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nss fashion guide: China

In attesa della Shanghai Fashion Week FW19

nss fashion guide: China  In attesa della Shanghai Fashion Week FW19

Dal 27 marzo al 3 aprile la città di Shanghai ospiterà una delle fashion week d'Oriente più attese della stagione. A sfilare saranno le collezioni FW19 di designer cinesi che, tra innovazione, ispirazioni occidentali e quell'inconfondibile tocco di esagerazione, forse faranno accrescere l'interrogativo che assilla il fashion system d'Occidente: la Cina è la capitale della moda del futuro?

In questo Paese, solo nel 2017, è stato rilevato un aumento del consumo dell’abbigliamento di 4.3 trilioni di yuan ($ 686 miliardi) rispetto ai 3,2 trilioni di yuan che erano stati registrati nel 2015, pari al 7,5% del consumo totale.

In attesa della FW vi proponiamo dunque una guida completa per comprendere al meglio le dinamiche della moda Made in China.

Shanghai Fashion Week

Fondata nel 2001, la SFW nelle sue prime edizioni aveva l'aspetto di una fiera più che di una vera e propria settimana della moda la quale, risentendo del peso dei Big 4 (NY, Londra, Milano e Parigi), cercava di diffondere una sua idea di fashion non ancora sostenuta da un pubblico d'impatto ed influente. Col passare degli anni Shanghai è riuscita a trovare la sua carta vincente, non per sfidare i colossi delle fashion week, ma per crearne una che fosse differente da tutte le altre, unica nel suo genere. Per avere successo la SFW doveva diffondere il “verbo cinese” e ci riuscì in particolar modo grazie a progetti come il China-Britain Cultural Exchange Year promossi nel 2015, scambi culturali che andavano ad includere Paesi come l'Italia e la Gran Bretagna. Shanghai si è guadagnata il titolo di capitale culturale e finanziaria ed epicentro degli scambi commerciali con l'Occidente, città di movimento ed evoluzione dall'ambito economico a quello artistico, la “Parigi d'Oriente”. Tutto riguadagnato per la settimana della moda che per ben due volte l'anno mette in scena il meglio degli stilisti locali, giovani formatisi all’estero presso le migliori scuole d'Inghilterra e Stati Uniti, e poi tornati in patria per fondare il loro brand.

Sara Sozzani Maino, Head di Vogue Talents e vice-direttore di Vogue Italia afferma che “Sicuramente studiare in paesi stranieri come Italia, Stati Uniti e Gran Bretagna accresce la qualità degli stilisti che poi fanno ritorno in Cina [...] e anche se i designer cinesi si stanno facendo strada negli ambienti più prestigiosi del settore, e oggi sfilano a Parigi, Milano e Londra, Shanghai è comunque riuscita a tenere per sé i suoi migliori talenti”.

Pechino VS Shanghai

Il territorio cinese vanta non una ma ben due fashion week. Da una parte c'è la Pechino la Mercedes Benz China International Fashion Week organizzata due volte l’anno dalla China National Textile and Apparel Council, mentre dall'altra c'è la China Fashion Week (SFW) gestita da Shangtex, compagnia incentrata sulle manifatture e sulla distribuzione del prodotto tessile. C'è una implicita competizione tra le due iniziative che, a causa del sostegno di fondi pubblici, tentano di catturare l'attenzione del maggior pubblico possibile, ma ciò che le differenzia principalmente è lo scopo. Mentre Shanghai funge da vetrina per i designer indipendenti e appare molto più simile alle FW come Londra e NY, a Pechino il focus è spostato più sulla vendita, sulle aziende cinesi che propongono i loro progetti e sul fattore retail.

Breve storia della Moda cinese

Per comprendere però a pieno le dinamiche che hanno spinto questo colosso industriale a gettarsi in mezzo al complesso mondo della moda è necessario fare un passo indietro, fino all'800, e solo così comprendere quanto profondo sia l'interesse dei cinesi per la moda e quanto naturale sia per loro avere una indipendente ed unica concezione dell'abbigliamento.

Prima dell'800 non si poteva parlare di vero e proprio stile Made in China, allora i vestiti andavano di pari passo con la tradizione, la religione, i costumi e le differenze sociali, in quanto i colori, il tessuto e i ricami contribuivano a comunicare il ceto sociale di appartenenza di ciascun cittadino. Fu durante i primi anni della dinastia Qing (inizio '900) che alcuni mercanti europei sbarcarono a Shanghai e a Canton, e così, grazie a loro, i cinesi videro per la prima volta le tecniche occidentali, patrimonio che acquisirono e svilupparono nel loro ambiente.

