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Quando i reali inglesi vogliono rifare “The Crown”

La vita imita Netflix?

Quando i reali inglesi vogliono rifare “The Crown” La vita imita Netflix?

L’incoronazione di Carlo III, avvenuta nel mezzo di celebrazioni, di proteste, di meme e di analisi online, ha visto la famiglia reale più famosa del mondo celebrare un rituale storico dalla tradizione secolare per la prima volta da poco meno di un secolo. Questo momento storico ha evidenziato la principale sfida che i reali devono affrontare oggi: restare rilevanti in un mondo che non crede più a re e regine, diritti divini e, in breve, all’intero apparato mitologico-simbolico che sottende l’esistenza di una dinastia reale. Lo status di una famiglia reale si basa, dopo tutto, sul credito che il resto del mondo le dà – affetto che va mantenuto attraverso la narrazione di media digitali il cui compito è offrire uno sguardo quotidiano sulla vita di queste figure. Se questa narrazione dei reali sui social è finora passata attraverso dichiarazioni di circostanza e fotografie istituzionali abbastanza impostate, ultimamente il format narrativo si è evoluto. In occasione dell’incoronazione, per esempio, l’account Twitter dei pricipi del Galles, William e Kate per intenderci, ha condiviso una serie di video-teaser che ritraggono i nuovi eredi al trono intenti nei preparativi alla cerimonia con musiche, regia e fotografia che parevano prendere in prestito molti dei loro codici da The Crown, la controversa serie Netflix che sta effettivamente tenendo vivo il mito dei reali per una nuova generazione di spettatori. Nello specifico, il video che ritrae l’uscita della famiglia dalla casa e la loro apparizione tra i soldati in parata, in carrozza, con in sottofondo una musica epica che pare davvero uscita da una serie Netflix crea il sospetto che la famiglia reale abbia iniziato a impiegare gli artifici di una narrazione filmica per annullare la distanza tra una realtà che non riconosce importanza ai reali e uno show di finzione che invece rafforza la loro mistica. Lo stesso di potrebbe dire del momento in cui Kate guarda fuori dalla carrozza, ripreso al rallentatore, quasi lirico nel suo esaltare lo sguardo della principessa del Galles. 

Non potendo esistere nella politica, i reali inglesi devono esistere nell’intrattenimento e nel mito popolare. Sono come degli influencer se si pensa che, ad esempio, in Inghilterra esista ancora l’istituzione del Royal Warrant, ovvero un endorsement che la casa reale dà a certi brand inglesi aiutando non poco a spingerne le vendite. E i video cinematografici che li ritraggono alla vigilia dell’incoronazione, distanti anni luce da quelli sulle loro visite di stato o dagli appelli alla nazione, rappresentano soltanto l’ultimo tassello di una narrazione collettiva che ha unito al loro status di regalità quello di celebrità: i reali hanno fan, detrattori, teoristi che ne studiano le interviste proprio come i fan di Marvel studiano potenziali easter egg e gossip su nuovi progetti. Proprio questi video dimostrano come il parallelismo sia oggi completo, dato che i reali stessi adottano tattiche narrative prese in prestito da una serie televisiva che li riguarda, ponendone le vite sotto la luce di una moderna epica. Tutte le storie, i gossip dei tabloid, i documentari e gli scandali servono solo ad accrescere la visibilità dei royals, e il coverage che essi ricevono, nel bene e nel male, si basa sull’assunto che lo status regale dei Windsor sia una realtà oggettiva che esiste per se stessa, rendendo le loro vicende materia di narrazione semi-mitica e giustificandone l’esistenza in maniera autoconclusiva. I reali sono degni di attenzione per la loro importanza e sono importanti perché ricevono questa attenzione.

@bbcnews "I mean, I just quite like the King." #KingCharles #Coronation #RoyalFamily #BBCNews original sound - BBC News

Non diversamente, per secoli, imperatori e reali della storia hanno legittimato il proprio status attraverso il lavoro dei poeti. Ma se un tempo era il senso civico a generare il mito della casa reale, attraverso la stampa e i mass media tradizionali, oggi le cose sono diverse. Senza una serie-fenomeno come The Crown, intere generazioni di spettatori avrebbero già dimenticato i primi decenni di regno di Elisabetta II e, anche se la famiglia reali la osteggia ufficialmente, è proprio questo show e altri simili a tenerne vivo il mito per un mondo disincantato e teledipendente. Scandalo e controversia sono solo il pepe di una storia che non problematizza l’esistenza dei reali ma, appunto, la riconferma come dato fondamentale. Per inverso, le altre undici case reali d’Europa sono virtualmente inesistenti per il pubblico internazionale: nessun italiano riconoscerebbe il re di Spagna o il principe del Belgio se dovesse trovarselo davanti in abiti civili. E questo perché, visibilità a parte, non c’è una serie tv che ripercorre le vicende di quella famiglia facendone delle celebrità al di fuori dei confini nazionali. Gli aspetti negativi, i tradimenti, le bassezze, possono benissimo esistere: come diceva P.T. Barnum due secoli fa, «non esiste la cattiva la pubblicità», solo la pubblicità.

La costante presenza dei reali inglesi nell’orizzonte culturale occidentale, incluse le interviste di Meghan Markle a Oprah, il libro del principe Harry, la continuata ossessione dei media per Diana e l’esistenza di serie come The Crown, la soap opera The Royals e film come Spencer, sono servite negli anni a sostanziare e propagare un mito nazionale che, di base, si alimenta di una pubblicità costante che va avanti dal medioevo. E se oggi i reali devono raccontarsi lo fanno con la prospettiva realistica ma estetizzante della serialità televisiva – e dunque nasce il video di William che sale sul palco durante le prove del suo discorso e si interrompe poco prima che parli come in un cliffhanger, così la telecamera segue i reali parlare al pubblico inquadrandoli da dietro la spalla, crea inquadrature simmetriche, impiega fotografia e profondità di campo tipiche di un film. Non sono i video freddamente dimostrativi dei principi che parlano e sorridono al pubblico stringendo mani e facendo il tour di aziende o stazioni della metro, ma c’è una narrazione emotiva che li associa ai personaggi di un film. 

Il messaggio di questi video non è solo che la vita di questi reali è come un film, ma che i film e le serie su di loro sono quasi una pallida imitazione della loro realtà – ironicamente, le modalità di far passare questo messaggio subliminale è imitare proprio la serie tramite cui almeno due generazioni di spettatori hanno conosciuto e seguito la vita della regina Elisabetta e dei suoi discendenti, provando a trasferire l’emozione suscitata dalla serie su di sé. Anche i numerosi meme sulle boccacce e gli sbuffi di noia del principe Luigi, ad esempio, servono solo a radicarne la presenza e la riconoscibilità nelle menti di miliardi di utenti social che, ripostandolo con la caption “Adoro”, non sanno di tributargli importanza e riconoscerne implicitamente la regalità.