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Da dove vengono le tote bag?

Dai gelidi inverni del Maine al Fuorisalone

Da dove vengono le tote bag? Dai gelidi inverni del Maine al Fuorisalone
Una pubblicità anni '60 di Coach
Bonnie Cashin con le borse disegnate per Coach

Se c’è un accessorio che simbolizza la Milano Design Week è la tote bag: ogni brand o showroom ne regala una, generando anche (come nei casi recenti di Zegna e Saint Laurent) file di centinaia di metri, mentre per le strade della città non è difficile vedere persone di ogni età girare tra un’esposizione e l’altra portandosi dietro anche tre o quattro tote bag diverse. Si capisce perché i brand ne regalino tante: sono l’oggetto brandizzato più semplice ed economico da elargire alla folla, ma anche uno degli accessori da città più pratici di sempre – oltre che, almeno in passato, una delle icone dello stile vintage-ma-disimpegnato degli hipster che durante la propria era ne fecero un’icona. Ma da dove viene precisamente la tote bag? La vera storia della tote bag non inizia nel XVII secolo. Infatti, se si consultano gli archivi storici, si possono trovare rappresentazioni di uomini e donne di quasi tutte le culture che indossavano qualche forma di borse di tessuto e bisacce attraverso quasi tutte le culture del mondo. Pelle, stoffa e altre fibre vegetali erano tutti materiali utilizzati fin dall'alba dei tempi per creare questo tipo di borse. L’etimologia della parola inglese “tote” è antica, ma meno della borsa stessa: se ne attesta un primo uso addirittura nella Virginia del 1670 anche se, stando all’Online Etymology Dictionary, venne usato insieme al termine “bag” solo a inizio ‘900. L’origine della parola è incerta: una teoria vuole che il termine venga dal tedesco medievale e indichi un corno o una borsa conica usata per portare oggetti; altri individuano la sua origine in parole africane della lingua Swahili e Kimbundu, ma questa è una teoria contestata. In origine, comunque, nella forma inglese che conosciamo, “tote” era un verbo e significava “portare”.

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Lentamente ma inesorabilmente, la parola tote ha iniziato a passare dal suo status di verbo a quello di sostantivo. Gli anni '40 sono un punto di riferimento fondamentale nella storia della tote bag, dato che l’oggetto che oggi definiamo così è nato negli Stati Uniti esattamente in questo decennio. Ufficialmente, la tote bag è infatti nata negli anni '40 nel negozio dello storico brand americano L. L. Bean, lo stesso che nel corso di diversi decenni ha definito la mescolanza di estetica outdoor e preppy del guardaroba americano. Fu precisamente nel 1944 che L.L. Bean inventò una grande borsa di tela robusta originariamente nota come “ice carrier” che serviva a trasportare il ghiaccio (che ai tempi non era in cubetti ma in grossi blocchi) ma che l’azienda diceva essere utile per trasportare legna, verdura e frutta alla stessa maniera di un cesto di vimini. La borsa conobbe un grande successo ma rimase nella forma originaria per i successivi vent’anni: più che alla tote che conosciamo oggi, ricordava il famoso sacco blu dell’Ikea con il corpo molto largo e quasi cubico costituito da un doppio strato di tela industriale e due corte maniglie di tela. Quando intorno agli anni ’60 i vertici di L.L. Bean si resero conto che le persone iniziavano a usarla come accessorio vero e proprio per il tempo libero, decisero di ridisegnarla aggiungendo i bordi e le finiture colorate e una zip, manici più larghi. Da Ice Carrier la borsa prese il nome di Boat & Tote Bag e il suo design non è stato modificato negli anni successivi – quella che si compra oggi è identica a quella di settant’anni fa. Ma nel frattempo anche la moda aveva iniziato ad accorgersi della borsa.

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Bonnie Cashin con le borse disegnate per Coach
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Una pubblicità anni '60 di Coach
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Se nel corso di quegli anni la tote bag era diventata una presenza ubiqua nelle case di moltissimi americani, passando da sacco della spesa ad accessorio per il tempo libero, iniziarono a comparire diverse versioni della classica tote dotate di dettagli più lussuosi come le finiture e i manici in pelle, le fodere e via dicendo. A cambiare la storia della borsa fu la donna nota come «la madre dello sportswear americano», una designer nota come l’inventrice del concetto di layering moderno, Bonnie Cashin che tra le numerosissime innovazioni che introdusse nel guardaroba femminile moderno (e che usiamo ancora oggi) notò come le signore della buona società usassero proprio la tote bag come borsa per andare al mare, in piscina o in yacht (per intenderci, esiste una foto anni '90 di Carolyn Bessette-Kennedy che sale in barca a vela con una tote bag dalle finiture in pelle). Nel 1955, mentre lavorava per il brand di pelletteria Philip Sills, Cashin ne creò una in pelle con il nome di Cashin Carry – presto venne copiata da molti altri brand. Nel ’62, Cashin divenne la prima direttrice creativa di Coach (secondo il The New York Times venne pagata 2500 dollari per le prime due collezioni, ma lavorò anche per Hermès e American Airlines nel corso della sua vita) e introdusse il design della tote bag in pelle, inclusa anche la chiusura a moschetto in metallo ripresa dai collari dei cani, le tracolle, il design a secchiello. Per molti, fu proprio Bobbie Cashin a far esplodere le vendite di Coach e farne il brand che conosciamo oggi.

Nel frattempo, il processo di “lussificazione” della tote bag non aveva fermato l’evoluzione dell’umile e quotidiano modello originale in tela. Quando gli anni ’80 arrivarono, i brand e le aziende più disparate avevano capito che la tote poteva essere uno strumento di marketing: costava poco, bastava stampargli sopra il logo e soprattutto le persone la usavano per andare in giro. Fu precisamente nel 1980 che una libreria newyorchese divenuta nel frattempo leggendaria, The Strand, iniziò a vendere le proprie tote bag in cotone disegnate da uno dei responsabili del negozio, Richard Devereaux, stampando a chiare lettere sulla borsa il nome e l’indirizzo della libreria. Negli anni ’90 la tote bag venne ingrandita, decorata con il logo ovale e il lettering della libreria insieme allo slogan ormai celebre 18 miles of books. In quel momento nacque forse in maniera più esplicita la correlazione tra esercizi commerciali e community cittadine della loro clientela: la tote bag di The Strand non solo divenne un “pezzo” dell’inconografia di New York, una cosa che si vedeva solo in città e che si riconosceva solo se abitavi lì, ma arrivò a simboleggiare un senso di appartenenza. Non è un caso che tra le prime iniziative che Mathieu Blazy ebbe al suo ingresso da Bottega Veneta, decenni più avanti, ci fu proprio il remake della tote bag di The Strand. Da lì in avanti la tote bag divenne una presenza sempre più fissa e diffusa in un mondo sempre più brandizzato – ma fu solo con l’avvento degli hipster (il loro acme si ebbe tra 2005 e 2009 ma gli effetti del fenomeno proseguirono fino al 2014 circa) che divennero il simbolo di eleganza disimpegnata che conosciamo oggi.