Vedi tutti

Le sample sale sono un sintomo, non un problema

La merce scontata rovina davvero il percepito di un brand?

Le sample sale sono un sintomo, non un problema La merce scontata rovina davvero il percepito di un brand?

La scorsa domenica, a Berlino, si è tenuta l’annuale archive sale di 032c che ha attirato un numero così alto di persone, tutte allineate al di fuori della porta a ricoprire l’intero marciapiede, da spingere la pagina Instagram ufficiale della media agency a dedicare un post alla propria numerosa community. Un’affluenza certamente fuori dal comune, ma che molti insider della moda conoscono già molto bene: le sample sale in effetti sono uno degli spettacoli più curiosi e “folkloristici” della moda, in cui una gran massa di glitterati che indossano i più prestigiosi brand di lusso del mondo sgomita davanti i cancelli di un qualche magazzino quasi fosse in un mercato rionale. È in occasioni come queste che emergono le dissonanze e le contraddizioni delle pricing policy dei brand: tra sconti per dipendenti, codici sconto offerti da brand e retailer, indirizzi di spacci industriali trasmessi come messaggi segreti e svendite d’archivio e di magazzino (per i cui ingressi esiste una specie di mercato nero) è davvero raro che chi lavori nella moda debba pagare veramente certe cifre, riservate ai danarosi che non godono di certi accessi e devono pagare a prezzo pieno. Non di meno, la frenesia che le circonda indica che molti brand possiedono montagne di merce invenduta di cui sbarazzarsi discretamente a mark-up inferiori, così tanta merce da costruirci un evento intorno. Insomma, o la merce prodotta è troppa o i prezzi sono eccessivi – in entrambi i casi la sample sale è la dimostrazione che il prezzo del cartellino non corrisponde al valore del singolo capo e può essere scontato fino all'80% senza comportare una perdita per il brand dato che queste vendite generano comunque dei profitti.

A inizio mese BoF riportava come, a fine 2023, LVMH e Kering si fossero ritrovate sedute su una pila di merce invenduta con un valore rispettivamente di 3,2 miliardi di euro e di 1,5 miliardi di euro – numeri che, il giornale specifica, si riferiscono anche alle semplici materie inutilizzate oltre che agli effettivi fondi di magazzino e prototipi di cui ci si sbarazza alle svendite. Numeri che sono aumentati di qualche decimale rispetto al 2022 e che assumono immediatamente senso quando si legge, sempre su BoF, che secondo un’analisi di McKinsey «le vendite fuori prezzo dovrebbero continuare ad aumentare, crescendo cinque volte più velocemente del segmento a prezzo pieno dal 2025 al 2030». Insomma, più i brand si gettano al collo dei loro clienti più danarosi producendo in massa beni di lusso (le parole “massa” e “lusso” non dovrebbero coesistere nella stessa frase) più il numero di articoli venduti si va assottigliando facendo aumentare, di conseguenza, l’invenduto

Di questo invenduto bisogna sbarazzarsi con circospezione: un tempo lo si bruciava facendo spallucce, ma dopo lo scandalo di Burberry del 2018, hanno più o meno tutti smesso anche se, come dimostrò l’anno scorso un video girato fuori da un mall americano, gli impiegati di Coach dovevano fare  a pezzi le borse se non le vendevano e gettarle nella pattumiera. Secondo BoF, che a sua volta cita Miss Tweed, gli svuotatutto di Hermès producono cento milioni di dollari l’anno e, riferendosi invece a uno studio di Bain, «oggi, il 13% di tutti i beni di lusso in termini di valore è venduto attraverso i punti vendita off-price». È un sistema per certi versi entropico, dove cioè la dispersione di risorse ed energie è calcolata, preventivata, avallata. Nessuno aveva previsto, però, che la dispersione sarebbe stata tale e adesso né i programmi circolari né le svendite in giro per il mondo aiutano - anzi, più le sample sale aumentano, più è chiaro che gli affari di un certo brand o un certo retailer non vanno bene. Chi non vende, svende - it's that simple. A questo discorso si aggiunge la doppia questione della stagionalità - doppia perché, da un lato, ci sono pezzi troppo "stagionali" in quanto ricollegabili a precisi momenti del passato, come ad esempio la collaborazione tra Dior e Denim Tears o con Birkenstock, troppo fortemente connotate per essere senza tempo; e, dall'altro lato, perché ci sono pezzi del tutto privi di stagionalità che hanno la stessa rilevanza di modelli più vecchi.

@zaracarini ebbene #samplesale #fashionsale #greenscreen suono originale - Zara Carini

Nulla distrugge il mito della moda di lusso quanto girare tra svendite private: immaginate di vedere scatole piene di borse costosissime accumulate come lattughe, interi scaffali carichi di scarpe da migliaia di euro che un mese prima facevano mostra di sé in stupende vetrine, capi da sfilata o anche prodotti più commerciali magnifici ma arenatisi nel fondo del funnel di mercato. E lo stesso argomento della scontistica è trattato come un increscioso segreto di cui si arrossisce a discutere in pubblico ma di cui si sussurra liberamente in privato - il mondo dei sample o degli accessi ai sample si muove attraverso messaggi whatsapp, link a cui iscriversi girati, preghiere e scambi di favore con i PR che custodiscono le liste degli ingressi. Ora, è chiaro che la differenza di acquisto tra full-price e off-price sia radicale: chi compra in boutique può scegliere, domandare taglie alternative, altre colorazioni e ovviamente comprare la collezione stagionale; chi acquista alle svendite deve fare la fila, rovistare tra pile di abiti magari anche brutti, adattarsi alla taglia che trova e spesso anche scoprire che i prezzi sono così alti che nemmeno uno sconto li rende più appetibili. È il caso della svendita dell’80% del magazzino di Dover Street Market dell’anno scorso alcuni dei cui partecipanti si sono detti delusi – ma il discorso si applica specialmente alle svendite “private” (leggi “segrete”) con cui i più grandi brand immaginabili smaltiscono la dimostrazione fisica delle loro pratiche di sovrapproduzione: non è certo un caso che a queste svendite i telefoni e le riprese siano un tabù, così come i loro indirizzi. Ma dunque il punto è questo: la svendita in sé rappresenta il problema ma il principale sintomo. Si deve solo capire come i grandi gruppi industriali pensano di risolverlo.