Lorraine Betta
IED Milano
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22 anni
Milano
Com’è cambiata la tua quotidianità? Che cosa fai per impegnare la tua giornata?
Devo ammettere che la mia quotidianità è radicalmente cambiata, non solo rispetto a ciò che faccio ogni giorno, ma anche con chi e dove. Vivo a Milano da ormai quattro anni, ma credo di potermi decisamente definire cosmopolita, non mi sento di appartenere ad un luogo preciso, spesso sono a Palermo, dove abita il mio ragazzo e spesso sono dalla mia famiglia, in Trentino. Sono tornata da mio padre e mia sorella prima dell’inizio della quarantena, volevo sfruttare l’occasione per passare del tempo con loro, ma mi sono poi ritrovata “bloccata” qua. E devo anche ammettere che, malgrado alcune più che lecite difficoltà legate alla convivenza, a cui non ero più abituata, sto sinceramente riscoprendo una senso di famigliarità e affetto che mi mancavano.
Scappare dal mio paesino in montagna è stato da sempre per me il sogno di una vita, specialmente dopo la mancanza di mia madre, che rende spesso la mia casa d’infanzia così poco desiderabile e vivibile, ma avere la possibilità di dedicare più tempo al rapporto con mia sorella, è qualcosa di davvero prezioso. Abbiamo sempre avuto un forte legame, anche malgrado la frequente distanza degli ultimi anni, ma ora ho modo di riscoprirla per la giovane donna che sta diventando e ne sono estremamente grata.
Facciamo ciò che abbiamo sempre fatto insieme, solo con più tempo per farlo: ci confidiamo, scherziamo, organizziamo sessioni di make-up dove l’una diventa la tela dell’altra, studiamo insieme addirittura, quando non abbiamo le rispettive lezioni online e poi guardiamo film, ogni sera uno nuovo. La sto iniziando alla bellezza di Hollywood degli anni 40 e 50, alla magnifica Judy Garland in Meet me in Saint Louis (Vincente Minnelli, 1944), all’iconica Audrey Hepburn vestita Hubert de Givenchy in Sabrina (Billy Wilder, 1954), nonché a Grace Kelly, una dea in High Society (Charles Walters, 1956). Altre volte invece ci abbandoniamo alla nostalgia di grandi classici che conosciamo sin da piccole, chi non ha amato e non ama tuttora Romy Schneider in Sissi (Ernst Marischka, 1955) o Julie Andrews in The Sound of Music (Robert Wise, 1965)? Una cosa è certa, ovvero che sto imparando molto da lei, soprattutto ad apprezzare le piccole cose che diamo scontate nel quotidiano e sono sicura sia una lezione reciproca.
Il tuo lavoro si nutre di creatività. In questa quarantena qual è la soluzione per continuare ad essere creativi? Quali sono i tuoi spunti?
Sto trovando difficile continuare ad essere creativa e “creatrice” in questo periodo, per il semplice fatto che il mio stato d’animo non è sempre dei migliori e si ripercuote fortemente sulla mia capacità di creare. Vari miei amici stanno improvvisando set fotografici a casa, e credo sia un modo meraviglioso per dimostrare come la normalità e la passione per le cose a cui teniamo proseguano, malgrado cambiando forma. È capitato anche a me un paio di volte ma, come è successo ad altre mie amicizie, in questo momento non mi sento in grado di dare la giusta forma ai miei pensieri. Il fatto che per me questo non sia il momento giusto per creare però, non significa che non sia nemmeno il momento giusto per immagazzinare e fare tesoro di nuove fonti di ispirazione, di cui usufruirò in un secondo momento.
È innegabile come i social media, un po’ per chiunque immagino, rappresentino un accesso immediato e utilissimo ad una mole di informazioni e ispirazioni pressoché illimitata, a volte credo però, forse troppo superficiale. Ognuno ha i propri metodi, non esiste una risposta univoca, io personalmente, essendo da sempre legata a metodi di apprendimento più canonici e tradizionali, ho continuato ad usufruirne anche durante questa quarantena, dedicando loro semplicemente più tempo.
Da anni ormai ho scoperto una grande affinità con i capolavori di Hitchcock, ma dopo una quasi totale immersione nel suo mondo, posso sicuramente definirmene un’amante. Oltre al capolavoro Birds (1963), ho venerato in particolar modo Marnie (1964), la storia di una ladra dal fascino gelido e austero, ma dal passato travagliato da un grande trauma, entrambi interpretati dall’elegantissima Tippi Hedren.
La lettura poi, oltre al cinema, è un’altra mia enorme fonte di ispirazione, in questo periodo ho fatto un tuffo nel passato con Das Parfum - Die Geschichte eines Mörders (1985) di Patrick Süskind, uno dei miei romanzi preferiti, ma ho anche approfondito i miei studi con la biografia di Carmel Snow A Dash of Daring: Carmel Snow and Her Life In Fashion, Art, and Letters (2005) di Penelope Rowlands e D.V. (1984) l’autobiografia di Diana Vreeland, entrambe perfette rappresentazioni di due icone che hanno segnato incontrovertibilmente il mondo della moda.
Qual è la tua paura più grande in questo momento?
Stranamente non ho mai avuto problemi a parlare delle mie paure, lo trovo un atto liberatorio, una concretizzazione della paura stessa, mi aiuta a dare loro una forma e a poterle gestire più sensatamente. Quindi posso tranquillamente dire che la mia paura più grande in questo periodo è la stessa di sempre, la stessa che mi accompagna da una vita, perdere le persone che amo. Sono fortunata perché in un momento così delicato non sono sola, ma con la mia famiglia e questo mi aiuta ad essere più positiva, ciò non toglie che un pensiero costante vada al mio fidanzato e alla mia migliore amica, da sola a Milano. Non so ancora quando li rivedrò, delle volte cedo a pensieri negativi, ma la maggior parte riesco ad essere semplicemente paziente, consapevole di avere al mio fianco persone coscienziose e responsabili, in attesa del momento in cui potremo tornare a viverci come desideriamo.
Stai già immaginando un futuro post-Coronavirus?
In parte sì, penso a come questo inciderà sull’avvenire, ma il mio vissuto fin ad ora mi ha insegnato a vivere innanzitutto il presente e sto cercando il più possibile di fare fede a questi insegnamenti. Adoro cercare di programmare il mio futuro, posso senza alcun dubbio definirmi una meticolosa organizzatrice, mi aiuta ad avvolgermi in un rassicurante senso di serenità, ma sono anche consapevole che, a prescindere da questo periodo, non sia mai possibile sapere con certezza come andranno le cose e per questo è bene programmarne alcune, ma non ha senso cercare di dominarne la totalità. Per ora preferisco concentrarmi sul presente e farne tesoro.
Viviamo il momento, che è ciò di più prezioso che abbiamo.