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Cosa potrebbe cambiare per la moda italiana nel 2024

L’anno inizia e i rumor circolano – ma ci saranno altre sorprese?

Cosa potrebbe cambiare per la moda italiana nel 2024 L’anno inizia e i rumor circolano – ma ci saranno altre sorprese?

Secondo numerose fonti (oltre che numerose voci di corridoio che, come si sa, a Milano finiscono sempre in piazza) il panorama della moda italiana nel 2024 potrebbe cambiare. E nello specifico potrebbe portare a una serie di brand storici del nostro paese, rimasti più o meno indipendenti finora, a venire trascinati da un’ondata di fusioni e acquisizioni che ha il serio potenziale di ridefinire il settore. Già il 2023 si è concluso con l’acquisizione di Farfetch da parte del gigante coreano Coupang, cosa che non interesserebbe direttamente l’Italia, se non fosse che nel portafoglio di Farfetch si trovano diverse licenze per marchi come Off-White, Palm Angels o Marcelo Burlon, storicamente legati all’ecosistema della moda milanese, che sono ancora in corso di validità – aprendo una serie di potenziali scenari, di lanci e rilanci, o anche cambi di direttore creativo. Ma qui si rimane nel regno della speculazione: come si diceva quelle del New Guards Group sono tutte licenze, se i loro proprietari decidessero di cambiarle allo scadere dei termini contrattuali questo o quel brand potrebbero forse passare di mano. Ma altri e forse più sostanziati rumor si sono sentiti nel corso dell’anno e potrebbero concretizzarsi nei prossimi dodici mesi.

Ecco i principali.

La possibile vendita di Missoni

Nel 2018, il fondo di investimento italiano FSI ha acquisito una quota del 41,2% in Missoni, iniettando 70 milioni di euro nel brand, mentre la famiglia fondatrice ha mantenuto il controllo con una quota di maggioranza del 58,8%. Recentemente, come riportato anche da Reuters, Missoni avrebbe cercato la consulenza dei banchieri Rothschild per esplorare la possibilità di vendere il marchio, una mossa che secondo diverse voci sarebbe dovuta all'interesse che diversi gruppi di lusso avrebbero manifestato verso il brand durante l'estate. Negli scorsi mesi era sorta l’ipotesi che il gruppo in questione fosse OTB, ma oggi pare abbastanza infondata. Altri insider hanno suggerito sempre a Reuters che un partner industriale potrebbe essere incuriosito dalle capacità produttive e artigianali di Missoni. Secondo le fonti, la famiglia starebbe contemplando diverse opzioni, inclusa una cessione completa che potrebbe seguire, a grandi linee, il modello di Versace che è passato di mano senza alterare la posizione della famiglia originale (e arricchendola enormemente). Negli ultimi mesi, poi, Livio Proli, l'AD di Missoni, aveva anche detto: «Siamo convinti che, sia che il marchio Missoni prosegua da solo o con le risorse e le sinergie di un grande gruppo, debba rimanere molto concentrato sulla sua specificità artigianale» che, evidentemente, rappresenta la principale risorsa del brand.

Etro vs. Arnault?

Nel 2021, il gigante del private equity L Catterton (uno dei rami dell’impero degli Arnault e di LVMH) ha acquisito una quota di maggioranza in Etro attraverso un accordo da 500 milioni di euro. Alla chiusura del 2022, Etro vantava vendite per un importo di 277 milioni di euro, registrando un aumento del 17% rispetto all'anno precedente. Ma secondo Milano Finanza, l'azienda ha subito una perdita di 23,6 milioni di euro, che WWD attribuisce principalmente ad ammortamenti e spese straordinarie. Di conseguenza, L Catterton ha avviato una ricapitalizzazione alla fine dell'anno, inserendo 15 milioni di euro nell'azienda per facilitare investimenti aggiuntivi. Tuttavia, Luisa Zargani di WWD indica nell’articolo citato in precedenza che il ruolo attivo di L Catterton nell'orchestrare la fusione del distributore di orologi e gioielli Nuova Publitex con Etro, impattando il bilancio, abbia causato attriti con la famiglia Etro. La famiglia infatti, detentrice di una quota minoritaria nel marchio, avrebbe manifestato dissenso su questa decisione svoltasi durante un'assemblea straordinaria degli azionisti a Milano. La strategia del CEO avrebbe come obiettivo quello di garantire una redditività e una liquidità sostenute, date le perdite del 2022 e l'investimento per la fusione con Nuova Publitex. Però, dai verbali, si legge che se la famiglia Etro non contribuirà entro la fine dell'anno, L Catterton assumerà la responsabilità «di esercitare il diritto di prelazione sull’inoptato per l’intero ammontare dell’aumento in ipotesi di rinuncia da parte degli aventi diritto all’opzione o in ipotesi in cui allo spirare del termine di legge non l’abbiano esercitato». Questa rivelazione implica un potenziale disaccordo all'interno della famiglia Etro riguardo all'operazione o un disaccordo tra gli Etro e L Catterton, preparando il terreno per uno scenario che probabilmente si evolverà in base alle performance dell'azienda. 

