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La Milano Design Week 2019 e l'effetto Instagram

Riflessioni sul successo della Milano Design Week e sull'impatto di Instagram sulla manifestazione

La Milano Design Week 2019 e l'effetto Instagram Riflessioni sul successo della Milano Design Week e sull'impatto di Instagram sulla manifestazione

Con un weekend di pioggia si è chiusa la Milano Design Week 2019, un successo annunciato che ha superato le aspettative dell’edizione dello scorso anno. Più dei numeri, a descrivere la magnitudo del successo della manifestazione è il clima che si è respirato in città durante i 5 giorni della manifestazione: dai laboratori artigianali di Isola fino ai Palazzi storici di Corso Venezia, passando per le boutique di via della Spiga, gli studi di Lambrate e gli spazi riqualificati della Fabbrica del Vapore tutto era aperto, vivo e parte attiva di una conversazione collettiva.

La Design Week sta diventando il vero momento branding di Milano, più della fashion week - ancora arroccata nelle passerelle e negli show inaccessibili - e delle altre grandi manifestazioni. Attira l’attenzione della comunità creativa mondiale, e l’organizzazione ha saputo leggere la caduta delle barriere tra arte, design e intrattenimento, trasformando un evento per addetti ai lavori in un happening in cui la città è la protagonista, insieme ai suoi cittadini, brand e palazzi.
Il successo e la natura della MDW è influenzato più dal mondo culturale mainstream che dal mondo del design, e per questo corre dietro ai trend mondiali, rischiando di perdere l'identità e rimanendo impantanata in quello che si può definire effetto Instagram.

L’epicentro (quasi dimenticato) della MDW è il Salone del Mobile a Rho Fiera, che in questa edizione ha registrato oltre i 380mila visitatori - il 12% in più rispetto al 2017, ultima edizione della biennale luce-ufficio - provenienti da oltre 180 paesi nel mondo. Tra i padiglioni della fiera, il protagonista è rimasto il prodotto piuttosto che l'idea di design, declinata in ogni sua forma e prospettiva dal Fuori Salone: una rete di oltre 1200 eventi sparsi per la città, di ogni genere e sorta, che interpretano nelle maniere più disparate il significato di design ed estetica nel 2019. Il tema di quest'edizione è stata la sostenibilità, tradotta in un tripudio di mobili stampati con plastica riciclata, materiali di recupero e approfondimenti sull'inquinamento globale.

 

Si sono attivati i grandi brand della moda da Gucci, fino a Converse passando per Louis Vuitton, Stone Island e Prada; gli spazi culturali della città, dai privati come Spazio Maiocchi fino ai chiostri dell’università Statale che hanno registrato oltre 200mila ingressi per le installazioni di "Interni". La stessa Milano è diventata la location di opere d'arte temporanee, come la “Maestà Sofferente” di Gaetano Pesce in Piazza Duomo. I party - sotto forma di aperitivo o serata - non sono mancati in nessun quartiere della città, con successi di pubblico notevoli come la Floristeria alla Fabbrica del Vapore e negli spazi di Via Ventura a Lambrate.

 

Passeggiando tra i vari distretti - Lambrate, Isola, Brera, Tortona, Porta Romana & Parenti e Porta Venezia - i miei occhi facevano fatica a stare dietro a tutto quello che incontravano: ogni vetrina nascondeva uno showroom, non facevo in tempo a fotografare il Palazzo unzippato di Alex Chinneck, che già ero dentro allo stand Lamborghini davanti a una Huracan fiammante e subito dopo catapultato in un giardino giapponese da Canada Goose
Un'esperienza interessante, abbastanza confusionaria e complessa da digerire, considerando il tempo limitato e la conoscenza superficiale di mondi così diversi accomunati solamente dalla ricerca estetica. Il modo con cui il grande pubblico interagisce con questo genere di eventi culturali è quello di prendere in mano il telefono e scattare una foto, postarla su Instagram o mandarla ad amici. Lo scrivo senza intenzione di giudicare, ma come dato di fatto che viene tenuto conto in primis dai designer e dai creativi. Un dato che non è stato riportato nelle pagine dei giornali è che sommando i soli hashtag relativi alla MDW su Instagram si arriva a quasi 2 milioni e mezzo di post condivisi, e dal conto rimangono fuori le stories, vere protagoniste dell'Instagram contemporaneo.

Che piaccia o no, l'awarness online è uno degli obiettivi dei brand e degli artisti che partecipano alla Milano Design Week e non bisogna far mistero che Instagram influenza la produzione artistica e le scelte creative dei brand, molte delle installazioni - come Human Proportions di Massimo Iosa Ghini o l'Echo Pavilion di Palazzo Litta - sono state pensate per far interagire digitalmente l'utente con l'opera, invece che limitarsi ad ammirarla. Non c'è da scandalizzarsi, i musei di tutto il mondo sono pieni di opere Instagram-friendly e il mercato dell'arte obbedisce alla legge della domanda e dell'offerta. Il rischio però che la creatività generale di un evento aperto al pubblico e che coinvolge realtà così diverse tra loro ne esca danneggiata è alto. La MDW in questo momento ha l'onere e l'onore di rappresentare e mettere in scena il meglio di Milano (e dell'Italia) in maniera partecipativa ma mantenendo un carattere originale e innovativo.

Quello che nelle prossime edizioni la Design Week non deve ignorare è che lo scroll infinito annoia, le mode passano e il pubblico potrebbe non essere più soddisfatto solo con uno specchio distorto per ottimi selfie, da condividere con l'hashtag #MDW.