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Avete mai provato la vera cucina degli Indiani d'America?

Uno chef della tribù Sioux è tornato a promuoverla e sta trovando un enorme successo

Avete mai provato la vera cucina degli Indiani d'America? Uno chef della tribù Sioux è tornato a promuoverla e sta trovando un enorme successo

Dalla seconda metà dell’Ottocento, gli indigeni statunitensi vennero progressivamente allontanati dalle loro terre, confinati in riserve e costretti ad adattarsi alla lingua e alla religione importata in America dagli europei, sacrificando la propria cultura. Le conseguenze di queste imposizioni coinvolsero anche le secolari tradizioni culinarie dei popoli indigeni, che vennero quasi del tutto cancellate. Da qualche anno però, la cucina tipica degli indigeni statunitensi sta venendo in qualche modo riscoperta, in un più ampio processo di decolonizzazione. Ad aprire le fila di questa tendenza c’è lo chef indigeno Sean Sherman, che nel suo ristorante sta cercando di valorizzare e far conoscere gli ingredienti e i metodi usati nelle ricette dei popoli indigeni.

La cucina di Sherman – che è un membro della tribù degli Oglala Lakota ed è cresciuto nella riserva di Pine Ridge, nel South Dakota – si basa solo su piatti preparati senza ingredienti importati dai coloni europei, come zucchero di canna, farina di grano e carne di manzo, maiale o pollo. Sherman ha precisato che non vuole cucinare «come se fosse il 1491» (cioè l’anno prima della scoperta dell’America), ma sfruttare ingredienti autoctoni e di produzione locale per arrivare a piatti contemporanei, in grado di trasmettere la cultura culinaria indigena a un pubblico ampio. Tra gli ingredienti utilizzati da Sherman ci sono ad esempio il mais, i fagioli e la zucca cucurbita, così come la carne di bisonte o quella di alce, il salmone o le ostriche autoctone. E ancora: frutti selvatici, girasole, erbe e varie tipologie di semi. Si tratta insomma di un’idea di cucina molto lontana da quella che tradizionalmente si assocerebbe agli Stati Uniti, fatta tra le altre cose di smash burger, hot dog e apple-pie. Ad esempio, un piatto che si può provare nel ristorante di Sherman, Owani, a Minneapolis, è lo stufato di carne di bisonte, con zucca, fagioli, granella di mais bollita e cipolle caramellate. Un altro piatto a base di carne di bisonte viene servito con purè di patate, salsa di pomodoro arrostito e tarassaco (che è un tipo di pianta) ripassato alla griglia.

 


Oggi negli Stati Uniti esistono più di 550 tribù di nativi americani riconosciute a livello federale e 325 riserve. Secondo l’ultimo censimento governativo, negli Stati Uniti nel 2021 circa 8,75 milioni di persone – vale a dire circa il 2,6 per cento della popolazione – si identificavano come native americane o native dell’Alaska, oppure discendenti da almeno un genitore di popolazioni autoctone. Il movimento culinario di cui Sherman fa parte viene chiamato “New Native American Cuisine”, e punta a rivitalizzare la cultura alimentare delle popolazioni indigene adattandola al mondo contemporaneo. L’obiettivo è “decolonizzare” la cucina statunitense, riprendendo molte pratiche culinarie dei popoli nativi americani, abbandonate a causa delle politiche discriminatorie del passato. La strada però è ancora lunga, soprattutto se si pensa che oggi due terzi dei nativi americani continuano a ricevere prodotti alimentari tramite il cosiddetto Food Distribution Program on Indian Reservations (FDPIR), un piano del dipartimento dell’Agricoltura che dal 1977 fornisce cibo alle persone che hanno difficoltà economiche e che vivono nelle riserve indiane – che sono tra le comunità più povere degli Stati Uniti.

 

@notoriouscree Yes many of the foods you eat today were originally cultivated by natives many moons ago. #greenscreen #food Electric Pow Wow Drum - The Halluci Nation

Anche se la qualità del cibo fornito è man mano migliorata, Sherman ricorda che nella riserva in cui è cresciuto – una delle più grandi del Paese – era abituato a mangiare cereali e carne in scatola, latte in polvere e altri prodotti industriali con un alto contenuto di grassi e zuccheri. Alimenti, questi, a cui peraltro è stato collegato l’aumento dell’obesità nelle riserve, con tutte le conseguenze del caso. I piatti tipici della tribù di Sherman, fra cui la taniga, cioè una sorta di trippa, venivano invece preparati solo durante i tradizionali raduni di nativi del Nord America o in poche occasioni speciali. Quando Sherman cominciò a cucinare, si rese presto conto di sapere molto dei piatti della cucina italiana o francese, ma di non conoscere nulla o quasi delle ricette della sua tribù. È questo che lo spinse ad approfondire e a studiare, viaggiando per gli Stati Uniti, la cucina tradizionale indigena, fino ad aprire il suo ristorante nel 2021, dopo aver scritto un libro in merito. La storia di Sherman è simile a quella di altri chef indigeni statunitensi, sempre più popolari e richiesti. «A noi nativi americani è servito davvero tanto tempo per affrontare il trauma che ci siamo ritrovati a vivere, ma adesso siamo in un periodo di riconciliazione e riappropriazione», ha detto in un’intervista a NPR. «Oggi però c’è tutta una generazione di persone indigene molto competenti che si stanno davvero impegnando per ricostruire la cultura indigena, e il cibo è proprio un ottimo punto da cui cominciare».