Vedi tutti

Tutte le controversie di questo Fashion Month

L’energia di questo periodo? Puro caos

Tutte le controversie di questo Fashion Month  L’energia di questo periodo? Puro caos

Il fashion month è iniziato con le fashion week di New York e Londra e le cose non sono state per nulla tranquille. Tra video diffusi sui social che parlano dei momenti più frivoli e frustranti di un’industria (il PR di New York diventato virale con la frase «I am matching your volume») fino al costante svelamento di nuovi e sgradevoli particolari che coinvolgono tutti, dai designer di punta delle grandi maison fino ai creativi indipendenti, facendone vittime e carnefici di un sistema ormai invincibile e paradossale, la sensazione prevalente finora è quella di un fashion month in cui tante cose stanno andando storte rivelando tra l'altro alcuni dei lati più brutti del sistema moda. Ci troviamo davvero in un momento storico in cui i volti meno gradevoli dell'industria vanno rivelandosi da sotto le maschere della gentilezza? In cui la fiducia di stampa e pubblico nella narrativa della moda è ai minimi storici? Ma solo questi due dati non aiutano a spiegare un momento in cui, in generale, il senso delle cose è iniziato a venir meno con gli articoli-bomba dei grandi editor di New York che hanno accusato il sistema di esaurimento creativo, hanno additato le contraddizioni di un sistema che pare giunto al cortocircuito di sensi e significati.

Per darvi un’idea del fatto che questa strana energia è decisamente nell’aria, ecco tutte le cose strane che stanno succedendo durante le fashion week.

 

1. La gente che si alza da J.W. Anderson

@cashonlypleasee

Guests leaving the JW Anderson show before it ends. Modeks are still walking!! And look who got up first.

original sound - cashonlyplease

Un video diffuso dalla sfilata di J.W. Anderson a Londra mostra diversi editor, buyer, gli attori di Heartstopper e persino Anna Wintour in persona alzarsi in piedi, chiacchierare e iniziare ad andare via mentre lo show è ancora in corso (presumibilmente, nei suoi momenti finali). La cosa ha lasciato molti perplessi: non è forse segno di cattiva educazione o, peggio, di mancanza di rispetto andare via con i modelli ancora in passerella? Tanto più che lo show è quello di J.W. Anderson, uno dei più celebrati maestri della altrimenti scarna London Fashion Week. Online le opinioni sono state miste: tra chi ha condannato chi si è azato e se n’è andato, altri hanno fatto notare che il calendario della fashion week si muove ormai con un’ora di ritardo mai dichiarata ma sistematica che impone ai più impegnati di sacrificare l’etichetta alla praticità. 

2. La bandiera di Mowalola

La storia di Mowalola è stata breve ma interessante. Il suo era uno degli show più attesi, ma appena iniziano a sfilare i look in passerella alcuni notano che una delle mini-gonne indossate dalle modelle (che riproducono diverse bandiere nazionali) riproduce anche la bandiera dell’Arabia Saudita su cui sono riportati anche dei versi del Corano – una cosa che ovviamente il pubblico musulmano ha preso abbastanza male. Quando glielo fanno notare, su Twitter, lei scrive un irridente «Cry me a river», che getta ulteriore benzina sul fuoco. A questo punto, di fronte al caos che promette di esplodere, la designer torna a scusarsi seguendo la formula che ormai abbiamo sentito cento volte da cento persone diverse e che ha tutta la sincerità di una truffa telefonica. Ma le cose non finiscono qua: su Twitter alcuni iniziano a domandarsi perché l’uso dell’immagine di Gesù Cristo non sia da considerarsi tanto irrispettoso quanto quello dei versi coranici mentre altri iniziano a dubitare dell’ingenuità della designer data l’accuratezza con cui di solito le sue ricerche culturali sono condotte. Un piccolo ma notevole debacle.

3. La macchina del fango di Elena Velez

Se mesi fa Elena Velez era diventata una specie di eroina della moda indie rivelando al The New York Times le immense difficoltà dietro la fondazione di un brand di moda, le cose sono cambiate quando i giornalisti si sono trovati davanti lo show SS24 della designer a New York hanno visto una pozza di fango dove modelle e modelli amatoriali (e non pagati) si contorcevano nella melma in protesta verso «la sanitizzazione e l'unilateralizzazione della femminilità nella cultura popolare», come Velez ha scritto nelle note. Di fronte allo spettacolo, che comunque è riuscito nel suo incarico di forare la superficie dell’apatia mediatica e far parlare di sé, le reazioni sono state varie: molti si sono domandati quanto fosse opportuno imbastire una scena così poco decorosa, senza pagare i modelli e rovinando gli abiti, quando si è famosi per non avere budget; altri hanno lamentato la presenza dell’espediente mediatico chiamando alla baracconata, altri ancora hanno rivelato che in prima fila c’erano influencer e figure analoghe a fare da grancassa al tutto. C’è una linea sottile che separa il genio dal cattivo gusto ma Elena Velez non l’ha vista per via del fango. Non di meno, in un’industria della moda anodina, bisogna apprezzare l’esistenza di creativi che ci mettono a disagio.

4. La collezione rubata di Balmain

In una nuova svolta degli eventi, Olivier Rousteing di Balmain annuncia su Instagram che il furgone che stava trasportando i look della prossima collezione SS24 che avrebbe dovuto sfilare a Parigi settimana prossima è stato derubato in pieno stile Heat di Michael Mann e che quei look, adesso, sono probabilmente in vendita a qualche asta del mercato nero che si estende al di sotto dell’industria del lusso come le catacombe si estendono al di sotto di Parigi. Lo sconforto è tanto – e l’evento ha gettato una luce tanto sul rinnovato interesse e valore che anche il crimine attribuisce alla moda, quanto sull’aumento della criminalità in Europa che sui veri sentimenti di molti editor sul brand diretto da Rousteing che su Twitter non hanno lesinato i commenti ironici su quanto poco importasse loro dello show di Balmain.

5. Dilara cancella lo show

A due giorni di distanza dal suo show, una delle designer più amate della London Fashion Week, Dilara Fındıkoğlu, annuncia di dover cancellare il suo show per usare in maniera più intelligente il suo budget. Ecco tornato un grande tema della stagione: gli show costosi e i designer indipendenti che devono rinunciare all’esposizione e al prestigio della fashion week. Ma le cose non sono unilaterali: l’attenzione che i media danno a Dilara finisce per far riemergere anche le controversie legate all’ambiente di lavoro non proprio sereno che la designer ha mantenuto all’interno del brand tra pagamenti mai arrivati, straordinari non retribuiti e abusi verbali a destra e a manca. Questo mese non si salva proprio nessuno.

6. I furti nello studio di Prada

Ultima e forse più eclatante notizia è quella dell’addetta di pulizie di Prada che, col favore della notte, faceva sparire abiti dal design studio del brand per un valore di 300.000 euro. La mossa non è incredibilmente furba dato che, trattandosi di prototipi e capi d’archivio la loro assenza si fa presto notare e, quando questi appaiono su Vinted con tanto di codici alfanumerici di archivio trovare la ladra e le due complici (la nuora e la figlia) che riciclavano la merce rubata è stato facile. Non di meno: il crimine, come una specie di muffa, si è davvero infiltrato ovunque.