincitrice del Woolmark Price nel 2020.

4. La lana non produce microplastiche

Uno degli aspetti più problematici e insidiosi delle fibre e dei materiali sintetici è che sono inquinanti anche quando sono lavati: le microplastiche usate nei capi sintetici rappresentano il 35% di tutte le microplastiche presenti negli oceani. Secondo recenti stime, ogni anni finiscono in mare tra lo 0,6 e 1,7 tonnellate di microplastiche – una quantità che va solo ad aumentare. Le fibre naturali come lana, lino e cotone non producono microplastiche e, nel caso della lana, vengono anche lavate di meno – comportando un notevole risparmio di acqua nel corso del loro ciclo vitale.

5. La lana Merino è tracciabile

Ora che i processi di produzione di quasi ogni capo di abbigliamento sono completamente industrializzati, è diventato sempre più difficile tracciare l’origine dei materiali: la tracciabilità è importante perché dimostra non solo la provenienza di un materiale ma anche i luoghi in cui è stata lavorata – un intero processo che si svolge in diverse aree del mondo e che a volte rivela aspetti problematici della produzione di molti brand. Il logo di Woolmark, per esempio, rappresenta una certificazione di provenienza e dunque rappresenta una forma di tracciabilità ma ovviamente serve l’intervento dei brand per tracciare l’intera filiera produttiva – una decisione impegnativa che alcuni brand stanno già implementando ma che richiederà ancora qualche tempo. The Woolmark Company, in ogni caso, incoraggia la tracciabilità e la trasparenza anche per iniziative come il Woolmark Prize.