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L'influenza del Kimono sulla moda

Storia di una passione senza fine

L'influenza del Kimono sulla moda  Storia di una passione senza fine

Il kimono è un amour fou. È una passione ostinata, radicata, atavica, destinata a riaccendersi ciclicamente in un loop di pura bellezza che il mondo della moda non può ignorare. Regale, ieratico, raffinato, esotico, minimalista, boho, trendy.

Nel corso della storia il kimono ha avuto periodi più o meno fortunati, restando, però, un riferimento latente in paziente attesa che una folata di vento o di stile lo riportasse sulle passerelle e nei nostri guardaroba. Da Poiret a Yamamoto, da Galliano a Saint Laurent, da Thom Browne a J.W. Anderson, nessun designer è stato capace ignorarne il fascino proponendolo, ognuno a suo modo, anche nelle ultime stagioni. Nonostante sia attualissimo e amato da star come Florence Welch e Beyoncé, che, ancora incinta di due gemelli, ne ha sfoggiato uno di Gucci a una partita di basket, questo pezzo cardine del costume nipponico ha una storia antichissima.

Per lungo tempo il termine “kimono”, letteralmente "cosa da indossare", indica un generico capo d’abbigliamento e assume il significato attuale solo durante la metà del XIX secolo. In origine per l’aristocrazia era una specie di sottoveste destinata a diventare un abito vero e proprio soltanto quando venne adottato dai samurai e poi dal resto della popolazione. Influenzato dai tradizionali costumi regali dei popoli Mongoli, Manchi e cinesi Han, assume la tipica la forma a “T” nel periodo Edo, tra il 1603 e il 1868: una silhouette dalle linee dritte che arriva fino alla caviglia, con le maniche molto ampie all’altezza dei polsi, avvolta attorno al corpo e fissata da un’ampia cintura, annodata sul retro, chiamata obi.

Le tipologie di kimono sono diverse, tutte con specifiche regole e funzioni, ma quasi sempre abbinate a delle calzature tradizionali, i sandali geta e zori o ai tabi, dei calzini che dividono l’alluce dalle altre dita (famosi anche per avere ispirato i Tabi Boots di Margiela). Una curiosità? I kimono da uomo sono disponibili in varie taglie, ma tutti quelli da donna sono sostanzialmente di una sola taglia e vengono adattati alle varie forme e dimensioni del corpo rimboccando o piegando opportunamente il tessuto. Se la forma resta più o meno statica, a rendere ogni capo unico, prezioso sono i colori e la lavorazione della stoffa, non solo un elemento estetico, ma un indicatore dello status sociale. Nei primi del ‘900, l’apertura del paese al commercio internazionale e il successo delle fiere mondiali, che diffondono ovunque anche gli oggetti più esotici, fanno scoppiare in Europa la passione per il Giappone e per la sua cultura: il Giapponismo. Il kimono ispira pittori come Toulouse-Lautrec, Alphonse Mucha e Gustav Klimt, ma anche creatori di moda come Paul Poiret e Madeleine Vionnet che iniziano a giocare con volumi, tessuti, sovrapposizioni e ricami orientali. Comunemente in uso come vestaglie, le nuove forme lunghe e fluttuanti si affermano definitivamente negli anni ’20 e ’30 grazie a Hollywood, indossate dalle dive del cinema muto come Louise Brooks e Clara Bow, più tardi da star iconiche come l’enigmatica Marlene Dietrich, da Liz Taylor o Alain Delon nei sixties, dai protagonisti di Star Wars, da Kim Rossi Stuart in versione karateka in Il ragazzo dal kimono d’oro degli ann’80, fino a Lucy Liu samurai-girl nel film Kill Bill o al bellissimo Memorie di una geisha dei giorni nostri.

Dal cinema alle passerelle il passo è breve. Rei Kawakubo, Yohji YamamotoJunya Watanabe e Issey Miyake, nonostante un approccio avanguardista all'abbigliamento, hanno sempre giocato con il kimono. Balenciaga ha lavorato fin da subito sui volumi e sulle proporzioni della manica di questo capo nipponico cult, che ha usato per la prima volta nel 1939; John Galliano lo destruttura e lo ricompone continuamente, lo ha fatto quando era da Dior e continua a farlo ora da Maison MargielaDries van Noten ama fonderlo con un mood old Hollywood; mentre da quando è arrivato da Gucci, Alessandro Michele ha sempre inserito tra le sue collezioni almeno un capo ispirato ad esso. Se in passerella il kimono è spesso sinonimo di unicità ed eleganza, in bilico tra distopia futurista stile Ghost in the Shell e ricordo di un’epoca raffinata, nelle strade si porta aperto, decostruito, come fosse una giacca, con i jeans o gli shorts, un po’ boho, come insegna il Coachella Festival. È proprio in questa versione che le celebrities lo adorano, it girl e it boy come Kanye West e Kim Kardashian, Gigi Hadid, Rihanna o Madonna

 

History

 

On the catwalk

 

On screen

 

 

Celebrities street style