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Kitsch, but make it cool: intervista a Gerrit Jacob

Il designer e visual artist tedesco ci racconta come nasce una sua collezione

Kitsch, but make it cool: intervista a Gerrit Jacob Il designer e visual artist tedesco ci racconta come nasce una sua collezione

Gerrit Jacob è una stella nascente nel mondo della moda. L’artista e designer tedesco si è fatto un nome negli ultimi anni con i suoi pezzi decorati con l’airbrush che combinano kitsch e glamour, richiamando il mondo hip-hop e la graffiti art degli anni ’90 ma con un taglio squisitamente moderno, apparso indosso a Lil Nas X, Burna Boy e Rosalia, tra gli altri. Di recente, Jacob si è trasferito in un nuovo studio a Berlino dove noi lo abbiamo raggiunto per parlare con lui del suo processo creativo, della sua ispirazione e dei suoi obiettivi per il futuro. Ovviamente la prima domanda ha riguardato la tecnica che lo contraddistingue, l’air brush. «Per me non si tratta tanto della tecnica in sé, quanto di ciò che comunica e del contesto che fornisce agli abiti», ha spiegato. «Quando scelgo un riferimento o una tecnica, raramente è la tecnica in sé ad attrarmi, ma il significato che ha per le persone, le associazioni che nascono indossando uno dei capi. Ovviamente anche l’aspetto visivo è importante». Un aspetto visivo che richiama fortemente gli anni ’90 e il momento in cui street art, grafica e moda iniziarono a contaminarsi in un dialogo sempre più aperto. «Adoro l’estetica sgargiante e l'eccesso degli anni '80 e la transizione verso il minimalismo nei primi anni '90. È un periodo a cui faccio spesso riferimento». 

Non a caso, per Jacob, l'attrazione per gli aspetti più kitsch di questo frangente, che lui eleva nei propri lavori, deriva dalla sua esperienza di vita personale. «Chiunque provenga da un background umile ne è circondata crescendo. È stato qualcosa di onnipresente per tutta la mia vita e mi piace molto ricontestualizzare i significati visivi del gusto e sovvertirli con mezzi diversi». A questo punto è sorta spontanea la domanda su quale siano stati i dettagli più formativi per la sua estetica durante la sua adolescenza: «Mio padre fa il camionista e mi portava alle mostre d'auto e aveva copie di Trucker Magazine in giro per casa. Avevamo anche figurine di vetro e brutti poster con skyline di città. Mia zia, poi, dipingeva bambole di porcellana», ricorda Jacob.  Come riflesso di questa molteplicità di ispirazioni il processo creativo di Jacob è «un gran casino». Ogni collezione inizia con un titolo, Jacob inizia a costruire i suoi look a partire dal basso, con le scarpe, poi si tuffa in tutto ciò che gli viene in mente e verso cui gravita istintivamente. «Poi mi tuffo in tutto ciò che mi viene in mente e verso cui gravito istintivamente. La ricerca è di gran lunga la parte che preferisco del processo e di solito inizio ogni collezione con pile e pile di ricerche che vanno da scansioni di libri a immagini di Tumblr a oggetti e capi che ho trovato». 

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Da lì in poi si procede per riduzione, scavando e selezionando finché non si arriva al dettaglio più sintetico ed espressivo, quello che risuona meglio. È chiaro che il processo creativo deve convivere con quello produttivo, che ha tempistiche meno deliberate: «A causa dei tempi di consegna delle fabbriche, devo terminare tutti i modelli e le stampe circa 10 settimane prima che la collezione sia terminata, quindi mi assicuro sempre che questi vengano sistemati per primi. Mi piace mantenere i look aerografati fino all'ultimo minuto, il processo per la parte principale della collezione è così strettamente controllato e organizzato che è piuttosto divertente farlo nei giorni precedenti il servizio fotografico. Non sai mai quando hai finito, di solito è la scadenza a dirmelo». È stato il periodo trascorso sotto il tetto di Gucci a insegnare all’artista «la familiarità con i processi aziendali della moda».  Proprio questi processi aziendali, specialmente nell’ambito di un brand indipendente, sono forse la parte più complessa di un lavoro che, oltre all’arte, impone anche organizzazione e logistica per nulla semplici: «La gestione delle quantità minime d'ordine è una delle sfide più grandi del processo di progettazione. Realizzare oggetti belli non è poi così difficile se si è in grado di lavorare con fabbriche specializzate. Ma quando si è agli inizi c'è quel punto difficile tra fare creare pochi esemplari di un prodotto o centinaia». E per il futuro? Saggiamente Jacob dice di avere una serie di obiettivi «ma preferisco fare le cose prima di parlarne, quindi credo che dovremo aspettare e vedere». E come dargli torto?