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I brand di moda stanno aiutando l’industria dei fake senza saperlo?

Secondo gli studi, la combo di prezzi in rialzo e marketing selvaggio spingono il pubblico verso i fake

I brand di moda stanno aiutando l’industria dei fake senza saperlo? Secondo gli studi, la combo di prezzi in rialzo e marketing selvaggio spingono il pubblico verso i fake

Secondo un recente studio dell’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale, il 52% degli individui di età compresa tra i 15 e i 24 anni ha dichiarato di aver comprato online almeno un prodotto falso nell’ultimo anno. Il dato viene dal Property and Youth Scoreboard che misura annualmente l’atteggiamento delle generazioni più giovani nei confronti dell’acquisto di prodotti contraffatti e della violazione della proprietà intellettuale. L’edizione di quest’anno si è basata su un campione di 22.021 individui nel range di età che abbiamo citato e suddivisi attraverso i vari paesi dell’Unione Europea. Il 37% di chi ha acquistato prodotti contraffatti online lo ha fatto volontariamente marcando «un notevole aumento dell’acquisto di prodotti contraffatti dal 2019, quando il 14 % degli intervistati riferiva di aver acquistato tali prodotti intenzionalmente e il 12 % involontariamente». La maggioranza di questi prodotti, continua lo studio, sono abbigliamento e calzature, rispettivamente il 17% e il 14% del totale, seguiti dai dispositivi elettronici e dai prodotti cosmetici. Riferendosi a queste stime, l’OCSE stima che il valore complessivo prodotti e merci contraffatte arriverà a sfiorare i 3 trilioni di dollari nel 2022. In altre parole varrebbe la pena di chiedersi se la moda non stia per avere un grosso problemi di prodotti contraffatti. Ma perché le contraffazioni stanno avendo tanto successo?

La ragione più ovvia è chiaramente il prezzo: i falsi sono più economici, e questo è uno dei presupposti del loro appeal che fa ancora più riflettere quando si pensa a come negli ultimi anni i prezzi dei prodotti di moda siano cresciuti praticamente a dismisura. Ma c’è di più. Lo studio dice che il 31% degli intervistati non acquisterebbe falsi se ci fossero originali più convenienti, nozione speculare alla precedente, ma soprattutto una pari percentuale smetterebbe di acquistare falsi (si noti il condizionale) se si imbattesse in prodotti di scarsa qualità e un altro quarto degli intervistati smetterebbe se cadesse vittima di frodi o minacce informatiche. Il fatto però ci dice, in controluce, che i falsi che si trovano attualmente sul mercato non sono reputati di scarsa qualità e che molti di coloro che li acquistano non sono stati vittima di frodi o minacce informatiche. Il 60% degli intervistati, poi, ha detto di «non essere in grado di distinguere tra prodotti autentici e prodotti contraffatti» facendo lampeggiare all’orizzonte il terribile spettro dell’equivalenza, in termini di qualità, tra le due categorie, tra i prodotti veri e quelli falsi. In un commento fatto ai dati, Business of Fashion riporta il caso di una donna di Miami che, dopo aver paragonato le ciabatte in gomma di Gucci vere con quelle comprate su DHgate ha iniziato a comprare le repliche, soddisfatta della loro qualità. «L'aumento dei marchi di lusso che spostano la produzione dall'Europa all'Asia ha contribuito ad alimentare la convinzione di alcuni consumatori che i "doppioni" che acquistano siano in realtà realizzati dalle stesse fabbriche che creano prodotti per i marchi più importanti», spiega l’articolo di Business of Fashion

Uno dei fattori determinanti riconosciuti da Business of Fashion nel caso dell’impennata del mercato dei falsi è il marketing selvaggio dei brand: la moda fa desiderare i propri prodotti anche a chi non se li potrebbe permettere – vogliono la popolarità di Zara ma senza controbilanciarla con l’accessibilità di Zara. E se si tiene conto anche della barriera dei prezzi sempre in rialzo, si capisce come la combinazione di inaccessibilità economica e pubblicità costante diventi carburante per un mercato di falsi sempre più grande. Con le sue strategie, la moda sta alimentando il mercato dei fake anche se non si preoccupa granché della cosa: le vendite del lusso prosperano e tanto basta. I reseller invece, come ad esempio i grandi marketplace di prodotti di seconda mano, implementano nuove misure basate su tecnologie sempre più sofisticate – ma la verità è che nessuno ha trovato un metodo ancora del tutto infallibile per validare l’autenticità di una replica perfetta. Eppure in tempi di crisi economica esistono persone che preferiscono godere l’ebbrezza di un prodotto monogrammato senza l’angoscia di pensare a quanto lo hanno pagato. Per citare la citare ciò che l'utente TikTok @georgiamaiy dice a proposito di un paio di sneaker false acquistate su DHgate: 

«Non si tratta di non potersi permettere il prodotto vero. Investo in un prodotto solo se la qualità è buona e vale i miei soldi. I marchi […] producono le loro sneaker a 20 sterline. Potete scommettere che non gli darò 780 sterline in più solo per il privilegio».

@georgiamaiy Obsessed with these from our favourite website of course #fyp #dhgate original sound - Your fashion sister

Si profila all’orizzonte una crisi di significati per la moda: se la qualità smette di essere un punto di riferimento e il valore percepito di un brand si sposta verso dimensioni sempre più immateriali e astratte, non serve che il prodotto sia vero ma solo che sembri vero. D’altro canto, la clientela che si rivolge con passione ai duplicati non interessa davvero all’industria, il cui vero target sono le fasce più abbienti del pubblico che non comprano una borsa o un abito risparmiando o sacrificandosi ma per cui diverse migliaia di euro spesi in abiti di lusso sono soltanto spiccioli – che poi è il motivo per cui Hermès vende le sue Birkin e le sue Kelly ai clienti abituali e non alla prima persona che entra nel negozio. A questa storia non ci sarebbe una vera morale se non fosse che le repliche di prodotti costosi fanno in effetti male al pianeta e all’ambiente – nozione che in effetti, sempre stando allo studio europeo citato sopra, farebbe desistere una certa percentuale di intervistati dall’acquistare fake. Peccato che quella percentuale non sia grande abbastanza.