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Igiaba Scego

Igiaba Scego Autrice, Roma

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Igiaba wears full look Gucci
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Igiaba Scego

Autrice, Roma

«La mia funzione di ponte fra le culture è iniziata allora quando sono tornata a Roma dalla Somalia e ho raccontato ai miei compagni di classe l'Africa. Ho capito cosa avrei fatto nella vita: il ponte».

Raccontaci di un ricordo che è stato importante nel percorso della scrittrice di successo che sei oggi.

Successo è una parola strana per me. Io mi vedo come un ponte, una mediatrice, una raccoglitrice di storie e di sentimenti. Il ricordo più forte è stato quando ho visto la Somalia per la prima volta. Avevo sette anni ed ero sì figlia di somali, ma nata in Italia. La Somalia mi ha dato talmente tanta energia. Ho capito allora, da piccolina, di appartenere a più mondi, più culture. La mia funzione di ponte fra le culture è iniziata allora, quando poi sono tornata a Roma e ho raccontato ai miei compagni di classe l'Africa. Ho capito cosa avrei fatto nella vita: il ponte. Loro erano infarciti di stereotipi e sentire i miei racconti credo abbiano fatto bene a me e a loro. Abbiamo gettato un ponte tra noi.

Qual è la tua definizione di successo?

Ah un po' ho anticipato la risposta in un certo senso. Devo dire che non è una parola che mi vede comoda. Perché per me che sono scrittrice e nera in Italia la dimensione è sempre quella della lotta. Del far emergere la propria voce quando la voce il mainstream la vuole soffocare. In un mainstream dove soprattutto le voci di donne, nere o non nere, sono precarizzate. Più che una vita di successo ho fatto una vita di sacrifici. Quindi non lo so definire. Poi quello che cerco nella scrittura non è tanto il successo, certo voglio essere letta e come tutti noi che scriviamo un po' amata, ma ecco voglio più di ogni altra cosa essere utile al prossimo. Il vero successo è quello nascosto secondo me, quando riesci a far succedere belle cose.

Cosa diresti alla te stessa di 13 anni?

Brava”, direi. “Hai fatto bene a studiare così tanto”. Da adolescente ho letto una quantità mostruosa di cose. E ogni tanto ancora oggi vivo di rendita del lavoro che ha fatto la piccola nerd che ero a 13 anni.

Quali cambiamenti speri di vedere nel tuo settore in Italia nei prossimi 5-10 anni?

Vorrei vedere un'Italia davvero transculturale a partire dal mio settore: l'editoria. Non solo più scrittori e scrittrici di varia origine. Ma anche gente che lavora nella macchina editoriale con origini diverse. E poi più transculturalità anche nella politica, nella moda, nell'impresa, nella scuola, nell'accademia, alla guida dei treni, degli autobus, nel mondo dell'arte e via dicendo. Spero solo che tra 10 anni la riforma della cittadinanza per i figli di stranieri ci sia. Manca da troppo troppo tempo.