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Perché tutti stanno parlando del nuovo spot di Esselunga

Ma soprattutto, qual è la corretta pronuncia della parola “pesca”?

Perché tutti stanno parlando del nuovo spot di Esselunga Ma soprattutto, qual è la corretta pronuncia della parola “pesca”?

Oggi Esselunga si è miracolosamente trovata in cima ai trending topics  di Twitter – e per una buona ragione. Ieri è uscito il nuovo spot della catena di supermercati che ha seguito quello che potremmo definire il “The Apple playbook” ovvero creare pubblicità dotate di uno storytelling proprio, che riguardino situazioni umane iper-condivisibili e in cui il prodotto o brand da vendere esista in secondo piano ma rimanga emotivamente connesso allo storytelling della pubblicità. E dunque, questa volta, la protagonista è una bambina figlia di genitori separati che regala una pesca a suo padre sperando di far riconciliare i suoi genitori.

Ma dato che in questo paese qualunque prodotto creativo che provi ad alzare la testa al di sopra dall’omogeneità riconoscibile che non genera commenti, questa pubblicità di una catena di supermercati (sottolineamolo: supermercati) è finita nel centro di polemiche assurde su come venga dipinto il divorzio, sugli stereotipi della famiglia con i genitori separati e via dicendo. Come se questa pubblicità di due minuti rappresenti una qualche fonte di autorità culturale o istituzionale capace di dire qualcosa di serio sull’esistenza di divorziati – aspettate che il pubblico di Twitter scopra che esiste Kramer contro Kramer. Dall’altro lato dello spettro politico, ci sono quelli che invece vedono questo spot come una sorta di ode alla famiglia tradizionale e che dunque presumono che dietro a questa pubblicità esista un’intera agenda politica che in capo a pochi mesi ci porterà in una distopia tipo The Handmaid’s Tale. Ma forse la verità è che questo spot, che nella sua essenza più profonda non significa niente tranne una pubblicità, dimostra quanto sia profondamente tossico il dibattito pubblico di questo paese.

Al di là delle convinzioni politiche, fuori luogo nel caso di una pubblicità che deve pur parlare di un mondo reale in cui famiglie divorziate semplicemente esistono, l’elemento che genera la maggiore frustrazione è la maniera in cui tante persone dai background anche drammatici abbiano tirato fuori l’argomentazione «E allora io?». Quasi come se la pubblicità dell'Esselunga possa riguardare i casi personali di ciascuno. Ma il fatto è che la pubblicità non riguarda nessuna persona in particolare, non dipinge la vita privata di una famiglia specifica né di tutte le famiglie ma soprattutto non vuole essere (e non potrebbe possibilmente essere) un’apologia anti-divorzista. Nei commenti Twitter si vedono sconvolgenti commenti di persone che partono dall’assunto che la pubblicità sia anti-divorzio e arrivano a tirare in ballo l’argomento del femminicido e della violenza domestica. Per costoro, sarebbe bene passare nella corsia dedicata agli integratori alimentari e acquistare una “chill pill” dato che si stanno evidentemente scaldando per nulla. Una ragazza su Twitter dice che questo spot pare ispirato al motto “Dio, patria, famiglia” ma sarebbe opportuno chiarire dove stiano “Dio” e “patria” in una pubblicità che parla di una famiglia per altro divorziata.

La pubblicità non sta nemmeno dicendo che «il divorzio è una cosa brutta», come scrive un utente, ma come potrebbe dirlo? È la pubblicità di un supermercato. La pubblicità affida ai bambini la responsabilità di tenere insieme la famiglia? Come potrebbe? È la pubblicità di un supermercato, non un pubblico ministero. L’unica cosa sana sulla cultura italiana che questo spot ha fatto emergere è la straordinaria arguzia dei meme che ne sono usciti – i migliori dei quali si basano su quella famosa scena di Chiamami col tuo nome.