Il destino di Trussardi

Il 2023 è stato un anno difficile per Trussardi – ammesso che qualcosa dell’azienda sia rimasto. Trussardi è attualmente controllata da QuattroR, che nel 2019 ha acquisito circa il 60% attraverso una Newco partecipata al 70% da QuattroR e al 30% da Tommaso Trussardi, come spiega Il Sole 24Ore. La Newco controlla l'86% della holding Finos, azionista unico di Trussardi S.p.A. La ristrutturazione è stata gestita dalla società bergamasca 3X Capital di Angelo Rodolfi. Nel marzo 2023, l'azienda aveva debiti superiori a 50 milioni di euro e una perdita di 20 milioni di euro su un bilancio complessivo di 65 milioni. La procedura extragiudiziale è stata adottata come "misura protezionistica" per appianare i debiti mentre si cerca un potenziale acquirente. Gli scenari alternativi includono la chiusura con un concordato preventivo, un concordato semplificato liquidatorio senza voto dei creditori o una liquidazione giudiziale. Nonostante manifestazioni di interesse da parte di potenziali acquirenti, nessuna transazione è stata conclusa. Nel tentativo di ridurre i costi, l'azienda ha chiuso negozi e filiali estere. Trs Evolution, la società operativa con circa 200 dipendenti, ha attivato la cassa integrazione straordinaria, ma sembra essere limitata ai dipendenti della sede amministrativa di Milano ed è comunque scaduta a Capodanno. Ricordiamo come l'AD Sebastian Suhl e i direttori creativi Serhat Işık e Benjamin A. Huseby hanno lasciato Trussardi lo scorso anno, dichiarando poi di non essere nemmeno stati pagati nè licenziati se per questo. A tutti gli effetti, Trussardi è una casa fantasma: tecnicamente non ci abita nessuno ma si vedono figure affacciarsi alle finestre ogni tanto. Secondo Milano Finanza, i fondi ChimHaeres e Growcapital global potrebbero star valutando la possibilità di assumere il controllo di specifici segmenti commerciali a seguito della crisi iniziata a marzo, che ha visto il CdA scogliersi, il CEO andarsene e i designer tornare nella propria Berlino senza stipendio ma senza nemmeno una scissione del contratto. 

Golden Goose quotato in borsa?

Nel 2020, Golden Goose ha subito un cambio di proprietà quando il fondo di private equity Permira l'ha acquisito dal fondo Carlyle Europe Buyout per 1,28 miliardi di euro. Guidata dal CEO Silvio Campara, Golden Goose ha ottenuto un notevole successo, in particolare con la sua sneaker Superstar. Le performance finanziarie dell'azienda riflettono un trend positivo, con ricavi di 421 milioni di euro nei nove mesi conclusi il 30 settembre, registrando un aumento del 19 percento rispetto allo stesso periodo del 2022. Rispetto al 2021, le vendite hanno sperimentato una significativa impennata del 60 percento. In modo significativo, la redditività ha continuato a crescere, come evidenziato dal margine EBITDA, che ha raggiunto il 34,8 percento nei primi nove mesi del 2023. Dei risultati assai importanti, specialmente considerata l’età relativamente giovane del brand – ed è per questo che, pur se non sostanziati, molte fonti online discutono di una potenziale futura quotazione del marchio. Secondo WWD, infatti, gli azionisti di Golden Goose hanno l'intenzione di espandere il raggio d’azione del brand, per espandere l’offerta di prodotto al di là delle scarpe,  posizionare il marchio ancora più in alto e, soprattutto, per evitare svalutazioni a sorpresa come se ne sono già verificate lo scorso anno.