Zhao Chunlan è considerato il padre della moda cinese: figlio di sarti, durante l'adolescenza soggiornò negli Stati Uniti dove imparò questo mestiere, in particolare la riproduzione della giacca da donna alla "occidentale maniera", competenza che, una volta tornato in Cina, condivise con i suoi allievi. Se si vuole invece individuare una delle prime label locali si può citare Hong Xiang, marchio di lusso a cui esclusivamente nobili e personaggi noti facevano affidamento durante la prima parte del 20esimo secolo. Si stavano compiendo i primi passi verso una vera e propria rivoluzione fashion, attraverso la conoscenza di ciò che c'era oltre i confini, attraverso la conformazione al gusto occidentale e lo sviluppo tra le donne del desiderio di apparire sempre più belle. Negli anni '20 approda in Cina il trend dello spacco. Sarà esso a caratterizzare il qipao, abito tradizionale che raggiungerà l'Occidente grazie a Il mondo di Suzie Wong, pellicola degli anni '60 in cui la protagonista Nancy Kwan indossa questo capo corto fino al ginocchio, dorato e a maniche corte durante tutto il film.

Cosa accade dopo? La rivoluzione, la sua rivoluzione, politica, sociale e di costume. Arriva Mao Tse-Tung che nel 1966, deciso ad influenzare tutti gli aspetti della vita del popolo cinese con il suo comunismo, introduce la zhongshan, una giacca corta con il colletto a quattro bottoni, la quale diventa capo d’abbigliamento che tutti, come lui, dovevano indossare. L’imposizione di questa giacca maiostica, che poteva essere grigia, beije, verde o blu, non rappresentava solo l’ennesimo gesto di tirannia di Mao ma aveva un vero e proprio scopo di unificazione dei sessi. La zhongshan significava annullamento della libertà e dell’estetica femminile che il qipao aveva elargito.

A partire dalla fine degli anni '70 la moda femminile cinese si rivoluziona ancora una volta, dopo la caduta di Mao compaiono i primi tacchi alti, i look stravaganti, gioielli ed accessori esagerati e la mania dei colori, le famiglie più ricche comprano abiti francesi e Pierre Cardin sfila per la prima volta a Pechino. Era il 1979.

Non molto tempo dopo brand come Gucci, Louis Vuitton e Chanel approdano ufficialmente sul mercato cinese e solo in seguito a questa mossa prenderà il via il fenomeno del “fake”. Le aziende locali cominciano a realizzare capi molto simili a quelli della grandi Maison, offrendo così prodotti “nuovi” al mercato interno ma Made in China.

Un interessante studio condotto dalla scrittrice Christine Tsui esprime un'idea secondo la quale sono esistite 3 diverse generazioni di stilisti cinesi: i pionieri (anni '50-'60) i quali, non hanno sviluppato un marchio concreto, ma hanno per lo più lavorato in aziende e compagnie; i praticanti (anni '70-'90) nati in un contesto di forte cambiamento. Con loro nascono le fiere, i festival, le riviste di moda, sono professionali, più creativi e il loro stile inizia a modellarsi in base alle esigenze del mercato. La terza generazione è invece quella dei giovani del 21esimo secolo, avvantaggiati da un mercato decisamente cresciuto negli anni e spinti verso l'estero per studiare. Così sono nati gli odierni Xander Zhou, Xiao Li, Angel Chen e Feng Chen Wang. Yoanna Liu, senior fashion editor di Harper's Bazaar, Cina, spiega:

"Per molto tempo c'è stato un grande divarico nel mercato cinese tra i marchi internazionali [di lusso] e i produttori locali di moda, che costruiscono i loro brand basandosi sulla produzione di abiti economici in disegni riprodotti". Tuttavia, continua Liu, "ora, giovani designer come Angel Chen e Feng Chen Wang stanno crescendo con i loro clienti e mostrando la loro idea di quale sia lo stile di vita della prossima generazione. Offrono al mercato concetti freschi e originali su moda e stile, di buona qualità e ad un prezzo ragionevole”.

Com'è dunque la moda Made in Cina? Un po' trash, un po' minimal, un po' sexy, un po' barocca, capace di parlare a tutti. Sarà forse questa la chiave del loro successo?

 

Designer da scoprire

Ma chi sono i veri protagonisti di questa rivoluzione fashion in atto? Stiamo parlando di giovani designer che alla tenera età di 25-28 anni già presentano le loro collezioni a Milano e New York, visionari oggi e, perché no, futuri direttori creativi delle più grandi Maison.

Angel Chen: colorata, over, esagerata e tecnica. Questa designer, nonostante la sua giovane età, ha già avuto modo di sfilare con la sua collezione FW17 a Milano.

Feng Chen Wang: tagli asimmetrici, colori abbinati con intelligente casualità, sperimentazione e una visionaria collezione SS19 che vi descriviamo qui.

Xander Zhou: folle, diverso e una storia sempre nuova da raccontare attraverso le sue creazioni. Qui vi raccontiamo dei suoi extraterrestri e degli uomini incinta in passerella.

 

Influencer da scoprire 

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