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Come sarà il Noma dopo la sua chiusura?

Una scelta dettata dalla necessità di cambiare in nome della sosteniblità

Come sarà il Noma dopo la sua chiusura? Una scelta dettata dalla necessità di cambiare in nome della sosteniblità

«La cucina stellata deve ripensare la sua intera industria, così è semplicemente tutto troppo difficile. Finanziariamente ed emotivamente non funziona: come imprenditore e come essere umano sento il bisogno di cambiare». Così lo chef René Redzepi del Noma di Copenaghen ha annunciato la chiusura della versione tradizionale di quello che è considerato uno dei migliori ristoranti al mondo. Parlando con il New York Times, Redzepi ha detto di voler reinventare il ristorante, dimostrando che «si può invecchiare e restare creativi». Il Noma, più volte indicato come miglior ristorante in assoluto dalle guide di settore, era già stato ripensato nel 2018, anno in cui era stato rivoluzionato il menù, cambiata la sede e rinnovato lo stile. La versione 3.0 del ristorante che ha reso noto in tutto il mondo lo stile New Nordic alla fine del 2024 diventerà un “laboratorio”, che sperimenterà nuovi prodotti e piatti, e che verranno poi commercializzati attraverso un e-commerce e “pop-up” store – aperti in varie città. Redzepi, che ha 45 anni, ha precisato che non licenzierà il suo staff, ma ha giustificato la chiusura del ristorante – il cui menù degustazione si aggira intorno ai 500 euro a persona, e la lista d’attesa è molto lunga – dicendo che l’alta cucina non sarebbe più «economicamente ed emotivamente sostenibile». Secondo Redzepi, visto l’«estenuante lavoro» che richiede, non sarebbe possibile retribuire in modo equo circa 100 dipendenti, proporre prezzi a un livello accettabile per i clienti e mantenere alti gli standard. Il Noma non a caso era stato criticato per l’utilizzo di un alto numero di tirocinanti – tra i 20 e i 30 – non retribuiti. Alcuni di loro avevano definito l’ambiente di lavoro al limite del tossico, e avevano denunciato il fatto che venivano impiegati per un singolo compito (da eseguire in assoluto silenzio) per tutta la durata dello stage. Lo stesso Redzepi, danese di origini albanesi, è noto nel settore dell'alta cucina per un avere carattere difficile ed essere brusco verso i suoi dipendenti.

Aperto nel 2004, il Noma negli ultimi anni ha avuto una grande influenza sulla ristorazione stellata. Innanzitutto ha reso celebre dappertutto lo stile culinario noto come New Nordic, che oggi ritroviamo – in misura minore – anche in molte “trattorie moderne” presenti nei principali centri italiani. In seconda battuta la cucina di Redzepi era diventata un punto di riferimento perché sfruttava ingredienti tipici della cultura scandinava, raccolti in loco e rielaborati grazie a lunghe lavorazioni che ne andavano a esaltare i sapori. Il Noma, inoltre, è famoso per il suo approccio sperimentale nei confronti delle materie prime: vengono utilizzati ingredienti non convenzionali, inusuali per l’alta cucina e nei piatti sono presenti piante non comuni. Redzepi, infine, ha aperto la strada ai processi di fermentazione, diventati nel tempo una vera e propria tendenza – anche al di fuori della cucina stellata. Il libro The Noma Guide to Fermentation dello chef David Zilber, ex capo della divisione fermentati al Noma, è diventato un best seller. Grazie a questa somma di innovazioni il Noma nel 2021 aveva vinto per la quinta volta il titolo di Miglior ristorante al mondo, secondo l’organizzazione World’s 50 Best Restaurants. Nel settembre dello stesso anno aveva ottenuto dalla guida Michelin la terza stella – un riconoscimento che molti hanno considerato tardivo. Il cambio di direzione annunciato da Redzepi per certi versi va proprio contro il sistema prodotto negli anni della guida Michelin. Per i ristoranti avere una, due o persino tre stelle è visto come un traguardo importantissimo, in un settore molto competitivo e in cui il prestigio fa la differenza. Guadagnare una stella Michelin infatti ha un importante ritorno in termini di marketing, con grandi ricadute economiche.

Nel 2017, a testimonianza dell’importanza data alle stelle, la tavola calda Bouche à Oreille di Parigi, con un menù a poco più di dieci euro, finì per sbaglio tra i nuovi ristoranti stellati, confusa con un omonimo ristorante nelle vicinanze: per settimane, nonostante l’errore fosse poi stato risolto, venne invasa dai clienti. Ma se aggiudicarsi una o più stelle, e in rari casi anche tre, accresce quasi matematicamente il fatturato del ristorante, aumentano di conseguenza anche gli investimenti da sostenere per mantenere alti gli standard. E per alcuni chef questa diventa una responsabilità eccessiva: il francese Sebastien Bras ad esempio chiese alla guida che gli fossero tolte le tre stelle, che gli generavano troppa ansia, mentre il suo connazionale Marc Veyrat  raccontò di aver passato mesi in depressione dopo essere retrocesso a due stelle. Resta da vedere se il Noma 3.0 immaginato da Redzepi contribuirà a mettere in discussione l’intero sistema dell’alta cucina, o se il mondo della ristorazione stellata continuerà a essere visto dagli addetti ai lavori come la Champions League degli chef, e il prestigio generato dai riconoscimenti la sua coppa.